RIFLESSIONI SUL CONTROLLO
di Noemi Fuscà
L’altro giorno ho scoperto qualcosa di sconcertante, l’idea di riprendere le manifestazioni di piazza è nata nel 1908 da Umberto Ellero del commissariato Trevi a Roma che si occupò di scrivere un manuale di polizia scientifica, dove spiegava dell’uso della fotografia segnaletica e altre tecniche poliziesche. Ellero infatti scrive così dell’uso delle riprese cinematografiche:
“…la installazione dovrebbe farsi in un ambiente abitato, non troppo elevato, ed esposto con le finestre in modo da poter dirigere l’asse dell’obiettivo sul punto che si prevede più importante per l’avvenimento. La buona riuscita di una sola cinematografia così assunta, in un caso grave, compensa largamente tutte le spese occorrenti per un impianto cinematografico modesto, come io vorrei si adottasse.”
Ammetto che ho sempre pensato che il controllo così come lo viviamo oggi fosse una pratica dell’epoca contemporanea perché l’ho sempre collegato con lo sviluppo tecnologico post boom economico, e credevo che le tecniche più avanzate di controllo fossero tecniche elaborate e raffinate negli ultimi decenni. Questo è ovviamente vero, le tecniche più pervasive sono state sviluppate negli ultimi decenni, anche se gli studi che hanno portato a questi risultati sono datati. Ma scoprire che un funzionario di polizia già nei primi del novecento pensava di mettere delle cineprese in un palazzo per riprendere una manifestazione di piazza e avere le prove dei facinorosi da arrestare, mi ha scioccato.
Questo tipo di controllo quindi esiste da lungo tempo ed è connaturato al capitalismo per due ragioni: per reprimere e per raccogliere informazioni che gli serviranno a creare e sfruttare bisogni.
Con il neoliberismo il potere si è concentrato sull’implementazione tecnologica del controllo, chi non avrebbe usato le meravigliose scoperte tecnologiche che il nuovo secolo ha portato? E poi ricordate nella storia un caso in cui la ricerca scientifica sia stata usata solo a fin di bene? È nelle sale cinematografiche Oppenheimer a ricordarci che no, la scienza viene sempre usata contro qualcuno.
Trovo coerente l’uso del termine fascismo o nazismo per i nostri tempi, spesso contestato da molte compagne perché cristallizzato in categoria storica e non politica, spesso si dice che i fascisti sono solo Salvini o Meloni & company senza vedere che il PD (il centro sinistra in generale anche) ha dimostrato più volte comportamenti fascisti, pensiamo alle guerre umanitarie e neocoloniali che ha avallato contro altri popoli che dovevano essere messi sotto l’egida statunitense o leggi come la Turco-Napolitano e gli esempi sarebbero molti.
Lo stesso avviene con il concetto di controllo elemento centrale del potere ma dimenticato negli ultimi anni da quasi tutti i compagni, basti pensare alla questione del Green pass o adesso al progetto di ZTL. Hanno lasciato spazio sulla questione politica del controllo addirittura alla destra integralista ai così detti complottisti e a chi crede che la terra sia piatta.
Spesso sento dire da cari sinceri democratici che non possiamo lamentarci, perché per esempio io che uso i social e spesso ci lavoro, ho svenduto la mia privacy e che inoltre non posso rompere con il controllo soprattutto se controllo significa sicurezza o bene comune. Questo discorso della privacy durante il periodo del Green pass era un mantra di chi voleva convincerci che in fin dei conti per un bene maggiore bisogna rinunciare a piccoli vezzi.
Ma come femministe sappiamo che quando ci chiedono di farci piccole, di non dare fastidio, di rinunciare a qualcosa perché siamo madri, figlie o altro ci stanno strappando l’autodeterminazione, bisogna stare attenti a quando il lupo chiede qualcosa. Lo stato oggi è il villain e non quello delle favole ma uno vero, toglie dignità e autodeterminazione e pretende quello che vuole, se non lo ottiene vi punisce.
