15 ottobre 2011
15 ottobre 2011: migliaia di persone scendevano in piazza; la crisi economica, le politiche di austerità, la precarietà e l’inaccessibilità dei luoghi di formazione si facevano sempre più stringenti. Tanti e tante animavano quel corteo contro la retorica della crisi e contro le ricette che il capitalismo si è dato per “uscirne”: quel giorno non si poteva, non si voleva trattenere la rabbia. Quel giorno la rabbia di tantissime persone eè esplosa, resistendo anche a cariche e caroselli della polizia che attraversavano piazza San Giovanni. Oggi, a 5 anni di distanza, è’ arrivata la sentenza che chiude il primo grado di giudizio del processo a carico di 17 persone che presero parte a quella giornata. Un processo che, in tutti i suoi passaggi, si è’ palesato come essenzialmente politico (più che giuridico), a cominciare dalle imputazioni e dall’ impianto accusatorio, per finire con l’atteggiamento in aula del pubblico ministero e il tenore della sua requisitoria. La sentenza (escludendo due assoluzioni) commina pene che vanno dai tre mesi ai nove anni di reclusione, cui si aggiungono, per alcuni, la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento dei danni. Danni che sono stati liquidati per 80.000€ a favore del ministero della difesa, 80.000€ al ministero dell’interno, 40.000€ al ministero dell’economia, 60.000€ a Roma capitale e 20.000€ ad A.m.a. E’ stata poi disposta la trasmissione degli atti alla procura di Roma che dovrà valutare l’atteggiamento delle forze dell’ordine, più volte sottolineato dagli avvocati difensori e indicato come eccessivo e sconfinante nell’abuso di potere. L’intento è’ chiaro: punire alcuni per reprimere tutti. Condannarne 15 per fermare tutti gli altri. Ma la rabbia che quel giorno animava il corteo non può essere arrestata né archiviata con una sentenza. Per quanto questo sistema provi a darsi degli strumenti (giuridici o economici) per escludere, marginalizzare e reprimere, noi continueremo sempre ad alzare la testa.
Libere tutte, liberi tutti!
Una compagna
Questa voce è stata pubblicata in
Repressione e contrassegnata con
repressione. Contrassegna il
permalink.
Solidarietà!