Impedire che il cerchio si chiuda
Per un obiettivo di controllo così profondo, totalitarismo è un termine possibile, un controllo così completo da non accontentarsi più dell’asservimento esterno-ottenere le azioni volute-ma che rivendica l’intera sottomissione dell’<interiorità>.
F. Lordon, Capitalismo, desiderio e servitù
Nella città di Roma il Comune ha programmato l’entrata in vigore, a novembre di quest’anno, di una nuova ZTL, chiamata fascia verde, che comprende una zona estremamente vasta, grande quasi quanto la città all’interno del raccordo anulare, in cui sarà vietato l’accesso e la circolazione ai mezzi che sono considerati inquinanti. Non sto qui a farvene l’elenco, lo potete tranquillamente andare a vedere sul sito del Comune, ma la gamma è vastissima, comprende anche moto e motorini e mezzi di lavoro anche a GPL e a metano e praticamente chiama in causa quasi tutto il parco macchine degli abitanti escluse chiaramente, per il momento, le auto più nuove. Già, perché il progetto ha l’obiettivo, alla fine, di permettere solo la circolazione dei mezzi elettrici. Un progetto simile è già attivo a Milano e in altre città si stanno sperimentando varianti adattate alle realtà locali come a Venezia e a Trento dove stanno mettendo in opera un sistema di controllo ancora più inquietante. A Milano il sindaco ha pensato bene di aumentare il costo dei pedaggi d’ingresso e di chiudere il centro per tutta la settimana quindi compresi i sabati e le domeniche. Ormai da mesi qui nella capitale si susseguono i lavori per l’impianto dei varchi di controllo elettronici per l’accesso con sofisticate telecamere di riconoscimento e con spese faraoniche ed è stato dato il via dal Comune alla gara per 1000 telecamere e per la realizzazione di un unico polo operativo “Smart Police Support” (SPS) in uso alla Polizia Locale e alla Protezione Civile di Roma Capitale per la gestione della sicurezza pubblica .Sono previste multe salatissime per i trasgressori e ritiro della patente alla seconda infrazione e un incremento dei posti di blocco in ogni dove perché vedi mai che qualche tapino riesca a trovare un sistema per entrare ugualmente. La scusa propagandata è la lotta all’inquinamento e la salute dei cittadini/e ma la ragione vera è ben altra.
Se l’obiettivo fosse la lotta all’inquinamento non occorrerebbero le telecamere, i varchi, i posti di blocco…basterebbe incrementare i mezzi pubblici e renderli gratuiti e dare sostanziosi contributi a perdere per l’acquisto di auto elettriche (che tra l’altro non sono affatto ecologiche, ma questo discorso per ora lasciamolo in sospeso). D’altra parte l’inutilità riguardo all’inquinamento di questa strategia l’abbiamo sotto gli occhi ed è la ZTL impiantata ormai da anni nel centro storico di Roma. Parlo di Roma perché il centro storico qui è molto grande ed è un buon metro di paragone. E’ stato reso inaccessibile per la quasi totalità della giornata alla gente comune ma è ugualmente invaso da un traffico denso e continuo fatto di auto istituzionali e pubbliche in senso lato, di auto di parenti, amici, cugini e collaterali, fino a non so quale grado di parentela, di chi ha a che fare con le istituzioni, con i mezzi di controllo e con le varie polizie, di mezzi di servizio a tutto questo mondo di privilegiati che ha distrutto la trama abitativa del centro anche perché ormai ci abitano quasi solo persone molto ricche e il tessuto di botteghe, negozi del vivere quotidiano, alimentari, idraulici, falegnami, fabbri, macellai, fruttivendoli, calzolai …sono tutti spariti lasciando il posto a ristoranti extra lusso per ricchi politicanti in cui si mangia malissimo ma si spende moltissimo (che è l’unico metro di valore con cui giudicano le cose) e mangiatoie di vario tipo per turisti che vagano in frotte numerose, disperatamente affaticate che nella stragrande maggioranza dei casi non capiscono niente di quello che vedono, mangiano altrettanto male ma spendono tanti soldi in cose inutili. Il tutto con la supervisione di un numero inenarrabile di telecamere, di lampioni intelligenti, di sensori di controllo, di postazioni dell’esercito, di frotte di vigili urbani, di dissuasori del traffico…un disastro totale in cui stanno trascinando man mano anche Trastevere, Testaccio, San Lorenzo, la Garbatella, il Pigneto…
Ma il potere che cosa se ne fa della vita vera, è interessato solo al business e al controllo e ha in mente un modello di esistenza completamente diverso che dovrebbe coniugare enormi guadagni con un controllo serrato della popolazione e un’estrazione di plusvalore dalla vita della gente trascinata in un’ossessione securitaria creata artatamente e in maniera altrettanto serrata.
