LA BUONA SCUOLA????? BUONA, PERCHE’ SI MANGIA?
di Noemi Fuscà
Questo perché la scuola intesa da Renzi sarà responsabilità e frutto della collaborazione degli studenti, del governo, degli insegnanti. Proverò ad analizzare punto per punto questa riforma. Userò direttamente la fonte per descrivere l’ennesimo, e nemmeno troppo creativo sfacelo della scuola.
COMINCIAMO
“Tutto ciò che è proposto in questo Rapporto lo abbiamo studiato, vagliato, incubato negli ultimi mesi. Oggi lo offriamo perché sia oggetto di dibattito e confronto fino a novembre, nel quadro di quella che vogliamo diventi la più grande consultazione-trasparente, pubblica, diffusa, online e offline- che l’Italia abbia mai conosciuto finora.
Lo offriamo ai cittadini italiani: ai genitori e ai nonni che ogni mattina accompagnano i loro figli a scuola; ai fratelli e alle sorelle maggiori che sono già all’università; a chi lavora nella scuola o a chi sogna di farlo un giorno; ai sindaci e a chi investe sul territorio. Lo offriamo a tutti gli innovatori d’Italia.
Perché non esistono soluzioni semplici a problemi così complessi.
Perché ci aiutino a migliorare le proposte, a capire cosa manca, a decidere cosa sia più urgente cambiare e attuare.
Perché per fare la buona scuola non basta solo un Governo.
Ci vuole un paese intero.”
Quindi se tra 10 anni questa riforma sarà stata un fallimento, potranno dirci che è anche colpa nostra. Abbiamo partecipato. Questo modello di partecipazione, infatti tende a infantilizzare più che a responsabilizzare il “cittadino”, che può agire in un determinato recinto ben delimitato dove può giocare senza farsi male, solo qui si possono dare consigli capendo che qualcosa andrà sacrificato. Come vedremo nel resto del testo nulla è stato cambiato realmente, nella proposta ben nascosta da una grafica al passo con i tempi molto vintage, ma moderna ci sono dei trabocchetti pericolosi. In sintesi poco cambia rispetto alle ultime riforme scolastiche, ma la forma con cui viene proposta, la collaborazione/coordinazione con il fantomatico territorio per costruire un’ autonomia delle aziende scolastiche spaventa molto. Un merito Renzi, ce l’ha, ha messo a lavoro i suoi migliori comunicatori per vendere un prodotto, che butta fumo negli occhi.
Mi colpisce che una riforma, non un locale di tendenza, studi molto accuratamente l’appeal che deve generare quel documento forse perché sono consapevoli, che già dalla nascita una riforma della scuola, stimola ostilità, anche al più sincero democratico perché io ho 31 anni e ne ho subite di riforme!
Questo incipit mi sembra voglia ammettere che la rappresentanza come filosoficamente l’abbiamo sempre intesa, sia in crisi e che quindi si cerchi un modello che inciti “gli italiani” a prendere parola. Questo perché si pensa che facendo finta di ascoltare le richieste esterne si crei una rappresentazione di una vera democrazia? Forse, il mio è un pensiero un po’ forzato, ma non credo molto lontano dal reale.
Nell’intro notiamo una prima particolarità, l’uso della parola Istruzione e della parola Formazione, la scuola di Renzi, (ma anche le precedenti, solo che non lo dicevano chiaramente e imbellettato come ora) è una scuola di FORMAZIONE.
Il passaggio da istruzione (Per istruzione s’intende tanto il processo di trasmissione di conoscenze (nozioni) da parte del docente, quanto il risultato della loro acquisizione da parte del discente. L’istruzione si fonda sulla capacità acquisitiva, conservativa e applicativa dell’intelletto e come tale è tipica dell’essere umano). La parola “formazione” che in italiano s’identifica, soprattutto, con le scuole che formano per un lavoro, è un concetto molto legato al livello professionale che si vuole raggiungere. Di per sé non ha un significato negativo ma, utilizzato come definizione politica per il nostro sistema scolastico spaventa perché rende vano il principio in cui ci possa essere un rapporto di scambio tra insegnante e alunno, dove la capacità cognitiva e gli stimoli culturali siano il fondamento di questo rapporto, ma come poi succede (pensiamo agli Invalsi) prevale la meritocrazia e il prestigio. La differenza di concetto su due termini reimpostati rispetto alla Scuola, mi suona molto come prevalere della forma sul contenuto.
Il documento è diviso in sezioni, come dicevamo, la prima di queste sessioni è ASSUMERE.
Certo è vero che l’organico di fatto è un problema, è un problema avere scuole distanti, dover accumulare ore per raggiungere la giusta quota settimanale.
Cosa ci propongono?
