PERDERE E’ UNA QUESTIONE DI METODO
Elisabetta Teghil
Sono venuta a esplorare il relitto.
Le parole sono propositi.
Le parole sono mappe.
Sono venuta a vedere il danno che è
stato fatto
e i tesori che sono rimasti. […]
Siamo, sono, sei
per viltà o per coraggio
quell’uno che torna sempre
a questa scena
portando un coltello, una macchina
fotografica
un libro dei miti
nel quale
i nostri nomi non compaiono.
Adrienne Rich
<Alla fine degli anni ’70 i capitalisti ritrovano capacità offensiva e avviano un nuovo ciclo storico neoliberista. Quaranta anni più tardi la questione sembra ormai definitivamente risolta, hanno fatto tabula rasa del passato. La via tracciata sembra senza ritorno. E’ stata intaccata l’idea stessa di sinistra non solo sulla fattibilità dei suoi progetti ma sul futuro stesso di cui era portatrice. Un sentimento di vuoto, come la perdita di una certezza. Una sorda disperazione che paralizza.>*
A guardare alla quasi totalità delle rivendicazioni e delle lotte dell’oggi ci troviamo di fronte ad un panorama sconfortante e non perché siano poche rarefatte e discontinue, ma perché improntate a modalità assolutamente dissociate dalla realtà che abbiamo di fronte.
Stiamo attraversando un cambiamento epocale della società teorizzato e messo in atto dall’ideologia neoliberista. La così detta pandemia ha permesso al sistema di potere di accelerare questo mutamento e di portare avanti trasformazioni che avrebbero avuto bisogno di un tempo molto più lungo.
Il potere ha usato poi l’emergenza pandemica come un test socio-politico. Ma che cos’è che lo ha confortato oltremodo? E’ stata da una parte la risposta della popolazione che si è adeguata molto facilmente. Ci sono state e ci sono, è vero, delle frange recalcitranti tacciate immediatamente come complottiste, ignoranti, becere e irresponsabili, ma la maggior parte della gente ha avuto atteggiamenti molto produttivi per il sistema del capitale.
Il primo di paura addirittura irrazionale imperniato sull’incapacità di valutare autonomamente anche episodi di facile lettura, il secondo fondato sull’ossequio di natura fideistico-religiosa allo scientismo tanto che un vaccino che è una sperimentazione di massa a detta anche delle stesse Big Pharma viene accolto come una panacea e come l’unica via di salvezza, il terzo caratterizzato dall’asservimento volontario a qualsiasi imposizione e controllo anche estremamente ridicolo come il coprifuoco o il pass vaccinale o il chiudersi in casa.
Dall’altra il potere si è sentito piacevolmente assistito dalla mancanza pressoché assoluta di risposta da parte della sinistra che si definisce antagonista. Il timore di rivolte che serpeggiava nelle prime dichiarazioni dei governi, non solo italiani ( rivolte che sarebbero state non solo legittime ma doverose vista la tragicità sociale sotto tutti i punti di vista economico, sanitario, dei rapporti umani, della salute mentale, del lavoro…) ha lasciato subito il posto ad una piacevole sensazione di paternalistica onnipotenza. I cittadini morivano di stenti ma si affidavano, crepavano di fame ma credevano nello Stato e la sinistra antagonista aiutava la gente non a ribellarsi come avrebbe dovuto fare ma portando la spesa a casa alle vecchiette, supportando così le istituzioni inesistenti dal punto di vista sociale e trasformandosi in missionaria rossa della carità, dimostrando chiaramente una scarsa conoscenza del collaudato approccio ipocrita-pietistico dei cattolici che è l’unico che riesce ad ottenere vantaggio dal fare la carità. Come diceva Totò <mi dia retta, lei il prete non lo sa fare>. Le poche timide manifestazioni di rivolta, qualche esproprio a qualche supermercato nel sud sono stati immediatamente tacciati di legami con la camorra. Da non credere!
La violenza dello Stato è stata ed è inaudita, ma nessuno lo dice. O quasi. Chi lo dice o si azzarda anche minimamente a fare qualcosa va in galera preventiva.
