#Colosseo#lavoltabuona#cultura ostaggio dei sindacati(secondo Renzi)
di Nella
Oltre all’uso a buffo dell’aggettivo “buono” che quasi mi ricorda quando a mensa, da bambina, ti presentavano quei piatti orribili dicendoti: “Mangia è buono!!” questo è lo stesso effetto che mi fa quando ne parla Renzi, uno che rappresenta il presente e il futuro della politica neoliberista.
Secondo Franceschini la gestione dei beni culturali dovrebbe essere pubblica perché “la misura è colma” “sono beni essenziali”. Posto il fatto che sarebbe necessario definire cosa è necessario visto che i beni necessari come la casa, un esempio per tutti, ce li tolgono, ricordiamoci che proprio loro hanno provveduto a gestire il patrimonio culturale come un bene commerciale da privatizzare e esternalizzare, rendendo possibile l’accesso alla cultura solo a pochi e sempre sotto la forma di Grande Evento.
Tutto svuotato, rimane solo l’apparenza.
Seguiamo delle mode imposte dal neoliberismo, basti pensare all’Expo che ha coinvolto la produzione culturale mainstream e accademica con stage, corsi universitari, mostre come l’ultima sulla nutrizione all’Ara Pacis.
Poi, cosa succede ai lavoratori e alle lavoratrici, alle persone, non conta, non importa che abbiano contratti da fame, orari spezzati, che non vengano pagate le indennità o gli straordinari, interessa solo che stiano al loro posto, puliti e ordinati, tutto in funzione del turista, manco più del cittadino/a, alla faccia di chi ancora sostiene che i poteri forti non sono transnazionali.
Non difendo certo i sindacati confederali come CGIL, CISL, UIL ma mi fa ridere che la “carissima Susanna” sia ri-diventata di sinistra solo per aver detto che è normale fare un’assemblea di lavoratori e che addirittura sia il Fatto a giustificarli dicendo che hanno rispettato la burocrazia!!
Compila il modulo per fare il ribelle, grazie!
L’egemonia culturale neoliberista oramai ha reso il cittadino/a medio/a COLLABORAZIONISTA, un individuo che si arrangia come può per non morire, che si sposta di un centimetro alla volta ma non verso il miglioramento ma per adeguarsi allo status quo.
Mi ricorda tanto il film “L’arte di arrangiarsi” dove il borghese sopravvive perché camaleontico.
In tutto questo la solidarietà sembra morta, o comunque anche qui non è per tutt# esiste solo se hai una tua rete di salvataggio. Nessuno appoggia i lavoratori, anzi questi vengono linciati sulla pubblica piazza perché il turista di turno è indignato per il disagio o vengono precettati come è successo agli autisti dell’Atac, perché lo sciopero non deve disturbare “il primo giorno di scuola” e il cittadino qualunque si infuria e si indigna chiedendo licenziamenti.
La colpa è più in alto non guardate per terra.
A questo si aggiunge pure il collaborazionismo legato a un perbenismo di facciata: adéguati a chi ti ordina di pascolare solo in quello spazio recintato, indìgnati per una scritta e pulisci i muri o dipingi i muri solo se ti danno il permesso! l’arte di strada è di moda, ma di “strada” non è rimasto nulla, nemmeno la location.
L’arte non è per tutti, il lavoro deve essere sfruttato.
Altro che lavoratori unitevi! Ci vorrebbero unire ma contro chi “imbratta” e chi “provoca disservizio”; questo è facile perché sono stati distrutti e smontati tutti i luoghi di resistenza al neoliberismo, siamo nell’epoca del transnazionale. Però c’è qualcosa che si può fare, un nemico vicino da combattere e che sappiamo dove trovare, parlo del PD che da molto tempo ormai attua leggi che permettono lo smantellamento di Cultura, Sanità, Scuola e Diritti.
Potremmo non pagare i biglietti dell’autobus, del cinema e dei musei, e sia chiaro che autoridursi le spese non c’entra niente con il non pagare gli stipendi, perché dato che la cultura è profitto sono le grandi multinazionali che al massimo ci rimettono con gli incassi, non il lavoratore. Non ci facciamo irretire con l’idea che noi siamo l’azienda e che se lavoriamo meglio miglioriamo anche la nostra vita. La nostra vita dovrebbe essere altro.
Se un governo “permette” ai privati, all’economia transnazionale di mortificarci, di avvilirci, di calpestarci e di sottometterci oltre ogni misura, allora il patto sociale è rotto da chi ci opprime e quindi dovremmo riprenderci quello di cui abbiamo bisogno, e con bisogno voglio intendere tutto ciò che vogliamo. E noi vogliamo tutto!