Lottare per la vita dei neri significa essere contro la polizia
(RadFag is a Black, mixed-class, queer femme dedicated to combining arts and education to inspire direct action. Their writing has been featured in the AK Press anthology Taking Sides, as well as at Truthout, Salon Magazine, Socialist Worker and other abolitionist and feminist-based media. )
A partire dall’omicidio di cinque poliziotti a Dallas e degli altri tre a Baton Rouge alcuni giorni fa c’è stata una nuova ondata di condanna del movimento Black Lives Matter, accusato di essere violento e guidato dall’odio. Ciò ha condotto al rinnovato sfogo, con retoriche apologetiche, da parte di membri della comunità nera, di leader e di giornalisti. Il coro è: “Il movimento Black Lives Matter non è contro la polizia – è contro le brutalità della polizia”.
Nonostante qualcuno abbia elogiato Obama per il suo sostegno al movimento pronunciato mentre parlava alla commemorazione per i cinque poliziotti morti a Dallas, il suo discorso ha contribuito attivamente a supportare questa narrazione. I suoi commenti sono stati un tentativo di sterilizzare le correnti radicali del movimento per le vite nere, nello stesso modo in cui gli scrittori embedded che mitizzano il movimento per i diritti civili hanno cancellato le sue rivendicazioni più radicali e le sue tattiche militanti […].
Fingiamo di dimenticare per un attimo che il presidente non ha mai fatto un’orazione funebre per un civile nero disarmato ucciso nell’applicazione della legge. Fingiamo di dimenticare che le morti di poliziotti sono storicamente molto poche, mentre le esecuzioni extragiudiziali di persone nere sono oggi quattro volte più alte che ai tempi di Jim Crow [l’epoca post guerra civile delle leggi razziali, n.d.t.]. Si dimentichi che si moltiplicano per il paese le voci che intendono criminalizzare il dissenso contro il razzismo della polizia in quanto questo viene considerato un crimine d’odio – una retorica che anche Obama ha incoraggiato. Anche mettendo da parte tutto ciò rimane il problema più grande, ossia la considerevole incapacità del presidente di fare qualsiasi cosa in più rispetto alla mera enunciazione sul valore della vita dei neri.
La vergognosa assunzione al cuore delle parole del presidente è questa: le persone nere che si sollevano contro il razzismo poliziale – un sistema intriso nella schiavitù e nella stratificazione di classe – sono responsabili di qualunque violenza accada contro l’applicazione della legge. Questo è immorale, l’assunzione continua, perché ciò significa che i poliziotti innocenti finiscono con l’essere associati al fuoco incrociato di pochi cattivi poliziotti.
Da questo punto di vista, il problema è solo la brutalità poliziesca – le tendenze violente di pochi singoli poliziotti. Sostenere che non ci sia nulla oltre a ciò – niente di storico o di sistemico – significa attaccare coloro che difendono i nostri diritti e la nostra sicurezza.
In una presa di parola pubblica in favore di Black Lives Matter, l’attivista e artista palestinese-americana Leila Abdelrazaq ha sottolineato giustamente la retorica abolizionista che sta al cuore del movimento, tracciando delle connessioni con il fatto che universalmente ci si aspetta che i palestinesi rispondando delle violente azioni di alcuni individui in modalità che invece lo stato di Israle non ha mai fatto. Alla radice di ciò, argomenta Leila, c’è la richiesta che gli oppressi dimostrino la loro umanità, legittimando così il loro diritto a difendere le loro vite – una richiesta che non viene mai fatta agli oppressori. […]
Abdelrazaq ha inoltre mostrato quanto fallace sia questa sorta di senso di colpa addossato agli oppressi, che in realtà è un tentativo di soggiogare un’intera comunità, un intero movimento: atti isolati di violenza contro la polizia screditerebbero la lotta per le vite nere, mentre i ripetuti e continui atti di violenza contro le comunità nere nel corso di secoli non contano nel discreditare il sistema di polizia, e la stessa nazione statunitense.
Ogniqualvolta parliamo di “brutalità poliziesca” stiamo sottendendo che tutte le istanze che si scontrano contro le comunità nere sono in realtà atti individuali di violenza perpetrati da singoli individui deviati. Questo approccio conduce fuori strada dalla verità profonda: che la polizia è in sé stessa brutalità.
Le azioni di singoli poliziotti – come i loro valori politici, i loro pregiudizi ecc… – sono irrilevanti. Il ruolo di applicatore della legge è quello di mantenere una struttura economica e sociale che dipende dallo sfruttamento delle persone nere, dei poveri, degli immigrati, dei queer, e che è totalmente indifferente rispetto alle nostre morti. Ciò che dobbiamo comprendere fino in fondo è che la polizia che ci uccide sta, nei fatti, semplicemente svolgendo il proprio lavoro.
C’è una crescente attenzione nel nostro contesto politico non rispetto alla salute mentale dei poliziotti (che io credo sarebbe una discussione utile) ma rispetto al loro morale. In effetti realizzare che si è una ruota di un grande ingranaggio che è stato costruito espressamente per proteggere alcuni cittadini attraverso l’isolamento e la neutralizzazione di altri dovrebbere essere demoralizzante.
I neri che lottano per le loro vite non dovrebbero essere accusati nel realizzare ciò. Guardarci con sdegno quando affermiamo queste cose significa proteggere gli obsoleti sistemi che ci hanno sempre danneggiato.