Il potere ha così verificato che il suo lavorìo di anni è stato proficuo, la gente, ma anche i compagni/e, si fanno dettare tempi, modi e importanza delle cose dal nemico.
La situazione che stiamo vivendo non si è realizzata ora, anzi quello odierno è il momento conclusivo di un lungo percorso in cui la sinistra di classe ha accettato senza opporre resistenza ma anzi facendoli propri e addirittura in alcuni casi prendendoli in carico, tutta una serie di passaggi che hanno completamente azzerato il suo posizionamento ideologico.
<Perdere è una questione di metodo> diceva Luis Sepulveda. Questa scelta viene da lontano, e quello odierno è il risultato ultimo, la capacità di perdere non si improvvisa. E’, appunto, una questione di metodo.
Questo percorso è incominciato all’inizio degli anni ‘80 quando il sistema ha portato avanti due risposte parallele contro la lotta di classe in atto, da una parte quella esplicitamente repressiva e dall’altra la soluzione corporativa delle problematiche sociali. Mentre la risposta repressiva era chiara e diretta e al di là del prezzo altissimo pagato non intaccava il posizionamento ideologico antagonista ma anzi lo rafforzava perchè era una risposta scontata del potere, la soluzione corporativa ha portato effetti devastanti in tutti i campi. Chi si è laureato in prima generazione ha dimenticato ( quanto inconsciamente e quanto volutamente?) a cosa era dovuto quel salto sociale e lo ha attribuito alle sue qualità personali, le conquiste sul lavoro sono state scambiate per un progresso dovuto sì alle lotte ma che comunque era ineluttabile, le femministe hanno pensato che finalmente il potere aveva capito l’importanza delle donne nella società e hanno abbracciato l’emancipazionismo come la soluzione alla loro subalternità…contemporaneamente il Pci ha fatto un lavoro sulla condanna della violenza politica e sugli opposti estremismi che, oltre alla vera e propria repressione fisica violenta dei/delle militanti, ha fornito supporto ideologico e alibi a tutti e tutte coloro che hanno scelto la via della svendita personale in cambio di una promozione sociale. E così sono stati divisi buoni/e e cattivi/e.
E’ cominciato qui. Dal non dirsi la verità sulle cose e pensare che tutto potesse andare bene lo stesso.
La borghesia transnazionale si è riorganizzata prima di tutto ideologicamente, il neoliberismo è stata la sua risposta strategica. Ha innescato una lotta interna alla sua stessa classe senza esclusione di colpi contro le borghesie nazionali ormai zavorra esposta agli attacchi delle classi subalterne e contemporaneamente modificando, attraverso l’asservimento totale e selvaggio dei mezzi e sistemi di comunicazione, il comune sentire. I risvolti tattici li conosciamo tutte/i, le conseguenze pratiche e le scelte conseguenti altrettanto. Ma la sinistra di classe si è fatta irretire da concetti come <meritocrazia> <efficienza> <servizi ai cittadini> <diritti > <convivenza civile> <non violenza>…si è buttata a capofitto nel terzo settore, ha supportato e cavalcato il politicamente corretto, ha sovrapposto la comunità alla classe, ha ignorato volutamente tutti i passaggi che hanno portato all’attuale controllo sociale, uno più drammatico dell’altro sul fronte interno e sul fronte esterno, si è dimenticata della sua stessa storia e ha censurato la memoria. Dalla persecuzione degli ultras, ai tornelli sul posto di lavoro, dalle gratifiche per merito e non più a pioggia o per anzianità alla scuola azienda, al preside padrone, alla demonizzazione degli scioperi, dalla raccolta differenziata ai parcheggi a pagamento delle strisce blu, dall’entusiasmo per le biciclette alla chiusura dei centri storici, dalle telecamere disseminate in ogni dove alla assoluta cecità e all’assoluto moralismo che accompagnava ogni nuova tassazione, dalla svendita del patrimonio pubblico alle privatizzazioni, dalle rivoluzioni colorate alle guerre umanitarie, dalla strumentalizzazione delle diversità sessuali e della violenza sulle donne…state pensando che sia un minestrone di cose che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra? Ebbene no, perchè tutto questo elenco estremamente diversificato, e che sarebbe senza fine, è stato ed è definito nella sinistra antagonista da una caratteristica comune: la mancanza assoluta di una lettura e un posizionamento di classe, la mancanza assoluta di assunzione dell’interesse delle classi subalterne in tutte le situazioni che si sono presentate in questi anni, la perdita della consapevolezza che questo interesse di classe è rivoluzione universale. Chiaramente ci sono e ci sono stati/e anche quelli/e che si sono fatti in quattro per contrastare questo stato di cose ma si contano sulle dita di una mano e troppo spesso dalla sinistra antagonista che va per la maggiore sono stati ignorati se non boicottati.
