<Postvittimismo e assertività femminista>
di Nicoletta Poidimani in Nascere e mettere al mondo. Sguardi sociali e filosofico politici (Atti della Summer School), Università del Salento 2020
Postvittimismo e assertività femminista
Di seguito uno stralcio: […]Assertività femminista
L’assertività presuppone un atteggiamento né passivo, né manipolatorio, né autoritario.
Considerata da una prospettiva femminista, l’assertività assume una connotazione pratica e politica – intendendo con “politico” l’abitare la pólis, il vivere nella pólis – andando al di là del senso meramente psicologico che le viene generalmente attribuito.
Assertività femminista significa, in primo luogo, esprimere i propri pensieri, desideri,
bisogni in modo chiaro ed efficace, evitando le giustificazioni. Il processo di indebolimento che abbiamo visto sopra spesso ci induce, come donne, a dover giustificare il perché di ogni nostro pensiero, desiderio o bisogno. Quando un uomo dice di no, non giustifica quel “no”; le donne, invece, si sentono spesso in dovere o in condizione di giustificarlo, motivarlo e stramotivarlo.
Pensiamo a quante volte una donna, per rifiutare un invito (spesso assai insistente) con
conoscenti/colleghi/compagni di studio, più che a esprimere un “no” netto e chiaro tenda a dare giustificazioni a quel “no”. E più è insistente l’invito, più si tende a giustificarsi.
In questo modo si lascia sempre aperto uno spiraglio all’invasione del nostro spazio vitale da parte del maschile. Questo non è un dato biologico, ma un dato culturale! Però ci cresciamo dentro e sembra addirittura che sia naturale, sia parte di un’inesistente “natura femminile”, quindi sembra normale che sia così. Il giustificarsi, inoltre, porta con sé frustrazione: se più l’altro insiste più noi sentiamo il bisogno di giustificarci, contribuiamo a stabilire una relazione malata, tossica quando non addirittura patologica.
Quando riusciamo a esprimerci in maniera assertiva non abbiamo alcun bisogno di
giustificarci. Per raggiungere questo obiettivo è necessario fare i conti con le proprie aspettative nelle relazioni – cosa ci aspettiamo da una relazione, sia essa amicale, affettiva o anche di tipo lavorativo – e con le aspettative altrui e/o sociali – quanto queste ultime condizionano il nostro essere sociale già a partire dall’infanzia?!
Imparare ad analizzare le nostre e altrui aspettative rafforza la nostra capacità assertiva.
Questo è un lavoro profondo e che non può esser fatto in solitudine: è importante il confronto. Non per nulla il movimento delle donne negli anni ’60/primi anni ‘70 non nasce con manifestazioni oceaniche, ma con il proliferare di piccoli – talvolta piccolissimi – gruppi di donne che si trovano e si confrontano sulle proprie difficoltà quotidiane, così come sulle proprie sofferenze e insofferenze, condividendole con le altre e scoprendo così di non essere le sole a vivere certe condizioni o frustrazioni.
Questi piccoli gruppi hanno rappresentato, per molte donne, un’opportunità per appropriarsi di sé, della propria vita, dei propri desideri. In poche parole, hanno costituito la possibilità di andare verso l’autodeterminazione cioè verso la presa di responsabilità su se stesse e sulle proprie scelte, senza dover più delegare ad altri. I piccoli gruppi – inizialmente gruppi di autocoscienza – che hanno dato grande forza alle donne sarebbero, poi, andati a costituire il grande movimento delle donne. Questa storia ha più di mezzo secolo![…]