Comunicato del Collettivo Sumud di Venezia.

Con la Palestina nel cuore, Padova un po’ meno

Il 18 marzo, i Giovani Palestinesi di Padova hanno lanciato una giornata di lotta in città, contro le collaborazioni universitarie intrattenute con “Israele”, contro Maersk, azienda con sede all’interporto di Padova attivamente coinvolta nel trasporto di armi verso il sopracitato Stato illegittimo e contro la ripresa evidente del genocidio con gli attacchi sulla striscia di Gaza della notte precedente.

A giornata conclusa, una compagna e un compagno del nostro collettivo che hanno partecipato alla manifestazione sono stati “colpiti” da un foglio di via dalla città, rispettivamente di due e tre anni, dopo essere stati portati in questura con altri 3 manifestanti, dopo essere stati seguìti da una decina di volanti per quasi un’ora. Ci teniamo a partire da quanto successo, non tanto per parlare delle misure repressive in sé, che ci interessano poco nei loro tentativi strumentali e materiali, ma come pretesto per dire due cose che ci stanno a cuore.

Prima di tutto, ci rivendichiamo totalmente il senso della giornata: un presidio statico di denuncia e contro-informazione si è trasformato in un tentativo di occupazione dell’università complice del genocidio, per poi prendersi le strade con un corteo spontaneo e partecipato; questo, secondo noi, è segno di una variabile umana che, prendendo esempio dal popolo palestinese, si mette ancora in gioco ed è ancora pronta a lottare provando a superare divieti e cordoni di polizia. Perché se il genocidio continua e le collaborazioni sono ancora attive, noi non possiamo fermarci. La giornata del 18 a Padova fa sperare che la lotta a fianco del popolo palestinese continui, tutto il resto passa in secondo piano, a nostro avviso. Siamo felici di poter condividere piazze, percorsi, lotte con i Giovani Palestinesi, che da più di un anno riescono a dare indicazioni precise su come e dove agire in quanto solidali con il popolo palestinese.

In secondo luogo, spendiamo alcune parole circa le “conseguenze legali” che hanno colpito i compagni: le rivendichiamo assieme al senso della giornata e delle azioni che sono state portate avanti. La repressione non è solo fogli di via, indagini, denunce, persone portate in questura e così via; la repressione è, secondo noi, un insieme di pratiche molto più ampio, che non viene portato avanti solo da polizia, ma è un modo di fare che si insinua ovunque e al quale ci si deve opporre con tutte le proprie forze per poter continuare la lotta. Non vogliamo fare la parte delle vittime che vengono colpite dalla “repressione” senza motivo; siamo due militanti presi in quanto “appartenenti” ad un’area politica che cerca nella coerenza una pratica di lotta, e gli atti repressivi che si presentano e tornano non vogliono che far pagare questo (o provarci).

Concludiamo ringraziando con il cuore in mano tutte le persone che sono state fuori dalla Questura di Padova ad aspettare il rilascio dei cinque fermati per due-tre ore. Essere in quel luogo infame e sentire fuori i cori e il rumore dei solidali, è un’emozione difficilmente traducibile a parole. Un’emozione che chi ha compagne e compagni che fanno della solidarietà una pratica reale e concreta può provare, e che dà una forza incredibile, per la quale ringraziamo di condividere le lotte con persone così. Uscire e trovare volti conosciuti e no, fa dimenticare tutto il resto, e fa capire la potenza della solidarietà. Per questo ringraziamo sinceramente chiunque era lì fuori.

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