Se esiste la buona fede è necessaria l’assunzione di responsabilità e l’autocritica rispetto alla scelte che la sinistra di classe ha fatto in tutto questo percorso e sta facendo ancora.
Infatti, nell’emergenza pandemica, sono venuti al pettine tutti i nodi.
Il mancato riconoscimento del nemico principale nel PD, indulgendo a considerarlo comunque ancora sinistra invece che destra moderna, ha trascinato la sinistra di classe a farsi irretire in tutte le chiamate strumentali contro la minaccia del fascismo, contro la minaccia islamica, contro la minaccia cinese (salvo poi considerare la Cina quasi un paese socialista invece che un capitalismo di Stato) contro la minaccia russa e a essere ipercritica contro qualsiasi tentativo di costruzione di una qualsivoglia alternativa
E così è successo che l’internazionalismo che negli anni ’70 si esprimeva attraverso collegamenti diretti con i gruppi che in altre parti del mondo portavano avanti lotte di liberazione e antimperialiste, fornendo aiuto economico diretto per l’acquisto di armi, tanto per dirne una, si è trasformato da una parte in critica a tutti i tentativi di impostare esperimenti economici e sociali diversi da quelli neoliberisti…venezuela…brasile….e allo stesso tempo supporto scriteriato a rivoluzioni arancione o arcobaleno facendo da cassa di risonanza e supporto a tutte le operazioni imperialiste…Libia…Iraq…Siria…nessuna autocritica rispetto a questo? Nessuna autocritica da parte di chi è andato/a a manifestare contro Gheddafi davanti all’ambasciata libica, femministe comprese? Nessuna autocritica di chi ha inneggiate alle donne nelle istituzioni? Nessuna autocritica di chi ha osannato Obama come primo presidente nero?
Dimenticando che l’interesse della classe è combattere chi vuole naturalizzare le scelte neoliberiste sul fronte interno e su quello esterno.
La perdita della capacità di autonomia, autodeterminazione e autorganizzazione e, soprattutto, la mancanza di strategia rivoluzionaria e prospettiva teorica hanno condotto la sinistra di classe addirittura a travisare il ruolo dello Stato e ad affidarsi, ad accettare per buone le sue scelte e le sue decisioni, a farsi imporre e spesso a reclamare chiusure e coprifuoco, vaccino e green pass.
Dimenticando che l’interesse della classe, e quindi l’interesse universale, è la qualità della vita e non l’assenza di una malattia.
La mancanza di analisi teorica e della pratica dell’inchiesta ha portato al mancato riconoscimento della composizione attuale delle classi subalterne che è molto cambiata rispetto a quella di ottocentesca memoria e che comprende un arco variegato di strati sociali vessati dal neoliberismo, arco che va dagli immigrati e immigrate passando per il sottoproletariato e proletariato, per i disoccupati intellettuali, per i precari e per i rifiuti umani espulsi dal mercato del lavoro…fino alla piccola e media borghesia cacciate dalla classe borghese e proletarizzate. E così succede che le manifestazioni di dissenso e di contrarietà alle imposizioni di Stato, variegate, populiste, insofferenti, contradditorie e istintive vengano liquidate come <fasciste>.
