Sabato 28 aprile, poco meno di una ventina di solidali sono tornate/i di fronte alle mura del CPR di Ponte Galeria, per portare solidarietà alle donne che, lì rinchiuse, continuano a vivere sulla loro pelle l’oppressione della detenzione e delle deportazioni. All’arrivo in stazione, digos e guardie in accordo con il personale ferroviario, in attesa al binario, non sono però riusciti a impedire al gruppetto di prendere il treno. Anche questa volta abbiamo rotto il silenzio e l’isolamento che continuamente circonda le recluse, disturbando anche la serena giornata dei numerosi visitatori della fiera “Roma incontra il mondo” (e lo rinchiude nei cpr) con cori come “Nella tua città c’è un lager, il silenzio è complicità!”.
Alla presenza delle solite guardie in difesa del lager, sono stati trasmessi musica e interventi di sostegno. Già dopo i primi saluti abbiamo sentito le voci delle donne all’interno che gridavano “libertà”, nonostante gli operatori della prigione minaccino ritorsioni contro le donne che decidono di comunicare con le/i solidali all’esterno. Dalle notizie raccolte sappiamo che le donne recluse sono una trentina di varie nazionalità, per questa ragione i messaggi di solidarietà sono stati letti in diverse lingue.
Tra gli interventi hanno preso spazio inoltre gli aggiornamenti che arrivano dal CPR di Palazzo San Gervasio, vicino Potenza, che raccontano delle condizioni che vivono gli altri uomini lì rinchiusi ma anche la resistenza ai pestaggi della polizia, alle intimidazioni e alle minacce. Speriamo che questi racconti di lotta incoraggino le recluse e le facciano sentire meno sole nella loro resistenza tra quelle mura.
Alcune donne attraverso il telefono ci hanno fatto sapere che riuscivano a sentirci chiaramente, e hanno espresso la loro rabbia per la reclusione e le terribili condizioni di vita all’interno: bagni sporchi, assenza di prodotti per l’igiene personale, cibo immangiabile condito con tranquillanti, tempi lunghissimi per ottenere una visita medica specialistica e poter essere curate adeguatamente, presenza di operatori che le minacciano e offendono, avvocate che fanno man bassa di nomine tra le recluse ma poi trascurano i loro casi, dimenticando magari di portare al giudice documenti che sarebbero stati fondamentali per la loro liberazione. Da quello che si intuisce dall’interno, sembrano anche iniziati i lavori di ricostruzione dell’ala maschile.
Continueremo a batterci perché di ogni gabbia non rimangano che macerie e finché la distruzione di ogni frontiera non lasci tutte le persone libere di muoversi e di vivere dove desiderano.
Tutta la nostra solidarietà alle compagne di Potenza recentemente accusate di aver esposto uno striscione con scritto “Fuoco ai CPR” e a Eleonora, Theo e Bastien, da una settimana in carcere per aver lottato contro le frontiere in solidarietà con le persone migranti che le attraversano.
Tutte e tutti liberi.
Alcune nemiche e nemici delle frontiere