Da un po’ di tempo si sono inventati La città dei 15 minuti un modello urbanistico basato sul concetto di prossimità e di partecipazione dei cittadini, vale a dire che, definito un ambito territoriale ristretto che potrebbe corrispondere a un quartiere, ad una cittadina satellite o similari, tutti i servizi dovrebbero essere raggiungibili dagli abitanti del posto in 15 minuti, a piedi o in bicicletta o con i mezzi pubblici. Una zona urbana in cui l’uso della macchina è fortemente limitato anche per uscire e per raggiungere altre zone attigue. A questo scopo la viabilità dei quartieri viene ridefinita con pochi accessi carrabili fortemente controllati. Se lo scopo di questo concetto urbanistico fosse la vivibilità dei quartieri cioè che ogni quartiere avesse a portata di mano le scuole, i giardini, il cinema, i centri sportivi, i servizi sanitari, i negozi, la biblioteca e via discorrendo basterebbe farli, costruirli secondo criteri ecosostenibili, come la vulgata di potere propaganda, non occorrerebbe impiantarci sopra tutta una teorizzazione che suona estremamente sospetta.
Eh, sì, perché al concetto di città dei 15 minuti si affianca quello di smart city, la città intelligente, che mette, ci dicono, l’uso delle più moderne tecnologie digitali e di telecomunicazione, compreso il 5G, al servizio della città, dell’ambiente e dei suoi abitanti, un nuovo paradigma della realtà urbana che poggia su miriadi di sensori che raccolgono, ventiquattr’ore su ventiquattro, ingenti masse di dati, e su un elevatissimo livello di connettività. Così strade, incroci, palazzi, parcheggi e gran parte dell’arredo urbano “parlano” tra di loro, in tempo reale, grazie a quello che in gergo viene definito internet of things, l’internet delle cose, ovvero la sua applicazione agli oggetti che utilizziamo quotidianamente.
E allora si capisce dove il sistema di potere vuole arrivare, lo comprenderebbe anche un bambino, e si capiscono anche le proteste dei cittadini di Oxford, ad esempio, che si sono mobilitati contro questo progetto nella loro città e sono stati tacciati immediatamente di complottismo. Vogliono definire degli ambiti urbani ipercontrollati da cui non dovremmo uscire (tanto non serve, dove devi andare? In fin dei conti lo smart working è una comodità! e fare le spese on line ancora di più) se non in casi eccezionali e su permesso. Dovremo usare quella Asl, quella biblioteca, quel centro sportivo…infatti qui da noi hanno già cominciato da tempo con le scuole: non si può più scegliere dove iscrivere i propri figli, bisogna mandarli nel quartiere di residenza… scuole di ricchi… scuole di poveri. Certo si potrà uscire per andare a fare lavoro di servizio, rigorosamente a piedi, con i mezzi pubblici, in bicicletta.