Il neoliberismo ha chiuso ogni spazio di contrattazione, è evidente, è eclatante, non c’è neppure bisogno di spiegarlo, ma la sinistra antagonista si muove come se ci fosse ancora una possibilità keynesiana. Organizza processioni (se le organizza…) per chiedere sussidi e servizi, sanità gratuita e lavoro, una scuola che funzioni…
Dimenticando che la risposta del potere nella migliore delle ipotesi sarà il chip sottopelle, ma gratuito mi raccomando, e la psichiatrizzazione, gratuita anche questa, di tutti quelli/e che non capiranno quale è il loro bene o non ce la faranno a reggere il darwinismo sociale.
Dimenticando che ottenere qualcosa è il risultato di un rapporto di forza.
Siamo in grado di mettere a ferro e fuoco le nostre città, siamo in grado di incidere sui processi produttivi telematici…? siamo in gradi di eliminare i dispositivi più banali di controllo sociale, dai tornelli sul posto di lavoro alle impronte digitali per i documenti d’identità, dal green pass alle telecamere in ogni dove? Siamo in grado di eliminare le sanzioni amministrative, le multe? Perché è stata accettata la patente a punti che ha impostato la premialità ed il castigo per chi non è un buon automobilista e che apre alla patente sociale a punti? Perché è stata ignorata la legge sulla detenzione amministrativa che ha istituito i Cpt/Cie/Cpr spostando tutto su un’ attenzione<umanitaria> nei confronti dei migranti senza rendersi conto che la detenzione per condizione e non per reato apre alla detenzione di chiunque non sia gradito al sistema? Chi ci finirà prossimamente? chi non avrà i documenti in regola con il green pass? La sinistra di classe si è mai chiesta se è più pericoloso aver bevuto troppo o essere drogati di lavoro per cui ci si dimentica il figlio in macchina sotto il sole? E non facciamo troppi esempi perché il potere potrebbe essere così zelante da pretendere una patente di sanità mentale rilasciata da uno psicologo/a. Una domanda a caso, ma la patente di sanità mentale allo psicologo chi la da? E chi controlla i controllori? E cosa significa essere sani di mente? abbracciare la scala di valori neoliberista?
Vengono chieste a gran voce nuove leggi per la tutela delle diversità sessuali, contro la violenza sulle donne, per il funzionamento della pubblica amministrazione, contro le morti sul lavoro, contro il fascismo, contro il razzismo, contro il sessismo…
Dimenticando che l’interesse di classe è la riduzione delle leggi al minimo, che la proliferazione delle leggi che riguardano i comportamenti è uno strumento potentissimo del potere per ingabbiare qualsiasi possibilità di lotta, che chiedere leggi significa riconoscere allo Stato il ruolo paternalistico e super partes, significa infantilizzare le classi subalterne invece di renderle coscienti del loro ruolo e della loro collocazione, significa vittimizzarle, costituire un insieme di soggetti deboli sempre alla ricerca di riconoscimento e di aiuto.
Dimenticando che la capacità di autodeterminarsi e di decidere della propria vita è uno strumento cardine per innescare meccanismi rivoluzionari perché comporta l’assunzione della responsabilità e del rischio.
I nodi da affrontare sono lo stato etico e autoritario, l’asservimento volontario, lo scientismo, il controllo delle vite, ricordando a tutti/e quelli/e che parlano di un bene comune che questo non esiste bensì esiste la verità di una classe contro l’altra.
Il problema del nostro tempo è il controllo sociale, è il monitoraggio di tutti i comportamenti, le scelte, i desideri, le menti, è l’organizzazione statale e sovranazionale repressiva che non permette di esprimere dissenso, è la militarizzazione delle città e dei territori, è l’asfissiante richiamo alla legalità, è la colpevolizzazione dei cittadini ad ogni livello.
Lottare contro il controllo sociale è l’interesse di classe e di genere in questo momento.
*liberamente tratto da Gerard Dumenil, Jacques Bidet, Un altro marxismo per un altro mondo, “LE MONDE diplomatique –ottobre 2007, n. 10, pp. 20-21.
allineato con convinzione ad ogni parola qui scritta