Con Marianna, con Marta, con Sole….. con tutte le compagne e i compagni che nella lotta contro il Tav hanno difeso e difendono la libertà di tutte e di tutti.

Le testimonianze  di chi venerdì 19 luglio in Val di Susa  ha partecipato alla manifestazione notturna, degli /delle arrestate /i e dei valligiani e delle valligiane che ci dicono di agguati da parte della polizia, di pestaggi, di lacrimogeni ad altezza d’uomo, di insulti e molestie sessiste, di minacce e sputi, sono diametralmente opposte al racconto fatto dai media che mutuano le veline della questura.

A conferma che siamo in un regime e che viene guardata con occhio benevolo la causa dei dimostranti , di quello che genericamente chiamano popolo, delle proteste giovanili, solo e soltanto quando avvengono in altri paesi .

E,in prima fila, nella demonizzazione delle lotte sociali ci sono gli esponenti del PD a conferma del loro ruolo di  rappresentanti del progetto neoliberista qui da noi, progetto che comporta devastazione del territorio e dell’ambiente in nome del profitto.

E, con un metodo tipicamente nazista, attribuiscono agli altri quello che sono loro, violenti e rappresentanti in Italia del terrorismo neoliberista.

C’è stato un salto di qualità nell’operato delle forze di polizia, nelle scelte e negli obiettivi dello Stato, salto che è evidente in ciò che scrive la carta stampata, in ciò che dicono i media mainstream: viene descritto un fantomatico patto tra “anarchici” e “autonomi” che costituirebbero la parte violenta del dissenso organizzato e che avrebbero ormai prevaricato la parte democratica del popolo della valle. Il vecchio tentativo e sempre in atto di dividere buoni e cattivi, democratici e violenti.  Attentati incendiari alle società collaborazioniste, aggressione ai lavoratori, lettere minatorie sarebbero il risultato dell’ala oltranzista.

Ma non basta.

Gli/le arrestati/e di venerdì vengono descritti come estranei alla Valle, sono tutti “di fuori”, nessuno abita lì, e sono multiformi ed eterogenei, vanno dai 17 ai 56 anni, ma una cosa li accomuna: sono “estremisti”. Viene usato proprio questo termine, ma quello di terroristi aleggia come uno spauracchio da tirare fuori al più presto.

Ma non basta.

La Val di Susa viene descritta come un luogo di incontro e di transito di “violenti” di tutte le risme: sarebbero stati accolti anarchici italiani e di ogni dove, francesi della ZAD, turchi per il Gezi Park, rimasugli dell’ETA contro l’alta velocità nei Paesi Baschi, rappresentanti delle lotte greche, di quelle contro il Muos, contro le basi militari in Sardegna, il comitato NodalMolin, quelli/e che lottano contro gli sfratti, contro gli inceneritori…… Quello che è un motivo di orgoglio, l’aver tracciato percorsi di solidarietà, diventa risultato di cupi intrighi.

Ma non basta.

Noi non dimentichiamo come sono state trattate dai media le donne della Valle, buone massaie, bambinaie solerti, casalinghe con passeggini e allora va tutto bene, puttane e violente se osano lottare per la loro terra.

Ma non basta.

Non viene detto nulla della partecipazione della popolazione, delle dichiarazioni dei sindaci, vengono enfatizzate situazioni e azioni dichiarate “violente” e omesse, taciute, ignorate le dichiarazione delle amministrazioni, della popolazione locale, le assemblee, i campeggi, l’anima comunitaria e solidale che costituisce il cuore della lotta e accomuna tutti e tutte.

Conosciamo troppo bene i sistemi e le tecniche usati dai media mainstream: enfatizzare un problema, quando non lo si inventa completamente, con lo scopo di creare una reazione da parte dei cittadini/e che sia di avallo alla soluzione già precostituita; deviare l’attenzione dai temi più importanti attraverso il diluvio di informazioni insignificanti o fuorvianti; prendere spunto da questo o quell’avvenimento che colpisce l’opinione pubblica per veicolare scelte reazionarie e limitative della libertà personale ……..

L’esistenza di un evento è strettamente legata al suo essere comunicato.

Gli avvenimenti esistono quanto, in quanto e come vengono comunicati. La prima scelta che il capitale fa è di dare o di non dare comunicazione di un evento. Quindi avvelena l’informazione con la simulazione e la manipolazione. E’ la trasformazione dei fatti accompagnata dalla selezione, per cui certi elementi vengono tradotti in testo e altri, tramite la voluta dimenticanza, dichiarati inesistenti.

In definitiva un far sapere diverso, la falsificazione di un evento, la sua rimozione e/o sostituzione. In luogo e accanto al non far sapere, si sceglie di far sapere ciò che legittima il potere e, pertanto, funziona come strategia di controllo sociale.

Allora si rivela tutta l’inconsistenza di chi ha sostituito il vangelo con la legge dimenticando che la legge non è altro che la sanzione formale di un rapporto di forza e dimenticando, altresì, che la violenza è esercitata  in una situazione di monopolio da chi il potere lo detiene, accompagnando il tutto , paradossalmente, con appelli alla non violenza rivolti, guarda caso, esclusivamente agli oppressi/e.

Le condanne contro i/le NoTav sono condanne che hanno le caratteristiche di sentenze esemplari, e che svolgono il compito di monito. Sono condanne politiche. E non solo perché sono stati usati articoli del codice introdotti durante il fascismo, ma per la funzione che svolgono, sono di uno Stato totalitario e chiariscono, al di là di ogni ragionevole dubbio, dello Stato odierno la natura.

Le sentenze vengono scritte anche  dalle prefiche della non violenza e dalle legaliste a prescindere che, ad ogni vetrina infranta, scrivono con il cuore esulcerato, pagine di dura condanna nei confronti degli autori, ma, con la stessa puntualità, di fronte alla violenza istituzionale, brillano per la loro assenza e per il loro silenzio, chiarendo, se mai ce ne fosse bisogno, che l’uso di etichettare questo o quel comportamento come violenza politica non è altro che uno strumento per delegittimare segmenti della società, movimenti e le loro rivendicazioni.

Un gioco già in atto nelle lotte contro i Cie, dove i solidali e le solidali sono oggetto di  persecuzione per il solo fatto di opporsi ad una struttura che rastrella, interna e rinchiude per condizione e non per reato, vera e propria dimensione nazista.

Un gioco già visto e sperimentato con nefasto successo nei movimenti del’68 e del ’77, nei confronti dell’Autonomia e di Lotta Continua.

Se la nostra storia e la nostra memoria sono strumento di consapevolezza e di forza , è proprio questo il momento di ricordarsene, perché le situazioni mutano, ma le esperienze si sedimentano.

 

Come femministe,come compagne abbiamo scelto da che parte stare.

Le coordinamente

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