Il neoliberismo fascista
di Elisabetta Teghil
L’abitudine invalsa di usare la parola “fascista” come insulto, in maniera superficiale, generica e/o strumentale e ricattatoria come è stato ed è costume della socialdemocrazia nei riguardi di qualsivoglia oppositore compresa la sinistra di classe tacciata spessissimo come “violenta e squadrista”, ha fatto sì che questa parola sia stata privata del suo vero significato, svuotata dal contenuto politico e relegata nel novero di quelle che non vengono più prese in considerazione.
Ma il fascismo è caratterizzato da alcuni principi fondanti molto precisi.
Prima di tutto, come anche il nazismo, è determinato dal governo diretto dei potentati economici. Questo comporta la riduzione e poi l’annullamento delle forme di mediazione politica che la forma borghese così detta “democratica” prevede: partiti, sindacati…..le stesse camere parlamentari….che dovrebbero fare da filtro tra i cittadini e il potere e attraverso le quali con lo strumento del voto si dovrebbero poter definire sia gli assetti dello Stato, sia il tipo e la durata della delega politica.
La scomparsa di queste strutture di mediazione avviene attraverso campagne di demonizzazione del fare politico, con la denuncia della corruzione e del lassismo che attraverserebbero le istituzioni, con lo spauracchio dell’impossibilità di governare, con lo sbandieramento dell’insicurezza sociale che risulterebbe da una mancanza di decisionismo e di fattibilità concreta e funzionamento dei servizi “quando c’era ..Lui…i treni arrivavano in orario…”si diceva.
Viene, quindi, auspicata una semplificazione funzionale della struttura politica e l’accentramento del potere in poche mani, con un personaggio politico di riferimento che incarni lo Stato.
Poi, la società fascista è caratterizzata da una rigida collocazione di classe: la conflittualità fra le classi è demonizzata e/o taciuta, a seconda delle esigenze, perché ognuno nel posto che gli viene assegnato nel sociale, deve contribuire alla grandezza della così detta “patria” dove non esisterebbero più sfruttati e sfruttatori bensì persone che, ognuna nel suo ruolo, dovrebbero remare nella stessa direzione e, chiaramente, se qualcuno ha un posto di comando o è ricco, è perché o è più intelligente o è più capace.
Ne deriva l’esaltazione del ruolo di comando, in tutti gli ambiti, una forte gerarchizzazione e ruolizzazione della società e della famiglia in cui i ruoli sessuati vengono fortemente ribaditi. (mito della virilità, della madre, condanna dei comportamenti sessuali “anomali”…)
Chiaramente chi non rema nella direzione auspicata, non è portatore di una visione diversa, bensì un nemico. Il dissenso viene quindi affrontato in maniera poliziesca e il controllo sociale è serrato a tutti i livelli. Vengono coltivate ed esaltate nella società le caratteristiche peggiori dell’essere umano: servilismo, delazione, autocensura, controllo del vicino di casa e del collega di lavoro, autocontrollo comportamentale.
La pretesa di controllare la vita di tutti e di tutte è la diretta conseguenza di un rigido codice che infantilizza la popolazione e spinge all’obbedienza senza critica, vale a dire che la legge, la legalità e quindi lo Stato sono depositari della morale e della verità.
L’esaltazione di una nazione, di un territorio, di una gente che si deve sentire superiore, chiaramente spinge al razzismo che viene, infatti, teorizzato ed enfatizzato e fornisce lo strumento per garantire agli strati poveri e subalterni della società quella rivincita che altrimenti potrebbero trovare altrove.
I soggetti “inferiori”, “sgraditi”, quelli fuori dalla norma vengono internati. I campi di internamento rispondono prima ancora che alla costrizione di soggetti politici dissidenti, al contenimento delle soggettività “anomale” o “inferiori” dal punto di vista razziale, sessuale, sociale….
In questo scenario la guerra diventa momento fondante dell’ideologia fascista. Nella sostanza la violenza diventa asse portante della risoluzione dei conflitti sul fronte interno dei rapporti fra cittadini e Stato e sul fronte esterno nei rapporti tra le Nazioni e con i popoli ritenuti inferiori e quindi colonizzabili, dove l’occidente dovrebbe esprimere la sua missione colonizzatrice.
Vorrebbero farci credere che il nazismo e il fascismo siano stati delle anomalie del corso della storia, dei momenti di aberrazione e di follia collettiva, bensì non è così. Nazismo e fascismo sono tutti interni alla borghesia che li usa e li sdogana ogniqualvolta ne ravveda la necessità.