“Si tratta di realizzare concretamente quanto già previsto in via sperimentale dal 1999 e in via generale dal 2012: l’organico dell’autonomia, ovvero un team di docenti che aiuti la scuola a gestire da sola, o in rete con altre, le molte attività complementari all’ordinaria attività didattica: dallo sviluppo delle eccellenze e dal recupero all’integrazione al sostegno ai ragazzi diversamente abili; dalla programmazione del fabbisogno scolastico e della gestione delle supplenze all’aumento del tempo scuola, alla gestione di progetti e – più in generale – all’ampliamento dell’offerta formativa.”
Un’offerta formativa, che sembra quella del supermercato, dove confezionano didattiche come fossero brand o nuove merendine da mettere sul mercato. Tutto è guardato con ottica capitalistica, si parla d’investimenti privati, di sostegno, ma il punto centrale non è la nostra educazione, per usare un termine che anche questo è lontano da noi, e quella delle generazioni future, ma quanto poter guadagnare dal mondo dell’istruzione e come usarla per governare le masse. Il Capitale ci ha sempre voluti/e ignoranti, perché governare e sfruttare un paese ignorante è più facile, ma qui gli interessi sono reali ed economici. Il problema del contenuto della didattica, della possibilità di avere o no attività extra-scolastiche o di poterci permettere il sostegno adeguato alla richiesta degli alunni è surclassato dalla competitività dell’offerta formativa.
Continua poi la pretesa, possibile per il governo Renzi, proprio perché non eletto, ma insediato per la nostra salvezza e non certo per scaldare la poltrona, dice lui e i suoi, di dirci che i precari che sono in attesa da prima della chiusura della SSIS , ora con il nuovo sistema Tfa saranno tutti integrati, WOW! che poi sarebbe meraviglioso che assumessero tutti e che un ragazzino a scuola riuscisse ad avere un solo insegnante invece di 4 supplenti mandando a cagare la qualsiasi possibilità di studiare quella materia…certo ma di chi è colpa che il sistema funziona così??? Non vorrei andare ora a ritroso nella storia delle riforme scolastiche, ma il quadro che si prefigura nelle ultime è che le assunzioni siano legate ad un programma che punta alla competitività, alla meritocrazia e alla privatizzazione. Si tratta quindi del solito spauracchio capitalista che promette lavoro dove distrugge un settore pubblico e che legherà il concetto di cultura a quello mercificato di offerta, creando un finto binomio tra proposta innovativa e lavoro. Insomma a me ricorda il caro vecchio American Dream.
“rispondere in maniera più che efficace al richiamo che ci arriva dall’Europa”
Questo è uno dei loro obbiettivi, tanto per capirci. Infatti definiscono il mondo della scuola dominato da uno “stato d’eccezione”, sembra che una volta imparato un vocabolo l’essere umano debba usarlo in qualsiasi contesto solo per poter definire la propria conoscenza. A parte gli scherzi invito a studiare cosa sia lo stato d’eccezione, almeno per capire che quelle scelte politiche nel campo dell’istruzione sono state la norma non l’eccezione dalla Riforma Berlinguer almeno.
Chimera delle assunzioni per le supplenze. Se le aboliamo, davvero risparmiamo?? Qui i punti emergenziali sono due: assumere tutti/e coloro che sono nelle graduatorie ed assumere solo attraverso concorso. Per capire meglio tutto questo consiglio di leggere il primo punto dell’allegato La Buona Scuola, consultabile online.
Ma passiamo al secondo punto Formazione dei docenti, si definisce la loro formazione CODIFICATA che mi suona molto come omologata.
“Ci si aspetta inoltre che non insegnino solo un sapere codificato (più facile da trasmettere e valutare), ma modi di pensare (creatività, pensiero critico, problem solving, decision-making, capacità di apprendere), metodi di lavoro (tecnologie per la comunicazione e collaborazione) e abilità per la vita e per lo sviluppo professionale nelle democrazie moderne.”
La meritocrazia, quindi viene delineata anche per i docenti come si tenta di fare per la Pubblica Amministrazione. E’ solo colpa dei cattivi impiegati/insegnanti se la scuola va male? Ma a questa domanda il Governo pensa di aver risposto, con la proposta dell’abolizione delle GAE (graduatorie assunzioni fino all’ esaurimento).
La questione non si dirime così facilmente, questi insegnanti, infatti dovranno adeguarsi a dei criteri meritocratici, perché le fasce di anzianità delle graduatorie sono abolite, l’anzianità ora è un problema che ferma la crescita del paese. Certo questo non è un paese per vecchi, ma è un paese di vecchi e non credo che la soluzione sia questa. La progressione di carriera per anzianità non è il massimo, ma, in una società come la nostra, classista, è il male minore. La meritocrazia premia estrazione sociale, amicizie, cordate politiche e, comunque, sdogana il peggio degli esseri umani, delazione, arrivismo, pugnalate alle spalle, ipocrisia. Per me la soluzione starebbe nella distruzione del capitalismo e del patriarcato, non anelo a tanto, ma almeno non a una scuola che foraggi il principio di “prestigio scolastico”.