La società è oggetto di un cambiamento epocale, il nuovo modello economico capitalista prevede l’estrazione di plusvalore da ogni aspetto della vita e da ogni micro particella dei corpi e del mondo che ci circonda e le classi subalterne sono oggetto di un progetto di asservimento senza precedenti. Il neoliberismo per poter attuare compiutamente il proprio progetto ha completamente cambiato l’approccio nei confronti dei subalterni. La repressione diretta è sempre presente ed anzi le varie forze di polizia hanno numeri e dotazioni senza precedenti tanto che sarebbe interessante fare la conta del rapporto tra numero degli italiani e numero degli agenti delle varie forze di polizia e militari e via cantando, ma ha assunto connotati diversi. Si arroga il diritto non solo di controllare e di punire, con una miriade di sanzioni amministrative oltre che penali, ma di prevenire pensieri e azioni per cui non viene più perseguito il reato ma l’intenzione di farlo e perfino il desiderio di uscire da questa società e viene pretesa ubbidienza, pentimento e autodafè nella migliore tradizione della santa inquisizione. Per questo la lotta per Alfredo Cospito e contro il 41bis e l’ergastolo ostativo ha avuto risvolti particolarmente importanti perché ha capito la sostanza di quel preciso tassello nel progetto di asservimento generale.
Poi c’è la repressione indiretta attraverso il controllo esplicito e implicito dei comportamenti che va dal controllo sul linguaggio a quello sulla memoria, da quello sulle scelte di vita, virtuose e non virtuose, a quello sugli atteggiamenti pubblici e privati, stigma, punizioni e premialità, patenti del buon cittadino, varianti del green pass, per non dimenticare antirazzismo, antisessismo, ecologismo usati a mani basse attraverso meccanismi colpevolizzanti per supportare l’ideologia vincente.
Ci sono quattro piani privilegiati in cui questo progetto di trasformazione epocale della società viene portato avanti con una determinazione e una velocità impressionanti e che convergono verso lo stesso obiettivo.
Il piano della digitalizzazione e dell’informatizzazione di tutti i servizi e di tutte le attività sta procedendo in maniera estremamente spedita e lo Stato ha programmato ingenti risorse e priorità di intervento e si muove su due livelli, quello organizzativo e quello del controllo. Fa leva sulla facilitazione del vivere quotidiano per coinvolgere le persone ad un uso sempre più capillare. Lungi dal facilitare la vita questi meccanismi l’hanno invece complicata molto ma hanno ottenuto un risultato ottimale per il sistema, quello di creare una dipendenza addirittura mentale sempre più profonda: smartphone, carte di pagamento, spesa on line, banca on line, rapporti sociali virtuali, documenti digitali, prenotazioni on line obbligatorie, concorsi… lezioni…aggiornamenti, congressi, convegni… sempre più virtuali…car sharing… Di questo piano fanno parte gli studi sull’intelligenza artificiale, sulla robotizzazione, sull’ibridazione umano-macchina, i chip sottopelle, le password sostituite dalle impronte digitali…
Il piano della sperimentazione scientista, delle manipolazioni genetiche, degli studi sul Dna, della sperimentazione sui corpi vivi, sulla costruzione di nuovi esseri umani, sul funzionamento della mente, i biolaboratori, le campagne vaccinali… ha coinvolto quasi tutti e tutte con la promessa salvifica di una vita senza malattie, di figli perfetti, di appagamento di qualsiasi desiderio…compresa quasi tutta la così detta sinistra antagonista talmente coinvolta nel terzo settore, nella rivendicazione di diritti funzionali al sistema di potere da non accorgersi di essere sull’orlo del precipizio.
Il piano della così detta emergenza climatica ha fatto improvvisamente dimenticare chi è la causa dello sfruttamento devastante del mondo in cui viviamo. E’ la grande capacità del capitalismo di sfruttare per un ulteriore salto qualitativo del profitto i disastri che ha provocato e di coinvolgere le classi subalterne nell’organizzazione attiva del nuovo modello di devastazione.
