Amiala ch’a l’aria, amia cum’à l’è…
di Dora Picasso
Chiavari, 11 novembre 2014.
Alcune considerazioni: manco dalla mia città ormai da anni, durante i quali ho seguito, dallo schermo di un computer o di un televisore, tutti i dissesti idrogeologici e le alluvioni cui la Liguria sembra condannata.
Ogni volta il copione si ripete, inizia il giro di telefonate, il senso di disperazione si mescola a quello di impotenza nel non poter essere lì a fare qualcosa-qualunque cosa; poi arriva la rabbia, quella dettata dalla consapevolezza che questi disastri sono in realtà “innaturali”, e le colpe hanno nomi e cognomi e facce ben precise.
Infine c’è l’infinita gratitudine mista a stima nei confronti di chi – riconosco qualche faccia dallo schermo – puntualmente imbraccia pala e galosce e ci mette del suo per rimettere in piedi il suo angolo di paese, quello che fa la differenza per infondere coraggio.
Quest’anno a Chiavari ci sono: arrivando a piedi da Lavagna – dove sono rimasta bloccata stanotte – le conseguenze della nottata di pioggia incessante hanno un impatto pazzesco sulle mie retine, in tutti questi anni protetti dalla distanza di un monitor.
Se leggessi in un racconto, di automobili in cerca di salvezza nelle aiuole della piazza, di manichini infangati e muti fuori dai negozi, di melma ovunque, pronta a strozzarti le caviglie, di case senza acqua potabile, senza luce, di vite in preda al panico sordo di quando perdi tutto, il negozio, il magazzino, la tua casa che ha l’unico neo di essere al primo piano nel posto sbagliato, di un torrente che arriva ai rami degli alberi nella sua disperata corsa verso il mare, penserei ad una distopia in cui, dopo decenni di avvertimenti, la natura ha vinto e l’uomo, rassegnato, perde tutto.
Chiudo il libro e guardo fuori dalla finestra: continua a piovere, e questa è la realtà. E il momento di cambiare pagina ce l’abbiamo sotto gli occhi.
DAGGHE CIAVAI!