“Per fare questo, bisogna rendere obbligatoria la formazione, e disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da legare alle possibilità di carriera e alla possibilità di conferimento di incarichi aggiuntivi (vedi Capitolo 3). Questa formazione obbligatoria non potrà essere calata dall’alto, ma dovrà essere definita a livello di Istituto. Inoltre, la nuova formazione permanente dovrà fondarsi sul superamento di approcci formativi a base teorica, e dovrà essere mutata invece in un modello incentrato sulla formazione esperienziale tra colleghi, attraverso la creazione di una rete di formazione permanente dei docenti. La nuova formazione farà leva su quattro elementi fondamentali. Anzitutto il ruolo centrale dei docenti nel coordinamento, perché un docente è il formatore più credibile per un altro docente. Secondo, la valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti. Terzo, la centralità di reti di scuole per raggiungere ogni docente e l’identificazione di poli a livello regionale, su cui concentrare partenariati di ricerca per l’innovazione continua.
Quarto, il ruolo cruciale riconosciuto, all’interno della singola scuola, agli “innovatori naturali”, che dovranno avere la possibilità di concentrarsi sulla formazione, e che saranno premiati con una quota dei fondi per il miglioramento dell’offerta formativa che verrebbe vincolata all’innovazione didattica e alla capacità di miglioramento, valutata annualmente.”
Molto bravi a vendersi, l’uso del linguaggio, la scelta delle parole, bravi davvero, ma in sostanza le responsabilità sono delegate alla famosa autonomia dell’istituto e alla professionalità degli insegnanti, poi certo ci sono queste associazioni che ricordano un po’ un vecchio corporativismo, tutto questo perché si pensa ad omologare la preparazione dei docenti a dei parametri che non sono culturali ma economici, tutto deve essere spendibile. Non sono certo contraria alla continua formazione, in fin dei conti anche io, senza motivo, mi leggo queste porcate per poi scrivere, informarmi, analizzare anche questa è formazione a mio avviso. Ma sono contraria ad una formazione che vincola il lavoratore/trice ad essere sempre più produttivo/a, e lo/la lega a doppia mandata ad una meritocrazia classista.
Qui, poi, la proposta di far uscire i docenti dal “grigiore dell’indifferenziazione”, ma tutto nella vita deve essere vissuto come una competizione? Davvero essere premiati perché più bravi e volenterosi di qualcun altro può essere un parametro di giudizio? E poi ma che cazzo significa investire su se stessi/e? Credere da soli/e nelle proprie capacità e continuare a seguire il gioco, adattarsi. Non mi piace, non è questo che voglio insegnare ai ragazzi/e del domani. E’ proprio lo Stato che a quanto pare ci chiede questo sforzo di non sederci sugli allori ma di reagire sempre ad ogni nuova circostanza. Per questo verrà revisionato lo status giuridico dei docenti per una valutazione che si basi sul loro rendimento, come in fabbrica e non sull’anzianità. Ci saranno tre forme di crediti: DIDATTICI (qualità dell’insegnamento); FORMATIVI (simili a quelli universitari, si conseguono attraverso altre attività); PROFESSIONALI (quanto ci si sbatte dentro alla scuola). Tutto ciò verrà giudicato da un Nucleo di Valutazione interno alle scuole con un membro esterno. Gli scatti funzioneranno come SCATTI DI COMPETENZA, quindi una base periodica, ogni 3 anni ci sarà uno scatto retributivo e poi ogni anno in base a modalità ACCESSORIE. E’ di recente uso questo termine, ricordate, dipendenti pubblici che hanno perso la quota accessoria del loro stipendio quest’estate? La quota accessoria, era una parte cospicua del loro stipendio, anni fa accettarono un compromesso: invece di lottare per l’aumento salariale ci si è piegati alla proposta di accettare un parte del salario come un accessorio, un po’ come le mance, solo regolarizzate, come in America. Ovviamente quando le “mance” sono state tagliate, gli impiegati/e si sono ritrovati/e con una mano davanti e una di dietro. Non credo che le/gli insegnanti abbiano bisogno di essere incentivate/i in questo modo, ma non finisce qui proprio perché gli incentivi che renderebbero così tanto bella e funzionale la scuola ne alzerebbero il livello, potrebbero creare disparità tra chi si impegna di più e chi invece è meno bravo e volenteroso. Quindi ogni 3 anni si spingerà a cambiare istituto per equiparare il livello di tutti gli istituti, questo perché MOBILITA’ e un’altra di queste parole introdotte nei testi politici italiani che ci piace tanto che dovrebbe stimolare a fare meglio, a casa mia si chiama COMPETITIVITA’.
