<Scrivere storia, raccogliere memorie, fare militanza>*
Contro la gravissima intimidazione personale e politica di cui è stato oggetto in questi giorni Paolo Persichetti e in difesa della stessa possibilità di parola, di pensiero e di azione di tutte noi.
Le donne che venivano chiamate streghe non avevano nessun potere magico, in realtà. Semplicemente riuscivano a vedere le cose meglio. Le vedevano per quel che erano – perché erano nate con la capacità, o il dono (o, forse, la maledizione) di non avere filtri sugli occhi né sulla mente: nessuno di quei filtri che spesso ci portiamo appresso senza nemmeno rendercene conto, che ci dicono come dobbiamo vedere le cose per essere accettati, per sembrare giusti, per apparire ciò che dovremmo essere – per autoconvincerci che davvero siamo ciò che vogliamo far apparire. Loro non ce l’avevano – perché la conseguenza, o la causa, del loro dono o maledizione era anche questa: non aver paura della solitudine, non aver bisogno di riempire il silenzio di chiacchiere vuote, voler qualcosa di diverso da un ruolo da recitare sul palcoscenico insieme a tutti. Per questo venivano isolate. E per questo facevano paura – come fa paura chi dice la verità: e spesso si preferisce accusarlo ed annientarlo pur di non sentirla, pur di non volerla vedere.
E per questo ancora oggi esistono le streghe – ed esiste chi le vuole bruciare. Siamo streghe quando ci poniamo domande, quando vogliamo capire. Quando ci ribelliamo ad una regola, quando ragioniamo con la nostra testa. Quando non abbiamo paura di esplorare le nostre ombre, ammettere i nostri difetti, confessare ciò che vogliamo.
Siamo streghe – e, anche se volete continuare a bruciarci, siamo sempre qui.
(Catherine Black)
- il titolo è preso da un intervento all’interno dell’Incontro Nazionale Separato<Memoria collettiva, Memoria femminista> organizzato dalla Coordinamenta femminista e lesbica e che potete trovare nelle nostre auto produzioni.