Domani ricorre il 25 aprile, ci saranno sfilate, commemorazioni, corone di fiori e discorsi ufficiali che condanneranno il nazismo e il fascismo in orbace, tutti rituali oleografici, nella migliore delle ipotesi, inutili, e, in quella più realistica, pericolosi perché non vogliono che ci rendiamo conto della realtà in cui siamo infilate/i.
Tutto quello scritto finora non vi risuona nella società che stiamo vivendo e che ci stanno costruendo? Quali sono le caratteristiche del fascismo e del nazismo che si ritrovano nella società neoliberista?
E’ in atto, da diversi anni ormai, una demonizzazione del fare politico attraverso concetti che pensavamo appartenessero ad un altro tempo e non certo ad una società che ha attraversato le lotte degli anni ’60 e ’70, concetti come “la politica è sporca”, “i partiti sono tutti uguali”, “sono tutti un magna-magna”, “non esistono più la destra e la sinistra”…e che sono, invece, passati nel comune sentire. Un susseguirsi di scandali e di ruberie, di spese fatte con le carte di credito istituzionali, di privilegi e di prebende, scoperte attraverso le intercettazioni telefoniche diventate strumento fondante di qualsiasi indagine o attraverso le denunce anonime, che spingono il cittadino/a a scagliarsi contro la “casta”. Ma tutto questo c’è sempre stato, solo che nessuno aveva interesse a tirarlo fuori o se qualche volta qualcosa veniva a galla, veniva subito insabbiato. Allora perché adesso? Perché in questo modo è stato possibile, con il consenso di tutti, sinistra antagonista compresa, togliere l’immunità parlamentare, un elemento chiave della democrazia parlamentare borghese (e non solo, dato che i tribuni della plebe appartengono a tutt’altro tempo) che tutela la minoranza, facendo dimenticare ai cittadini che sarà proprio chi si batte contro le ingiustizie, contro le differenze sociali… che non sarà eletto perché occupare una casa, attaccarsi abusivamente alla corrente e via discorrendo sono tutti reati penali e che, comunque, la possibilità di eliminare in questo modo un avversario politico apre ad un imbarbarimento profondo del fare politico. Fino poi all’ultimo atto che è lo snaturamento delle Camere con l’abolizione di fatto del ruolo del Senato. Per questo sarà importantissimo votare NO al referendum per le riforme costituzionali in ottobre.
Abbiamo un parlamento illegittimo e un presidente del consiglio che non è stato eletto da nessuno/a e che è il segretario del partito che si è assunto il compito di naturalizzare il neoliberismo nel nostro paese. E questo è un dato di fatto che viene dalla semplice lettura dei passaggi che il Pd ha fatto nelle sue varie trasformazioni e delle sue leggi e dei suoi governi. Renzi è il governatore per conto della multinazionali anglo-americane di un’Italia trasformata in colonia. E la socialdemocrazia riformista, nella migliore tradizione fascista, si pone come il partito del fare.
“ Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto”( Roma, Camera dei deputati, 3 gennaio 1925-Discorso di Mussolini sul delitto Matteotti)
“Sono addolorato e mi assumo tutta la responsabilità..” (discorso di Matteo Renzi sulla questione della Basilicata)
Assumersi tutta la responsabilità di fatti così gravi economicamente e democraticamente come quelli riguardanti la Basilicata, significa arrogarsi il monopolio del fare politico e pretendere di incarnare il potere, significa il governo diretto dell’esecutivo a dispetto di quella che ancora chiamiamo democrazia.
Questo non significa credere nella democrazia parlamentare, che altro non è se non la forma di ottenimento del consenso che si è data la borghesia al potere, ma paradossalmente, nella stagione attuale, difendere le così dette istituzioni democratiche rappresenta una forma di resistenza al neoliberismo che avanza in maniera devastante.
La socialdemocrazia riformista, cioè il PD e i suoi accoliti, è riuscita ad azzerare in poco tempo, con un efficientismo degno di miglior causa, lo stato sociale, a trasformare la scuola in un dispositivo fortemente gerarchizzato, autoritario, meritocratico dove la delazione e la denuncia regnano sovrane e dove, basta guardare agli ultimi avvenimenti in alcuni licei, vengono chiamati i carabinieri a ristabilire l‘ordine interno.