Il piano della guerra è il compendio di tutti gli altri. La sperimentazione a tutti i livelli in campo civile serve all’uso militare, la sperimentazione in campo militare di nuove armi di ultima generazione, di super controllo, di indagine e devastazione territoriale, di biotecnologie, di guerra batteriologica e relativi laboratori, di rapina di minerali rari…viene trasferita sui territori interni con un uso continuo del concetto emergenziale che serve a compattare la popolazione in caso di necessità contro un nemico interno o contro un nemico esterno ed esplicita fino in fondo il ruolo attuale dello Stato che non essendo altro che il momento organizzativo del potere ha il compito di diffondere, sostenere, attuare il progetto complessivo in ogni aspetto del suo operare. Ne deriva la scomparsa della seppur fittizia democrazia borghese e l’assenza assoluta di opposizione politica nell’arco parlamentare.
Molti ritengono che il neoliberismo sia superato e che il capitalismo sia entrato in una nuova fase con una specifica progettualità e delle nuove forme programmatiche. Invece questa è la configurazione a cui il progetto neoliberista ha sempre teso fin dai suoi primi esperimenti di messa in pratica. Man mano ha posto premesse e passaggi per arrivare fino a qui, al dispiegarsi della sua fase matura. Certo non sono state definite a tavolino tutte le fasi e neppure in maniera coerente ed omogenea. Il capitalismo al suo interno ha delle spinte molte volte contrastanti e contradditorie, ma le linee di tendenza sono sempre state chiare.
I rapporti di forza con i subalterni sono talmente squilibrati che il potere, oltre ad aver chiuso da tempo ogni spazio di contrattazione e aver lasciato aperto solo quello del collaborazionismo, si permette di ignorare imponenti manifestazioni come quelle in Francia dei Gilets Jaunes o contro la legge sulle pensioni o contro la polizia per l’assassinio di un ragazzo di Nanterre o di mettere fuori legge il movimento ecologista Les Soulévements de la Terre o le manifestazioni in Germania o gli scioperi in Gran Bretagna…certo qui da noi non succede niente, il percorso della socialdemocrazia riformista, leggi PD e collaterali, ha trascinato cittadini e cittadine italiani in un torpore mortifero come se fossero stati punti dal fuso avvelenato della bella addormentata e il governo Meloni in assoluta continuità con i precedenti nelle scelte di fondo ha messo in campo qualche caratteristica più specificatamente fascista. Ma si sa, data una base comune ognuno ci mette un po’ del suo.
Bisogna porre molta attenzione a non sottovalutare i meccanismi messi in atto negli ambiti più svariati dal potere considerandoli e affrontandoli in maniera separata perché invece fanno parte di un unico progetto che tende a presentare i fatti come slegati tra loro per farli accettare in maniera più o meno indolore. Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una proposta o ad un intervento, di qualsiasi tipo sia, anche apparentemente il più innocuo, che questo sistema mette in atto, la prima cosa che ci dobbiamo chiedere è a chi giova, quali conseguenze ha su di noi, dove va a parare. In questo passaggio storico epocale, tutto, assolutamente tutto, quello che passa attraverso la digitalizzazione della vita è contro la classe, la sua autonomia e la sua autorganizzazione. Tutto, assolutamente tutto, quello che passa attraverso il controllo è contro la classe. Tutto, assolutamente tutto, quello che passa attraverso la militarizzazione è contro la classe.
E’ necessario ricordarsi sempre che non esiste la comunità, non esiste il bene comune, se non all’interno degli interessi di classe, intendendo per classe quella che attualmente accomuna tutti gli strati sociali vessati dal neoliberismo e che il divenire sociale non è convivenza civile, non è accordo fra le parti, non è confronto democratico, non è equilibrio di interessi, è storia di una classe contro l’altra.
E’ contro il progetto del capitale di asservimento totale delle nostre vite che ci dobbiamo battere con tutte le nostre forze prima che il cerchio che il potere ci sta stringendo intorno si chiuda e i nostri destini siano definitivamente sanciti per chissà quanto tempo.