Su Smart Control Room e tassa d’accesso a Venezia
Gruppo Antifascista contro il green pass – Venezia Mestre
Negli ultimi due anni la questione del controllo dei flussi turistici nel centro storico di Venezia è stata caratterizzata prepotentemente da due narrazioni principali: la realizzazione della Smart Control Room (SCR) per la gestione della città e l’introduzione di una tassa d’accesso individuale con conseguente prenotazione obbligatoria per il proprio ingresso a Venezia. Per chi è rimasto indietro ci sembra utile fare un breve sunto di ciò che questi sistemi di controllo rappresentano. Fortemente voluta dal sindaco Brugnaro, la Smart Control Room è un luogo fisico che si trova nella sede della polizia municipale al Tronchetto, in cui i dati e le informazioni utili a “capire e gestire la città” vengono visionati e processati. A detta delle autorità, un piccolo esercito composto da polizia locale, addetti del comune, ACTV e Veritas controlla le immagini in diretta provenienti da seicento telecamere in modo da avere un unico occhio capace di sorvegliare l’intero territorio comunale. Inoltre, grazie a Tim, a cui è stata affidata la progettazione e lo sviluppo tecnologico della stanza del controllo, il numero delle persone presenti a Venezia viene verificato in diretta attraverso la localizzazione dei cellulari e l’analisi delle celle telefoniche in modo da capire quanti residenti nel comune di Venezia, italiani dal veneto e da fuori regione, o persone provenienti da paesi esteri sono presenti. Questo significa che basta avere un telefono in tasca per essere continuamente tracciati nella SCR. Oltre a Tim lo sviluppo della Smart Control Room è stato pianificato da Venis SpA, azienda partecipata del comune di Venezia e Mindicity, piattaforma di Urban Intelligence che assicura organizzazione, conoscenza, aumento della sicurezza e riduzione dei rischi nella città contemporaneamente al potenziamento della stessa come destinazione turistica (veramente, ancora di più?). Tutto ciò attraverso l’uso di intelligenza artificiale, computer vision, machine learning e natural language processing. Se anche voi pensate che la fregatura sia dietro l’angolo quando c’è un uso così massiccio di inglesismi, non siete i soli.
La narrazione, quindi, prevede che la SCR sarà utile per gestire i flussi delle persone, intervenire direttamente da remoto inviando operatori e potenziando servizi dove se ne veda la necessità, controllando comodamente da uno schermo se l’operazione viene eseguita in modo soddisfacente dal lavoratore inviato sul posto. Un esempio semplice potrebbe essere l’aumento immediato del servizio pubblico di trasporto locale quando e dove se ne riscontrasse il bisogno. Chi questa estate si è ritrovato in attesa di autobus o vaporetti pieni all’inverosimile, in cui spesso non si riesce nemmeno ad entrare, può capire quanto questa favola del servizio al cittadino sia solo uno specchietto per le allodole. Per quanto l’ideazione e la progettazione della SCR si nascondano dietro una parvenza di utilità legata alla gestione dei flussi turistici e supporto alla popolazione, la realtà è ben diversa e può essere racchiusa in alcune dichiarazioni di coloro che hanno fortemente voluto questo progetto. Teresa Maniero, vicepresidentessa della polizia locale, ha detto che “la Smart Control Room è un occhio vigile in grado di avere una supervisione su tutto e tutti”. Il sindaco Luigi Brugnaro ha impunemente proposto di utilizzare le immagini provenienti dalle telecamere per superare lo stato di diritto e il privilegio ad un regolare processo, dando a polizia e giudici di pace il potere penale di comminare fino a dieci giorni di carcere per reati di “degrado sociale”. Le celle dove rinchiudere i malcapitati, un vanto per l’amministrazione comunale, sono già state costruite: si trovano sotto la Smart Control Room. Diciamo la verità: noi non crediamo alle effettive potenzialità di sorveglianza sulle persone attraverso questa megamacchina del controllo. Con la disumana gestione dell’affaire Covid-19 negli ultimi tre anni, lo Stato ci ha abituato all’utilizzo di strategie terroristiche per tenere a bada la popolazione, costringendoci a non uscire di casa nemmeno per una passeggiata con la paura di controlli e lockdown, obbligando tutte e tutti al vaccino, mettendoci gli uni contro gli altri. Molti di noi hanno però capito che le regole del sistema rimangono tali fino a che Noi decidiamo di seguirle e di continuare a servire il potere, fintantoché non smontiamo il loro castello di carte e QR code. Siamo quindi convinti che quando le autorità dichiarano di poter controllare tutto e tutti, stanno bluffando.
