Secondo incontro del ciclo ALLA RADICE : Cibo e Crudeltà/la delega della violenza e il valore della morte.
Abbiamo notato come sempre più spesso l’accezione “crudele” (dal latino crudus, crudo in senso figurato si, ma anche dall’origine “gastronomica”) venga
associato a modalità non reputate “etiche” all’interno della vastissima gamma delle possibilità di procacciarci un pasto.
La crudeltà, come concetto, sottende il piacere associato alla sofferenza inflitta. E’ certo che anche il verbo pascere, ovvero godere, da origine a pasto, momento di alto benessere per corpo e spirito. Ma forse l’errore è nella tesi per cui dare la morte per soddisfare questo piacere primario non sia frutto di sadismo bensì di più che naturali tensioni armoniche col mondo che ci circonda?
L’essere umano moderno, ben lontano da tale equilibrio, si trova a delegare, qui sì piacevolmente, la morte dell’ambiente animale e vegetale, al commercio alimentare.
A volte affidandosi a etichette inneggianti al bio e al cruelty free si perde di vista la devastazione ambientale attuata dalle aziende e multinazionali alimentari.
Se pensiamo che per ottenere 1 kg di farina c’è bisogno di 10 mq di terreno coltivato con conseguente devastazioone e trasformazione del territorio, possiamo almeno provare ad immaginare che cosa significhi entrare in un supermercato e raccogliere tutti i chili di farina che gentilmente qualcuno ha riposto su quegli scaffali. Questo è solo uno degli esempi per capire l’impatto che abbiamo sulla Terra. Certo è che delegando a qualcun altro il lavoro sporco non ci sentiamo responsabili quanto lo è quest’ultimo. Perchè uccidere un maiale che magari abbiamo cresciuto con tanto amore ci sembra più violento che comprare un pacco di pasta al negozio dietro casa?
Che di carne o di ortaggi e cereali si parli non sembra forse lo stesso tipo di triste scenario? Riprenderci le nostre vite non dovrebbe significare per lo meno riappropiarci del piacere e della libertà di soddisfare i nostri bisogni? E se pure questo ci mettesse di fronte a problemi “etici” instillatici dalla società non sarebbe forse un modo per cercare di superare tali limiti?
Forse questo sistema capitalista ha proprio bisogno che noi non ci confrontiamo con la morte, animale o vegetale che sia, che non sviluppiamo capacità di affrontarla in ogni suo aspetto. E così usciamo dalla catena alimentare,per entrare a far spese in ben altro tipo di catene, perdendo, dimenticando, la possibilità individuale del soddisfacimento personale o credendo di poterlo sopperire coi servizi per le masse adeguatamente infiocchettati.
La sensibilità di ciascuno di noi è fondata su istinti soggettivi che possono avere le origini più disparate. Si può partire da categorie scientifiche, come sono le suddivisioni dei regni (animali, vegetali,funghi) che se da un lato sembrano ricalcare differenze evidenti come possono essere quelle tra un elefante e una margherita, nelle zone d’ombra mostrano tutti i propri limiti: pensiamo a un corallo e a una pianta carnivora. Teniamo sempre presente che queste suddivisioni sono state create dalla stessa forma mentis che ha creato tutte le aberrazioni che ben conosciamo e cerchiamo di criticare. Perchè quindi lasciare che siano il fondamento delle nostre analisi, senza cercare di metterle in discussione?
Qualcun altro sentirà particolare rispetto per un albero molto grande come una quercia secolare rispetto a un getto di rovo, o d’altro canto per una mucca piuttosto che per un moscerino, andando a stabilire dei criteri basati sulla grandezza.E potremmo fare esempi basati sulla piccolezza o su qualsiasi altro aspetto. Non è forse vero che un gesto, se giudicato violento, rimane tale verso qualunque di questi insiemi? Un discriminante valido potrebbe essere il movente per cui lo si compie;
e ancora, siamo sicuri che un atto se reputato violento debba essere eliminato dalle nostre possibilità?
Anche in questo secondo incontro vorremmo analizzare alla radice concetti sedimentati in noi, che troppo spesso diamo per scontati, utilizzandoli come base della nostra critica.
Provando a distruggere tutte le categorie coglieremmo in un lampo la caduta immediata di tutti i castelli di sabbia che ci costruiamo giornalmente e non resterebbe che il nulla. Non resterebbe che la volontà individuale di perseguire un proprio biSogno.