Punto 3 l’ Autonomia delle scuole, burocrazia zero e trasparenza. Secondo questo documento l’autonomia dipende dalla responsabilità, dalle risorse a disposizione, perché la legge esiste ma non si può applicare. Deve avere a disposizione dei bravi docenti che devono essere spinti a dare il meglio attraverso la mobilità. Poi serve una buona “governance”, ed infine le scuole non devono essere abbandonate a se stesse.
“Tutti i membri della comunità territoriale devono poter trovare, nella scuola, un punto di incontro, anche oltre l’orario curriculare, un centro di attrazione per iniziative di educazione informale, volontariato, lotta alla dispersione, integrazione. Di riscatto e protagonismo civico.”
Ma si risponde subito alle illazioni pretenziose.
“Scansiamo il campo degli equivoci: il sistema di valutazione della scuola che intendiamo costruire non è fatto di competizione e classifiche. E non mira, semplicisticamente, a “premiare la scuola migliore”, quanto piuttosto a “sostenere la scuola che si impegna di più per migliorare”. C’è una bella differenza: non abbiamo bisogno di gare tra istituti, ma di incoraggiare gli istituti, in tutto il territorio, al miglioramento continuo di quello che offrono agli studenti.”
Per evitare, quindi di giudicare male, per esempio, non prendendo in considerazione il territorio intorno alla scuola ecc. è stato approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n.80 2013 il SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE. Sono dei parametri per verificare che i livelli sia interni ad una classe, sia esterni siano equiparabili rispetto al livello di apprendimento. Il SNV sarà attivo anche per le paritarie e avrà degli ispettori che controlleranno la validità dei risultati, per poi pubblicarli su SCUOLA IN CHIARO 2.0
Come funziona questo strumento? Ci saranno dei valori di base da seguire per migliorare la scuola con un piano triennale. I finanziamenti verranno presi dal MOF, che esamineremo dopo. E il risultato se molto positivo influenzerà il salario dei dirigenti, per il loro lavoro di miglioramento. Tutto sarà visibile e trasparente, su Scuola in chiaro 2.0, saranno pubblicati bilanci, progetti ecc. poi qualcuno glielo spieghi che i genitori sono i peggiori giudici delle scuole, passiamo da quelli che mio figlio è perfetto a quello che ha sempre e solo ragione il professore, perché è un’istituzione. E’ tutto molto partecipativo e molto….. gggiovane… come Renzi. Poi ci sarà il registro Nazionale dei docenti per raccogliere tutte le informazioni relative ai docenti e pubblicate per permettere all’istituto di scegliere le competenze più vicine alla propria “politica aziendale”. La chiamo così, proprio perché i presidi diventeranno dei veri e propri dirigenti, infatti per ambire a questa carica, sarà istituito un corso-concorso presso la scuola dell’amministrazione pubblica, per formare chi dovrà governare le nostre scuole e tirarci il meglio del meglio. Mi chiedo perché dobbiamo sempre parlare di protagonismo in senso positivo, essere protagonisti non di una collettività, ma di un azienda ci rende migliori? Ci stimola? Dobbiamo davvero metterci alla prova per dare il massimo? Oppure una scuola può si essere pensata come una rete, ma che dia spazio a creatività cultura, che insegni un altro approccio al mondo e non quello neo liberista occidentale? Quindi per far funzionare meglio questi strumenti sarà necessario, oltre che restituire le giuste competenze del preside, del collegio e del consiglio d’istituto costituire il NUCLEO DI VALUTAZIONE.
Ovviamente ci sono dei piani d’intervento pratici, per la connessione internet perché lo ammettono pure loro che le lavagne digitali sono state una pessima idea.
Già hanno stanziato soldi per il piano Scuole Sicure per l’edilizia, dal decreto del Fare dell’agosto 2013, e si assicura che i cantieri sono tutti aperti e ben il 4,2% dei lavori conclusi. Ci sono in campo anche decreti sulla costruzione di scuole nuove in comuni che ne abbiano fatto la richiesta e poi ci sono 150 milioni stanziati per il rinnovo e manutenzione chiamato Scuole belle… Utilizzando il decreto n.69 del 2013 si sta stabilendo una programmazione dell’utilizzo delle risorse per 300 milioni di euro con l’INAIL e fino ad ora si pensa che potranno servire a costruire una scuola INNOVATIVA almeno una in ogni provincia. Il linguaggio renziano mi spaventa, cadono gli intonaci sulle nostre teste, dovremmo in una scuola che è anche un luogo di tutela e invece è successo di morire o rischiare di morire per un struttura fatiscente. Chiamare scuole belle quello che dovrebbe essere il normale mantenimento dell’edificio, mi suona davvero come una bella presa in giro. Sono tutte parole, riferimenti a decreti già approvati e che dovrebbero poi finanziare addirittura mutui? Nella condizione economica disastrosa in cui stiamo, chi si può permettere un mutuo?
