“Mai contro sole”
Quando si decide di intraprendere una lotta, il primo problema che ci si dovrebbe porre è il riconoscimento del nemico.
Non è questione da poco o da sottovalutare altrimenti rischiamo di combattere “contro sole” e, non vedere chi abbiamo di fronte, significa perdere in partenza.
Lo abbiamo già detto tante volte, siamo calate nella fase imperialista del capitalismo, nella sua fase che tende al monopolio. Il neoliberismo non è altro che il punto a cui è arrivato il capitale nel suo processo autoespansivo, è una vera e propria scelta ideologica e non il prodotto di un momento di crisi. O meglio, la crisi c’è ma è per tutti quelli attaccati dalle politiche neoliberiste, siano strati sociali o Stati, qui o nel terzo mondo, e nulla di quello che succede è il prodotto di una difficoltà del capitale, bensì di una precisa scelta.
Stiamo assistendo ad un lotta spietata senza esclusione di colpi per la ridefinizione dei rapporti di forza tra le multinazionali e gli Stati e con gli oppressi tutti.
Ma il neoliberismo è un prodotto ideologico statunitense che, testato nel Cile di Pinochet, attraverso l’Inghilterra è arrivato fino a noi in Europa.
Sono proprio gli Stati Uniti ad avere la pretesa egemonica e a porsi come Stato del capitale.
Dire questo non significa fare dell’antiamericanismo, ma leggere gli avvenimenti che scorrono davanti ai nostri occhi per quello che sono, un attacco a tutto campo da parte degli Usa a tutti coloro che sono asimmetrici agli interessi statunitensi, un passo dopo l’altro, dalla Jugoslavia, all’Iraq, passando per l’Afghanistan, dalla Libia alla Siria o che possono essere funzionali al progetto espansivo come per l’Ucraina. Il progetto di dominio e di controllo mondiale degli Usa cammina senza soste e non riconosce neppure alleati, ma solo vassalli. E’ chiaro che essendo la fase imperialista, anche gli altri paesi sono imperialisti. L’Europa stessa avrebbe delle pretese di imporsi come polo imperialista autonomo dagli Usa, dato che i suoi interessi non sono sempre coincidenti, ma non ne ha né la possibilità, né la forza, soprattutto militare. Una potenza economica come la Germania è “occupata” dalle basi statunitensi e, infatti, non riesce a sottrarsi alle sanzioni nei confronti della Russia che la danneggiano fortemente. Il TTIP è emblematico dell’attacco sferrato dagli Usa all’Unione Europea.
Annacquare il discorso politico in un generico antimperialismo, significa non riconoscere il nemico e, quindi, sottovalutare l’importanza delle mobilitazioni contro la Nato, vero e proprio esercito di aggressione e danzare sopra una polveriera.
Ma, non riconoscere il nemico esterno, non permette neppure di riconoscere il nemico interno.
E’ il PD, nelle sue varie accezioni, ad aver naturalizzato e a naturalizzare il neoliberismo nel nostro paese e a rappresentare gli interessi delle multinazionali anglo-americane qui da noi e ad aver trasformato l’Italia in un governatorato. Ma il riconoscimento del nemico non avviene per posizioni ideologiche o preconcette, avviene solo e soltanto dall’analisi delle scelte e dei comportamenti politici. La socialdemocrazia si è trasformata in destra moderna e usando un lessico, parole, segni, segnali e modalità della sinistra è riuscita a naturalizzare il neoliberismo, un passo dopo l’altro, una “così detta riforma” dopo l’altra, fino all’attuale dilagare del governo Renzi, tra l’altro illegittimo, ma che rappresenta solo l’ultimo atto di un lungo percorso. La destra tradizionale è, in questo gioco, assolutamente perdente, attardata su modalità politiche, queste sì, della vecchia DC, dei contributi statali a pioggia, delle commesse nel sud, dei rapporti con la mafia…..a tutela degli interessi di una borghesia nazionale destinata alla sconfitta dalla nuova iper-borghesia o borghesia transnazionale o borghesia imperialista che dir si voglia.
L’iper-borghesia sta ridefinendo gli assetti anche all’interno di quella che era l’ossatura della borghesia e in questa ridefinizione dei rapporti all’interno della classe ha buttato a mare la piccola e media borghesia, i piccoli imprenditori, i professionisti, gli insegnanti, il ceto medio nelle sue varie configurazioni.
Il traballante e strumentale stato sociale keynesiano, strumentale perché scelto, in verità, in funzione anticomunista, con riferimento non solo all’Unione Sovietica, ma ad un immaginario che attraversava le classi subalterne, è venuto meno. E’ stato chiuso in maniera drastica e unilaterale ogni spazio di contrattazione.
Ma c’è l’impressione netta che le lotte che vengono messe in atto per contrapporsi al neoliberismo dilagante appartengano ancora ad una configurazione sociale keynesiana che non esiste più: gli scioperi, le proteste, le manifestazioni, i presidi….sono tutte forme di lotta che presuppongono un interlocutore. Ma l’interlocutore non c’è più, c’è solo un nemico.
E se il patto sociale è rotto, perché è rotto, e, purtroppo non l’abbiamo rotto noi, allora nessuno, ma proprio nessuno deve più nulla a questo Stato: nessuna tassa, nessun ticket, nessuna bolletta, nessuna multa, nessun biglietto…..nulla di nulla è più dovuto a nessun titolo.
Le lotte territoriali sono importanti, partire dai bisogni e dalle esigenze altrettanto, ma non basta, bisogna riuscire a parlare a tutti gli strati sociali colpiti dalla crisi, cogliere e raccogliere quelle istanze che li attraversano e trasformarle in lotta di classe.
Ma qualsiasi lotta porteremo avanti non ci dovremo mai dimenticare chi è il nemico esterno, chi è il nemico interno e qual è l’obiettivo: uscire da questa società.