“Le supplenze ai posti di ruolo e gli incarichi di insegnamento di qualunque specie sono scelti e conferiti dal Preside.” Non è un articolo della “Buona Scuola” bensì l’art.27 della Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 2 giugno 1923-Firmato Benito Mussolini.
Il Pd è riuscito a distruggere il mondo del lavoro, impostando anche in questo ambito una scala di valori che vede la gerarchia e il controllo come fondanti del rapporto lavorativo oltre alla meritocrazia che non è altro che la capacità di servire e il grimaldello per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. E ha limitato fortemente il diritto di sciopero
“Il principio che l’organizzazione sindacale non deve basarsi sul criterio dell’irriducibile contrasto di interessi tra industriali ed operai, ma ispirarsi alla necessità di stringere sempre più cordiali rapporti tra i singoli datori di lavoro e lavoratori, e fra le loro organizzazioni sindacali….” (Patto di Palazzo Chigi fra Confindustria e Confederazione generale delle Corporazioni fasciste, 21 dicembre 1923)
E, nonostante questo, riesce ad avere il consenso con cui, per favore non ficchiamo la testa sotto la sabbia, è andato al potere il fascismo negli anni ’20.
Assistiamo ad un trascinamento evidente dallo Stato di diritto allo Stato etico, di nazista memoria, attuato attraverso il politicamente corretto. Il neoliberismo si arroga il diritto di normare ogni aspetto della nostra vita, compresi i più banali atti della vita quotidiana e, allo stesso tempo, la dedizione al neoliberismo dovrebbe occupare tutto il tempo del quotidiano. I servizi sociali hanno assunto connotati di tipo poliziesco. Le famiglie povere si vedono portar via i figli perché non sono in grado di mantenerli o perché hanno occupato una casa invece di accettare una vita sotto i ponti. Ci vengono in mente i campi di internamento nazisti, come quello di Ravensbruck per sole donne, dove le ragazze venivano internate su segnalazione dei servizi sociali perché etichettate come “asozialen”.
E, infatti, anche la nostra società prevede i campi di internamento. Si chiamano CIE e sono stati istituiti dalla Legge Turco-Napolitano nel 1998 che ha introdotto il concetto di detenzione amministrativa per cui si è internati/e non per aver commesso un reato ma per una condizione. Un concetto, Taterschuld, nato nella Germania nazista degli anni 30.
Ora sono destinati ai migranti irregolari, ma potranno essere usati per chiunque risulti non gradito al sistema.
Il razzismo è un connotato saliente della società neoliberista. Come anche la guerra.
Sul fronte esterno viene riproposto con forza il concetto di guerra neocoloniale. Sotto le mentite spoglie delle “guerre umanitarie” viene ribadita la superiorità dell’Occidente e della razza bianca che si arroga il diritto di portare la democrazia allo stesso modo di come, un tempo, portava la civiltà. Ma questo comporta dei risvolti devastanti anche sul fronte interno perché ribadisce da un lato fortemente il razzismo perché le popolazioni occidentali si sentono superiori ai popoli “senza democrazia” da cui, addirittura, si sentono minacciate e, allo stesso tempo, si sdogana la violenza come regolatrice dei rapporti anche interpersonali e privati. Voi pensate veramente che una persona che agisce violenza sul posto di lavoro pugnalando alle spalle il collega e che trova normale andare a uccidere popolazioni “barbare”, non agisca violenza contro chi ritiene più debole o diverso o in famiglia? Pensate davvero che possiamo essere diversi/e sul posto di lavoro e a casa? o in uno scenario di guerra e nei nostri territori?
Ma siccome l’ideologia neoliberista si muove con modalità specifiche, applica concetti fascisti e nazisti nella maniera che le è più congeniale, dato che ha assunto l’armamentario lessicale e formale della socialdemocrazia. Tutto il bagaglio culturale della così detta sinistra viene sussunto, rimasticato ed usato in un’aberrazione di società, quella che può essere definita dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista, dell’antifascismo fascista.
Il fascismo esplicito e in orbace viene sdoganato dal neoliberismo all’occorrenza. E’ doppiamente utile perché, quando serve, la violenza squadristica può dissuadere il dissenso e allo stesso tempo permette alla socialdemocrazia di presentarsi come salvaguardia dello “Stato democratico” rispetto agli opposti estremismi. E ricordiamoci sempre che la socialdemocrazia tedesca ha spianato la strada al nazismo.
Essere antifasciste e antifascisti oggi significa riconoscere dove si annida il fascismo e il nazismo nella nostra società e smascherare, quindi, il PD, annessi, connessi e collaterali.