“mutui per l’edilizia: anche questa misura è già stata prevista dal decreto n.104 del 2013. Tuttavia solo ora si sta arrivando a definire la programmazione regionale che porterà nel 2015 ad appaltare opere per un valore di circa 800/900 milioni di euro e che preventivamente riguarderanno circa 4 mila scuole”
Tutto ciò non viene precisato, sono solo parole al vento o meglio viene imbellettato tutto ciò che già è stato approvato con dei decreti, e sembrano solo farci la gentilezza di scrivere tutto ben bene per farci PARTECIPI. E poi perché la scuola prende fondi dall’8xmille?? Quali scuole ne beneficeranno?? Ma poi per la ricerca e la formazione non si parlava di 5xmille???
Il documento, continua riprendendo il discorso del collegamento internet nelle scuole, come se fosse l’unico elemento necessario per svecchiare la didattica o per connettere le reti di scuole, addirittura non si capisce come le tecnologie digitali dovrebbero collegare i piccoli centri scolastici con la “scuola madre”. E quale sarebbe la scuola madre, stiamo in Star Wars???. Addirittura leggiamo:
“Non saremo soddisfatti ino a quando l’ultima scuola dell’ultimo comune d’Italia non avrà banda larga veloce, wi-fi programmabile per classe (con possibilità di disattivazione quando necessario) e un numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica, anche secondo la modalità sempre più adottata del BYOD (Bring Your Own Device, porta il tuo dispositivo, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti, e le istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può permettere).
Si parla di sinergia, ma a me sembra una speculazione sul problema del caro libri, quella di usare i dispositivi digitali. Non si risolve così il problema, se un prodotto che mi serve costa troppo come è possibile risolvere la questione comprandone uno che costa di più? E perché si parla di rifinanziamento di strumenti che non sono necessari per una migliore didattica, il problema è sicuramente una didattica stantia che non prende in considerazione dei problemi decennali su come sviluppare l’interesse reale sia degli studenti e degli insegnanti. Sinceramente credo che non sia il libro aggiornato ogni anno, il problema di questo vecchiume, poi vecchiume semplicemente perché Dante non è vendibile, non serve a fare impresa? Non sentiamo mai parlare di come le case editrici cambino l’edizione di anno in anno sprecando carta, togliendo la possibilità di acquistare usato, io ho usato il libro di storia dell’arte di mia madre e non credo di avere avuto un’istruzione antica. Non è questo il metodo migliore per ridurre i costi delle famiglie. Viene proposto di aiutare le famiglie ad acquistare ma non si riesce a tenere una biblioteca degna di questo nome all’interno della struttura didattica. Questo ricorrere alla tecnologia, ai social network come fonte di libertà e apertura mentale mi suona molto riduttivo, non sono una primitivista ma credo che non sia una precondizione e che il rapporto con il territorio si raggiunga vivendo il territorio con proposte che portino i/le ragazzi/e a uscire, vedere, parlare e discutere onde evitare che il mondovenga ridotto ad essere solo virtuale. E’ la Scuola che deve prendersi la responsabilità dell’educazione e non “coinvolgere le associazioni” che generano solo altro precariato e confusione sui ruoli all’interno della struttura scolastica.
Vorrei raccontare la mia breve esperienza personale, all’interno di una scuola elementare parificata. Ho fatto il tirocinio come insegnante d’italiano per stranieri per l’infanzia, dopo aver fatto il mio tirocinio ho continuato le lezioni fino alla fine dell’anno scolastico perché mi sono trovata bene con i bambini. Non avevo un’aula, nonostante stessi svolgendo un tirocinio ero da sola senza un responsabile presente in sede. Sostituivo in sintesi la Caritas, quando a mio avviso sarebbe bastato un insegnante di sostegno in più, nessuno di quei bambini avrebbe avuto bisogno di quell’approfondimento, che portava ragazzi/e con alcune difficoltà linguistiche nemmeno troppo gravi e preoccupanti, fuori dalla classe in orario scolastico perdendo quindi la lezione in corso. Follia. Quindi non ho mai visto l’intrusione di associazioni che normalmente sono fonte di precariato di natura volontaristica. Tanto oramai il lavoro non si paga, siamo tutti volontari. E per quanto riguarda l’inserimento delle associazioni nei progetti extra scolastici, beh questo avviene da anni e sinceramente preferirei che la scuola pubblica fosse promotrice di varie attività ma alla portata di tutti, sarebbe bella una scuola vivibile, il pomeriggio, con spazi per gli studenti ma qui si vuole solo capitalizzare le ore doposcuola. E poi dulcis in fundo, nei primi due punti non si fa altro che dire che svecchieremo la scuola (senza un reale piano) e qui invece:
“Questo sistema beneficerà di una collaborazione con il terzo settore, tramite un patto inter-generazionale (per esempio, con insegnanti e altri professionisti in pensione, che a più riprese, hanno chiesto di avere questa opportunità), e con imprese – molte hanno programmi di Responsabilità Sociale d’Impresa che prevedono banche del tempo per i propri dipendenti a cui attingere per missioni specifiche, come ad esempio percorsi di alfabetizzazione digitale.