Sulla sicurezza secondo me c’è poco da analizzare, si tratta di ciò che percepiamo e di ciò che ci inducono a vedere. La propaganda di ogni paese ed epoca ha creato i suoi “mostri” che fossero immigrati, rom o pandemie da cui dobbiamo proteggerci, o meglio da cui ci devono proteggere. Credo sia davvero un concetto che varia molto anche a livello personale, farò un mio esempio, io sono quasi sempre stata abbastanza sicura a camminare di sera, un po’ per spavalderia, nessuno può ridurmi lo spazio, non sarò l’ennesima vittima di questo sistema di violenza patriarcale, questo non significa però che io non abbia avuto paura camminando di notte in strade buie o che non abbia ricevuto violenze. Ora però mi sento più vulnerabile, corro meno veloce, sono più stanca e mi sento sul groppone le responsabilità di dover rimanere in salute per un figlio e quindi non rischio più come prima, il mio senso di sicurezza quindi è cambiato ma non per questo cambio il mio pensiero, io non voglio telecamere o più polizia in giro. Quindi anche in questo caso il controllo sociale non serve. Vorrei ricordare a tutte il decreto sicurezza dopo il femminicidio Reggiani nel 2007, quella è sicurezza e controllo insieme, leggi mascherate e giustificate da atti delittuosi e usate contro nemici politici. Il punto non è la sicurezza quindi ma chi ne detiene la gestione.
Per quanto riguarda il bene comune e la comunità vi rimando al mio pezzo sul libro della Coordinamenta “Femminismo: Paradigma della violenza/non violenza” Bordeaux edizioni, #distantimaunitiVSToglitidimezzo.
Il discorso sulla privacy lo trovo molto noioso e inutile, perché è un finto problema o meglio un problema legato all’ambito legale, a mio avviso il nocciolo della questione è il controllo dei dati che vengono usati per scopi neoliberistici, cioè capire come sfruttare i bisogni a favore del capitale e sfruttando noi.
Ho scoperto che esiste un gruppo statunitense tipo associazione che si chiama Fight for future dove fanno campagne di crowdfunding o manifestazioni proprio sul tema della privacy sui social e nella vita quotidiana. Li ho scoperti perché in USA (doveva poteva essere se non lì) vorrebbero usare il riconoscimento facciale per gli eventi pubblici come concerti (da noi se ne parla per l’ingresso allo stadio) e anche per il pagamento (non è una notizia nuovissima ma diciamo che la stanno davvero mettendo in campo, non sta più nell’area della fantascienza), FFF si sono opposti e stanno facendo una campagna internazionale per vietarlo ovunque per difendere la privacy. Ovvio che siamo contente che anche questi simpatici “sinceri democratici” combattano contro il riconoscimento facciale, ma la questione politica nelle loro posizioni non c’è, si tratta di mero individualismo, ecco cos’è la privacy oggi, un discorso di diritto e dovere. Sinceramente la questione della privacy è poco importante se non si considera il controllo.
Lo stesso vale per i crediti sociali cinesi, chi è che non si indigna per il controllo che la Cina esercita sulla sua popolazione? Tutti ovviamente, ma anche qui se ne parla in termini di libertà come se la libertà di fare ciò che si vuole fosse il massimo a cui si possa ambire, la libertà è un diritto super partes? Può esistere anche la libertà personale schiacciando quella altrui guarda Israele. Va bene guardare alla Cina certo ma in termini di controllo non dobbiamo mai dimenticare il Free World (si fanno anche chiamare cosi gli USA).
Prendendo spunto da un pamphlet di Gigi Roggero, il diritto alla libertà concepito così come inviolabile e di “proprietà” di ogni cittadino ha un significato liberale e individualistico, la libertà che possediamo appunto è di natura capitalistica, siamo liberi di vendere la forza lavoro, di vendere noi stessi, di comprare (se possiamo!) le merci che preferiamo.
Insomma il controllo non va visto secondo la lente della violazione dei propri diritti perché anche la libertà ha senso politico, non è un concetto neutrale ma di parte, per il capitale significa libertà di sfruttamento e profitto, per i subalterni è possibilità di costruire una società diversa.