Rimane però evidente la deriva autoritaria del potere istituzionale e l’importanza simbolica di uno strumento come la “stanza del controllo intelligente” per abituarci ad accettare di essere sempre osservati. Inoltre, crea sgomento la proposta di Brugnaro in quanto la categoria di reato di “degrado sociale” può essere utilizzata arbitrariamente: ognuno di noi potrebbe esser beccato a far qualcosa che non va, che secondo il decisore di turno è sbagliato, meritandosi dieci giorni di cella senza passare attraverso un processo in cui almeno una parvenza di equità e giustizia viene ancora rappresentata. L’acronimo della SCR è quindi già identificativo del suo obbiettivo finale: Sorveglianza, Carcere (già a cielo aperto) e Repressione di ogni forma di resistenza ad un mondo di controllo. Tutto questo non è scollegato dalla seconda narrazione che ha caratterizzato questi ultimi anni, ovvero l’introduzione di una tassa d’accesso e conseguente prenotazione obbligatoria del proprio ingresso a Venezia. Come funziona? Praticamente chiunque voglia entrare in centro storico deve richiedere la possibilità di accedere e pagare un biglietto. Tramite questa prenotazione viene consegnato all’utente un QR code univoco attraverso cui aprire dei cancelli di ingresso, mentre degli addetti preposti alla verifica possono controllarlo in qualunque momento e in qualunque luogo della città. Anche chi vive, studia e lavora in città dovrà avere il proprio QR code in modo da essere identificato singolarmente e avere il permesso di circolare liberamente all’interno del territorio.
Libertà di movimento in base al possesso di un QR code, vi ricorda qualcosa? Ogni distopica fantasia relativa al mantenimento di un controllo digitale dopo l’introduzione del lasciapassare verde nel 2021 si avvera. Solo chi è fazioso o inebetito può non vedere il collegamento tra questo “Venice Pass” e il Green Pass ideato per permettere il movimento a chi ubbidiva alle regole imposte durante la gestione del Covid-19. Secondo noi il Venice Pass è il primo successore del Certificato Verde, ma ne seguiranno tanti altri se non ci muoviamo subito. Chi governa vuole creare un mondo in cui devi sempre dimostrare di avere il diritto di poter accedere a un determinato luogo, associato all’aver rispettato determinati “parametri” decisi dal legislatore. Il passaggio successivo è il social scoring, cioè l’assegnazione di un punteggio e relativi premi in base a comportamenti “virtuosi”, per cui se ti comporti bene puoi entrare, ma se la tua fedina “civile” (ancor peggio se penale) è sporca, ti è vietato l’accesso in alcune zone. La partecipazione ad una manifestazione come quella di oggi potrebbe non essere più possibile, oppure potrebbe essere negato l’ingresso a una determinata zona o città ai soggetti sospettati di poter commettere atti di “degrado sociale”. Torna? Dopo un secolo di conquiste civili e di aumentate libertà di espressione, movimento e circolazione, oggi sarà Giorgia Meloni (non che chiunque altro sarebbe stato meglio) a erigere sempre più solide frontiere nazionali per difendere l’Italietta dai poveri che vengono a rubarci soldi e lavoro, mentre vengono ristabilite delle frontiere comunali per cui non si è più liberi di muoversi senza prima informare le autorità dei propri spostamenti. Si abbattono sempre più le frontiere economiche per cui merci, scambi e persone ricche possono muoversi come e quando vogliono, mentre per tutti gli altri sarà sempre più difficile farlo, non solo fra nazioni ma anche tra comuni. Ed è proprio qui che Smart Control Room e prenotazione obbligatoria dell’ingresso a Venezia intersecano i loro scopi come in un classico romanzo cyberpunk. Se ogni persona non residente dovrà prenotare l’accesso ed essere identificato univocamente tramite un QR code sul proprio smartphone mentre nella control room vengono localizzati i telefoni attraverso l’analisi delle celle, non è possibilità tanto remota immaginare un incrocio dei dati per sapere chi fosse presente in un determinato luogo e momento, per capire chi avesse il permesso di essere lì e chi no. In particolar modo se l’incrocio dei dati è spacciato per cause di necessità superiore o di pubblica sicurezza (un non vaccinato? una manifestazione non autorizzata? Un volantino sbagliato su un muro? Qualunque cosa venga fatta passare come “degrado sociale”?)
In effetti Venezia dopo tanti secoli è di nuovo all’avanguardia, un unicum straordinario, ma stavolta nel controllo sociale. Un modello che verrà poi esportato nelle altre grandi città (partendo dai centri storici di Roma, Firenze, Napoli e Milano… vogliamo cominciare a parlarne anche fuori dai confini comunali?) per aumentare la sorveglianza sui cittadini, sulla possibilità di muoversi. Per non permettere l’avanzata di questo futuro in una gabbia con tanto di codice identificativo che ci stanno cucendo addosso possiamo solo organizzarci collettivamente denunciando le possibili conseguenze di un tale sistema e smascherando le loro bugie. I tornelli sono l’anticamera della società del controllo. Distruggiamo questa possibilità.
Gruppo Antifascista contro il green pass – Venezia Mestre