Scuola aperta vuole essere quindi l’inizio di un percorso, da alcuni istituti già cominciato con vigore, di rinnovamento dei tempi e degli spazi della scuola: una visione fatta di riutilizzo di spazi pubblici, di nuove esperienze formative, di protagonismo delle persone all’interno delle comunità”
Gli studenti e molti insegnanti hanno molte volte provato a costruire una partecipazione del territorio intorno alla scuola, ma spesso questo processo di collaborazione è stato bloccato proprio dall’istituzione scuola.
Per quanto riguarda il sostegno si continuano a fare promesse di assunzione grazie al decreto n. 104 del 2013 in cui sono previste assunzioni per 26 mila posti di lavoro sull’organico di diritto, divise in “oltre 13 mila assunzioni” questo anno e 8 mila del prossimo…promesse che aspettiamo si concretizzino.
La proposta di cambiamento del Ministero si ferma alla digitalizzazione, alla forma alle parole vuote quali “governo aperto” “fiducia”, addirittura la digitalizzazione per il governo Renzi è da inserire nella spending review. Ripeto, qui nessuno è contrario a diffondere la tecnologia, ove possibile, ma di capire che a noi stanno vendendo fumo e che comunque il problema di classe rimane, il capitalismo si espande, proprio non schierandosi su sistemi di scuola pubblica che siano programmi atti a riempire. Ogni governo una riforma?
Tutta quest’apertura della scuola, è veramente per costruire una scuola PUBBLICA? Davvero la partecipazione e la trasparenza sono i due cardini per una migliore istruzione? A me sembra solo una forma che cambia, come un muro rimbiancato, il marcio della struttura viene solo coperto, nascosto agli occhi, ma noi sappiamo che la scuola costa e che c’erano i sussidi pure per i libri eppure le famiglie non sempre potevano permettersi la spesa necessaria per comprare due vocabolari; cosa ci dovrebbe far pensare che invece i dispostivi digitali siano più facili da acquistare quando le scuole non hanno nemmeno i computer per un’aula informatica degna di quel nome?
Data School, Scuola in Chiaro 2.0, la visione europea “Opening up Education” promettono trasparenza e condivisione, ma non certo questo è una sicurezza per una scuola pubblica, senza divisioni di classe e davvero alla portata di tutti. Qui non si tratta di abbassare il livello di chi potrebbe ma deve stare dietro a chi va più lento, discorso che spesso si sente in attesa di fronte all’uscita di scuola, bisogna rompere quest’idea e invito a leggere gli scritti di Paul Freire.
Il Quarto punto ci parla di un rinnovamento della didattica per migliorare implementare la cultura nelle scuole che secondo il Miur viene considerata secondaria e non pienamente sviluppata, in primis per colpa proprio dei decreti sulle ore delle materie, ma principalmente perché non investiamo sullo sviluppare delle materie che dovrebbero essere importantissime per noi in quanto italiani.
“La capacità di leggere e di produrre bellezza è un elemento costitutivo del nostro essere italiani: dobbiamo valorizzarla, farne un vantaggio comparato che come Italia, ci aiuti anche in prospettiva a mantenere un giusto potenziamento internazionale. Tra 20 anni saremo un paese prospero se avremo saputo valorizzare il meglio della nostra specificità e della nostra capacità imprenditoriale nel resto del mondo. Ed è per questo che abbiamo bisogno di formare giovani capaci di ripartire del Made In Italy inteso nella sua accezione più ampia e di valorizzare le nostre meraviglie artistiche all’interno dell’offerta turistica, anche scegliendo strade imprenditoriali.”
Qui la spiegazione facile facile sul perché Renzi, a differenza delle precedenti amministrazioni di governo stia puntando molto sul Made in Italy perché il target richiesto ora è quello di Eataly, dove l’italianità nello stile (???) la storia il cibo e l’arte sono diventati dei beni di lusso non sono categorie riferite alla cultura del nostro paese, ma sono merce da vendere ai turisti di lusso e alla borghesia che ritrova un senso di genuinità. La cultura, non dovrebbe girare intorno all’imprenditoria, perché il capitale seleziona solo ciò che può vendere e sfruttare tutto il resto è abbandonato a se stesso, la cultura è critica, analisi, e non è mercificabile o almeno non dovrebbe esserlo. Ancora più ipocrita sembra il piano proposto per l’educazione motoria, poco chiaro poiché già in alcune scuole si paga l’intervento esterno di educatrici, con laboratori motori. La maggior parte delle scuole elementari ha già 1 ora di ed. fisica (scrivo maggior parte perché non ho un dato ufficializzato su questo e quindi, mi do il beneficio del dubbio), e davvero mettere in mezzo il problema dell’obesità e del bullismo come potenzialmente risolvibili con l’esercizio fisico e quando di più menzognero. Se la storia dell’arte e l’educazione musicale non dovrebbero avere nulla a che fare con l’imprenditoria tanto meno l’educazione motoria che è legata a problemi che riguardano la mobilità dei bambini, il gioco, la sedentarietà ecc. 1 ora a settimana, non smaltisce i Mcdonald o le merendine ingurgitate tutti i giorni. E sul bullismo non capisco, insegneranno ai nostri bambini autodifesa???