Non possiamo venir intimiditi dal senso di colpa, venir tacciati dalle bocche dei rappresentanti del sistema che non provano nessuna colpa, nessun conflitto interiore mentre affamano e smantellano le comunità nere. Dobbiamo invece reimpegnarci e sostenere con forza il messaggio e l’inalienabile valore dell’abolizione della polizia. E, sì, quando diciamo “abolizione”, intendiamo di tutta la polizia.
“Abolizione” è ancora una parola rispetto alla quale vedo che molti membri della mia comunità e del movimento sono restii. Talvolta è ritenuta inaccessibile o accademica – una questione che posso comprendere. Più spesso è ritenuta troppo radicale. Al più la si vede come un sogno, ma irrealistico. Un mondo senza polizia non lo si potrà mai ottenre. Perché allontanare potenziali sostenitori con un linguaggio così aggressivo?
Tuttavia, ciò che penso più ci spaventi nell’idea abolizionista è che noi stessi non siamo totalmente chiari su che cosa intendiamo con tale concetto, né siamo veramente convinti della visione di un mondo senza polizia.
Ho lavorato per due anni in un programma di sostegno per giovani trans e queer senza casa. E’ stato uno dei lavori più duri che abbia mai fatto, soprattutto per l’intenso carico emozionale che richiedeva, e per i veri pericoli della violenza fisica che sussistono nel territorio.
I giovani nel nostro programma erano soprattutto neri, trans e persone di genere non conforme, poveri, e spesso vittime di stupro e violenza da parte di poliziotti. Come suo valore centrale, il programma prevedeva di chiamare la polizia solo di fronte alle circostanze più disperate. Questo significa che conflitto, prevenzione della violenza e intervento erano quasi esclusivamente nelle mani dello staff e dei giovani assieme, con l’obiettivo di un accrescimento trasformativo delle persone, e col risultato che solo pochissime persone sono state allontanate.
Ho amato la comunità nella quale sono stata introdotta attraverso questo programma, e ho visto delle vie reali di approccio alla violenza senza il ricorso alla polizia e come questo aiuti a prevenire ulteriori violenze in forma di pestaggi, stupri, prigionia ecc.. Al contempo ho appreso che non chiamare la polizia non basta per fermare la violenza. Crisi mentali, depressione, drammi, transfobia, disoccupazione, abuso di droghe e altro sfociano regolarmente in conflitti e in forme di combattimento fisico.
E’ allora qui che risiede il valore cruciale dell’abolizione che spesso manca dalla maggior parte delle nostre tattiche e nelle nostre conversazioni, sia all’interno che oltre le comunità nere: l’abolizione non – e non può – significa la sola eliminazione della polizia e del sistema carcerario. Vedere solo questo aspetto, isolandolo, non risponde ai secoli di violenza i cui traumi sono tuttora incisi nella nostra psiche e nei nostri corpi, né può rispondere al problema della povertà, della misoginia, del razzismo, e di tutti quegli altri aspetti del sistema che ci terrorizzano ogni giorno.
Abolizione significa, fondamentalmente, la riconquista di risorse, non il loro annullamento. Annullare la polizia e le prigioni non ha senso se queste non vengono sostituite con le risorse che prevengono la violenza – casa, sanità, servizi di salute mentale, educazione pubblica, cibo nutriente, trasporti ecc.. Quando diciamo “abolizione”, stiamo parlando di una riconquista delle risorse che sono state sottratte alle nostre comunità e investite nella militarizzazione. Stiamo parlando del rivendicale e di incanalarle in opzioni e opportunità che rendano le nostre comunità più sane, pià felici e forti.
Questa è la sicurezza che ricerchiamo. Polizia e prigioni non hanno nulla a che fare con ciò.
Ieri [20 luglio, n.d.t.], in contemporanea con una serie di azioni in tutta la nazione, il Black Youth Project 100 e il collettivo #LetUsBreathe abbiamo bloccato l’Homan Square di Chicago – un centro di detenzione informale dove centinaia di persone sono state trattenute illegalmente, violentate e torturate dalla polizia senza aver accesso agli avvocati né ai famigliari. Il messaggio degli attivisti era chiaro: Non abbiamo bisogno di polizia; Finanziare il futuro dei neri; Quando le gabbie e le pistole saranno sostituite da scuole e acqua pulita, da giardini e centri di comunità, dalle case e quando le famiglie saranno indenni dall’incarcerazione, solo allora saremo liberi.
Confrontarsi con il violento stato-nazione significa sfidare le sue tattiche, non adottarle. A differenza del governo degli Stati Uniti, noi non tolleriamo l’omicidio nel modo in cui questo paese tollera i nostri omicidi quotidianamente. Ma siamo profondamente, ferventemente, contro la polizia. La responsabilità della morte dei neri non significa più morte, più incarcerazioni, anzi deve implicare il disarmo, la sottrazione di fondi e lo scioglimento degli ordini che ci uccidono. Quando diciamo abolizione, intendiamo la fine della polizia e del sistema carcerario, un netto disinvestimento nell’industria delle armi e nel business della guerra. Intendiamo un mondo senza polizia, senza galere, senza più genocidio dei poveri, dei neri e dei latinos su tutto il pianeta.
Questo non può essere ammorbidito o addolcito.
E in quest’onda di indicibile violenza, questo non può cambiare.
Traduzione a cura della redazione di Infoaut da RadFag
http://www.infoaut.org/index.php/blog/approfondimenti/item/17436-abolire-la-polizia