La ZTL, la smart city e il pensiero del nemico

La ZTL, la smart city  e il pensiero del nemico.

Qualche giorno fa, venerdì 4 agosto, è stato fatto a Milano un presidio da parte di strutture variegate che si oppongono giustamente alla trasformazione della città secondo i nuovi criteri della smart city, della città dei 15 minuti, delle ZTL…in occasione del presidio è stato fatto un sondaggio che viene riportato nel video che pubblichiamo e che ci fa capire quanto è introiettato il pensiero del nemico dalle classi subalterne. Da qui la riflessione sulla scelta delle modalità di lotta da condurre.

[…] sì, credo che il problema sia il comune sentire, ripercorrere i passaggi e capire quali siano stati gli snodi attraverso cui questo comune sentire è stato costruito è una delle prima cose da affrontare. Ci si dovrebbe porre proprio il problema della decostruzione di tutta una serie di meccanismi che sono stati messi in atto, vale a dire i discorsi sulla meritocrazia, sulle riforme, sulla sicurezza sono stati fatti passare attraverso parole di sinistra. Se qualsiasi componente, struttura, partito, gruppo di destra o conservatore o reazionario avesse assunto questo tipo di compito e avesse tentato di far passare in questi anni un certo tipo di comune sentire non ci sarebbe riuscito. Chi è riuscito a far passare concetti che sono estremamente di destra, estremamente reazionari, estremamente forcaioli e classisti? è stata la socialdemocrazia riformista, nel senso attuale rovesciato di riformismo, che con un linguaggio e modi di sinistra ha fatto passare concetti e un comune sentire di destra e questo lo ha fatto anche attraverso, perdonatemi la dichiarazione, il supporto di quella che si chiama sinistra di classe che, in questi anni, ha sponsorizzato e propagandato tutta una serie di banalità che sembrano di poco conto tipo i cani non devono sporcare per terra, la città non deve essere inquinata, la macchina non deve essere usata, si deve andare in bicicletta, il centro storico deve essere tutelato, le ZTL, le strisce blu, i parcheggi a servizio del quartiere, la raccolta differenziata, gli ultras… il politicamente corretto, tutte cose che sono normalizzazione e normativazione della vita quotidiana e che portano con sé tutti i concetti di legalità e legalitarismo. Non parliamo poi sul posto di lavoro… la meritocrazia, il merito, le battaglie contro i lavativi, i furbetti, chi non timbra il cartellino, contro i servizi che non funzionano, contro gli ospedali che si mangiano i soldi, i biglietti sull’autobus si devono pagare perché altrimenti il comune va in deficit, le tasse si devono pagare, lo sciopero non deve danneggiare la cittadinanza, le fasce protette … tutti questi passaggi hanno portato al concetto diffuso di legalità e di norma che ora è imperante ed è difficilissimo da smontare. Parallelamente si sono persi i nomi delle cose, cioè che cos’è lo Stato, che cos’è la democrazia, che cos’è la legge. Nel momento in cui la legge diventa un feticcio è perché si perde l’idea che la legge è fatta da chi ha in mano il potere ed è destinata a chi lo subisce, la democrazia negli anni ’70 per nessuno era un qualcosa da tutelare perché la democrazia è la veste che si dà il governo borghese ed è chiaro che la gestisce a suo uso e consumo, lo Stato ne è il momento organizzativo mentre se si considera la legalità un totem vuol dire che lo Stato è depositario del bene e del giusto. Si sono persi i riferimenti di fondo. Il neoliberismo è un’ideologia, il capitale transnazionale ha fatto delle scelte, ha rotto il patto sociale in maniera unilaterale, ha deciso in maniera unilaterale che non esiste più stato sociale, che il lavoro così come noi lo conoscevamo non ci sarà più, che la scuola pubblica può andare in rovina insieme alla sanità pubblica, che i soldi si danno ai privati, si spendono nelle armi e nelle guerre neocoloniali. Questa è una scelta di fondo ma se il patto sociale è rotto e non c’è più, la gente non deve più niente a questo Stato. Perché la sinistra di classe non si fa carico di dire “se le cose stanno così, bene, nessun cittadino deve più niente a questo Stato, né tasse, né ticket, né multe, niente a nessun titolo…”? non vengono mai posti i problemi in termini di rottura con l’ordine esistente. Mi rendo conto che non è facile, ma bisogna far passare la parola che non si devono pagare le tasse invece di far passare la parola della riforma fiscale. Bisogna smontare i meccanismi su cui questa società s’incardina, sul posto di lavoro per esempio è inutile che io mi batta contro la ristrutturazione aziendale perché il lavoro come lo conoscevamo noi non c’è e non ci sarà più, i lavoratori e le lavoratrici perdono ormai quasi tutte le cause di lavoro, è inutile chiedere aumenti di stipendio o scioperare, lo sciopero ormai significa solo perdere i soldi di una giornata, bisogna battersi
contro il controllo, contro i tornelli, contro la meritocrazia, bisogna che le lotte ricomincino a far male… far saltare i database aziendali, far perdere i dati… recuperare la qualità della vita… non ho i soldi, il biglietto non lo pago… la lotta alla legalità deve passare attraverso delle cose di base, di minima, banali. Invece adesso è proprio su queste cose di base che lo Stato lavora. Qualche anno fa d’estate come coordinamenta abbiamo fatto una campagna chiamata “Svergogniamoci”, e si basava sulla destrutturazione del senso di vergogna, voleva dire che bisogna far passare nei confronti della gente l’idea che il senso di vergogna rispetto a tutte una serie di cose è un prodotto sociale, il senso di vergogna rispetto ad una scala di valori che non ci appartiene non dovrebbe esistere… mi vergogno perché sono senza casa, perché ho la casa brutta, perché non ho lavoro, perché non pago il biglietto sull’autobus, mi vergogno perché non posso portare in vacanza i figli, mi vergogno perché ho un parente in prigione… tutto questo dovrebbe essere assolutamente ribaltato. In un contesto storico come quello attuale far passare discorsi di questo tipo sembrerebbe difficile ma il primo passo è farli senza il timore di interclassismo o populismo che attanaglia molta sinistra di classe perché sta a noi dare contenuti di classe ad un disagio che attualmente attraversa molti strati sociali. La trasversalità non è interclassismo. In questo momento la borghesia transnazionale è caratterizzata da un delirio di onnipotenza, è debordante, dilagante, di un’arroganza senza confini e ha allargato a dismisura la platea di chi è impoverito e sotto attacco. Dobbiamo prenderne atto, inutile fare processioni, giaculatorie, manifestazioni, avanzare richieste… è inutile chiedere che la 194 funzioni… tanto per fare sempre lo stesso esempio che ci sta a cuore… o ci organizziamo e rispondiamo con l’autorganizzazione oppure non andiamo da nessuno parte anzi diventa uno sfinimento inutile e le militanti e i militanti sono un bene prezioso che non si può sprecare. Anche perché adesso la risposta repressiva è diversa da quella degli anni ’70, che pure c’era eccome, adesso ci sono le sanzioni amministrative, ti portano via la casa, mettono sul lastrico la famiglia e questo è un deterrente fortissimo molto più di quello che possa sembrare.[…] Stralcio da<Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza> p.161,163

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