E qui arriva la parte più divertente, in senso ironico, e molto triste. Sono anni oramai che sento che bisogna introdurre le lingue, l’informatica, che bisogna alfabetizzare i ragazzi sulle materie più importanti per il loro futuro. Andare a scuola è solo un passaggio prima del lavoro, non è più inteso come luogo dove si istruiscono i ragazzi, si stimolano alla cultura ma è solo un luogo di formazione/educazione. Tutto è ridotto a strumento per lavorare, per essere competitivi come i nostri cugini europei che sono avvantaggiati perché parlano tante lingue, e quindi troveranno lavoro meglio di noi provincialotti/e. Nelle scuole primarie già si studia l’inglese, certo si deve sempre cercare di migliorare la didattica, il Content and Language Integrated Learning servirà come metodologia per legare lo studio della lingua a qualcosa di produttivo, la scuola è da tempo un’azienda e come tale deve produrre se no non serve. Si punta dunque solo alla FORMAZIONE, come dicevamo anche prima, ma ci tengo a sottolineare questo concetto che ritengo fondamentale per le mire precise che questa riforma chiaramente esplicita.
Formazione: L’atto, il modo di formare…In usi fig., riferiti allo sviluppo psicofisico e intellettuale della persona, o, con senso attivo, all’educazione civile, spirituale e morale, o alla preparazione e all’addestramento specifici…
(Vocabolario online Treccani)
Istruzione: L’attività, l’opera svolta per istruire attraverso l’insegnamento (o anche, in qualche caso, solo mediante l’addestramento), e il risultato o frutto di tale attività; in senso passivo, il venire istruito…metodo d’insegnamento che consiste nel fare apprendere all’allievo le nozioni volute attraverso una sequenza preordinata, che passa dalle informazioni semplici alla conoscenza di nozioni più elaborate, utilizzando i varî sussidî didattici.
(Vocabolario online Treccani)
Si vuole sostenere un progetto che adegui al mondo del lavoro, un mondo immaginario, il comparto scolastico. Ritornando al progetto di CLIL, invece, troviamo un’idea innovativa. Mettere accanto agli insegnanti degli assistenti che aiutino i ragazzi nell’apprendimento…ma questo già esiste con i lettori che vengono presi dall’esterno e sono precarizzati negli orari e nel salario perché elementi aggiuntivi ai quali non si da nessun valore. Nulla di nuovo sul fronte occidentale che propone un metodo già ritrito. E poi c’è l’alfabetizzazione digitale e l’argomento è presentato così: Come sollecitiamo i ragazzi ad essere “produttori digitali”?
Prima riflessione: perché devono diventare PRODUTTORI? Quindi, ora è palese che sia necessario imparare solo con lo scopo di produrre e di ricavare un piccolo spazio nel capitalismo. Infatti leggiamo che esiste questo progetto per stimolare la programmazione digitale che si chiama: code.org progetto che invito a leggere partito già negli USA e in GB; nelle scuole secondarie sarà possibile partecipare al “Digital Makers” del ministero per creare “consapevolezza digitale” sull’uso dei social e sugli altri strumenti. Non si dia per scontato che i ragazzi di oggi nati con gli iphone in mano siano davvero in grado di usare per la ricerca questi strumenti, ma mi chiedo, la didattica quale sarebbe su questa materia? l’importante è saper fare per produrre considerando che la proposta seguente riguarda l’alfabetizzazione finanziaria? Far crescere le future generazioni con un’infarinatura di economia per insegnare loro a servire il capitale?
Il punto importante riguarda l’autonomia, si vuole portare la scuola ad essere più competitiva, cercando di farla interagire con il territorio, le amministrazioni locali per combattere quella che viene definita la rigidità del contratto e di un sistema legato alle cattedre. La bella proposta per raggiungere la vera autonomia quindi verte su mobilità dei docenti, gestione collegiale della scuola (e qui attenzione non si specifica quali siano i criteri per costruire una nuova scuola, basta che facciamo le cose insieme???) e risorse a disposizione. Si dà addirittura colpa dell’abbandono scolastico all’offerta formativa che non rappresenta i desideri di chi si iscrive. Ma chi è che provvede a questo? E’ davvero solo colpa del corpo insegnante? O sono stati i fondi, le decisioni politiche e il fatto che si vuole una scuola che formi professionalmente, ma poi non si sovvenzionano laboratori, professori e comunque ancora esiste un classismo palese per cui poi chi fa parte di una certa classe il figlio non lo manda alle professionale per fare il programmatore, ma gli fa seguire un corso privato per fare un piccolo esempio? Non sarà una manovra quella di spingere per una scuola sempre più pratica da collegare alla solita storia per cui il potere mantiene le classi per gestire meglio la massa? Con questo non denigro i professionali o i tecnici, ma la realtà intorno a noi è questa. La scuola è classista e tutti questi buoni propositi sono privi di cultura, ma si fermano al piano di spendibilità. Io non vorrei una scuola che forma ma che istruisce le persone e che non faccia revisione politica sulla materie di studio. Vorrei che i ragazzi/e non si preoccupassero solo del lavoro che devono fare ma che dessero spazio ad imparare solo per il gusto di imparare senza pensare quanto tutto quello che fanno sarà spendibile sul loro curriculum vitae. Lasciare, quindi, tutta questa autonomia, a mio avviso, rischia di creare ancora di più scuole con curricula meravigliosi e scuole con didattiche scarne e senza fondi.
Qui ci lanciamo direttamente nel 5 capitolo: Scuola fondata sul lavoro? (Una presa in giro?) qui la scuola viene definita “la più efficace politica strutturale a nostra disposizione contro la disoccupazione, rispondendo all’urgenza e dando prospettiva allo stesso tempo”. E prosegue poco dopo con “La soluzione deve rafforzare due meccanismi fondanti del nostro sistema, decisamente indeboliti negli ultimi anni: da una parte, raccordare più strettamente scopi e metodi della scuola con il mondo del lavoro e dell’impresa; dall’altra, affiancare al sapere il saper fare, partendo dai laboratori, perché permettere ai ragazzi di sperimentare e progettare con le proprie mani è il modo migliore per dimostrare che crediamo nelle loro capacità.” Preferisco riportare stralci del testo perché l’idea di Scuola-Lavoro a me non piace per nulla, perché è perfettamente integrata con il sistema capitalistico che intende il sapere solo come produzione. Preferisco che siano le loro parole a descriversi: “a fronte di un alto tasso di disoccupazione, le imprese faticano a trovare competenze chiave come nel caso, prevedibile, dell’industria elettronica e informatica.” davvero???????? Questo è il motivo per cui le povere imprese non trovano competenze?
“Il 40% della disoccupazione in Italia non dipende dal ciclo economico (dati McKinsey 2014). Un parte di questa percentuale è collegata al disallineamento tra la domanda di competenze che il mondo esterno chiede alla scuola di sviluppare, e ciò che la nostra scuola effettivamente offre. Non si tratta di un dato congiunturale dovuto alla crisi, ma di una dato strutturale legato al fatto che abbiamo perso nel tempo la nostra capacità di stare al passo col mondo”
Il nostro problema non sarebbero, quindi, le scelte neoliberiste, ma la nostra poca capacità di stare alla moda.
Per combattere tutto questo ci propongo l’alternanza obbligatoria tra Scuola e Lavoro negli Istituti Tecnici e le Professionali. L’impresa didattica, dove sarà permessa la commercializzazione dei beni prodotti a scuola come “impresa formativa strumentale), Bottega scuola che servirebbe per inserire i ragazzi soprattutto del Sud (perché non è razzista pensare che al Sud facciano gli artigiani e che al Nord, si faccia i creatori di programmi informatici) e dulcis in fundo l’apprendistato sperimentale che sarebbe costituito da programmi ad hoc da inserire come sperimentazione per il biennio. Per riuscire a mettere su tutto questo servono delle risorse, quasi 300 milioni di euro, che “proveranno per un terzo da fondi ordinari del Miur e saranno combinati a risorse del PON-FESR e a contributi di imprese e delle principali fondazioni private del paese attraverso schemi di co-finanziamento, in particolare per i laboratori più specializzati.” In tutto ciò ci sono già 95 fondazioni che aiuteranno a mettere su queste reti di collaborazione.
PER ALTRE INFO:
http://www.studaut.it/scuola/oltre-le-invalsi-per-una-critica-al-sistema-scolastico/
http://www.studaut.it/tag/iononcisto/
http://www.orizzontescuola.it/news/riforma-della-scuola-ore-10-nostra-diretta
http://www.carmillaonline.com/2014/08/27/scuola-cronaca-morte-annunciata/
http://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/06/29/s-vergognamo-la-meritocrazia/
http://www.sinistrainrete.info/societa/2409-elisabetta-teghil-businnes-schools.h
http://coordinamenta.noblogs.org/post/2013/04/06/la-storia-non-perdona-niente/