Femminismo e antimperialismo

Femminismo e antimperialismo

L’incontro con le compagne e i compagni del comitato Ghassan Kanafani  affronterà attraverso il racconto e l’analisi della resistenza palestinese, la necessità di rilanciare l’antimperialismo come elemento centrale della teoria e della pratica anticapitalista. Il tema ci sta molto a cuore e crediamo fermamente che tale priorità appartenga anche al discorso e alla pratica femminista.

 Perché come femministe parteciperemo a questa iniziativa:

 – Come abbiamo detto numerose volte, siamo consapevoli che il capitalismo, oggi declinato nella sua fase neoliberista-imperialista, procede depoliticizzando il conflitto politico ovunque esso si manifesti. In Palestina lo vediamo all’opera quando, mistificando e snaturando la resistenza palestinese, criminalizzando l’azione rivoluzionaria di alcuni gruppi politici, vuole ridurre la causa palestinese ad un affare umanitario. Rispetto all’oppressione di genere lo vediamo altrettanto all’opera quando, propagandando e sostenendo la c.d emancipazione femminile, riduce la lotta di genere ad una questione di parità di diritti – portando il più delle volte come ulteriore risultato la cooptazione di singole donne ai vertici del sistema politico ed economico-finanziario -.

L’imponente apparato di Organizzazioni Non Governative e associazioni, coordinate con l’altrettanto imponente apparato burocratico/umanitario dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali, nonché con i governi nazionali occidentali, è il vettore principale di tale strategia di neutralizzazione. Il lavoro di questo variegato mondo dell’associazionismo è intriso di uno smaccato paternalismo che vorrebbe soffocare, sotto una grande calotta di protezione, le c.d. minoranze oppresse, espropriandoci della nostre lotte di liberazione e tenendoci legati in una condizione di dipendenza.

– Il paternalismo però, e la relativa condizione di dipendenza in cui ci relega, comporta una conseguenza ulteriore: se provi a sottrarti alla protezione, se ti fai carico della tua liberazione e cominci a combattere in prima persona ti scontri inevitabilmente con l’apparato repressivo. Anche qui possiamo mettere a confronto ciò che accade in Palestina e ciò che accade a casa nostra. Se il conflitto Israelo-Palestinese viene letto solo attraverso la lente della violazione dei diritti umani, e non come un conflitto politico e imperialista, si arriva al paradosso di sostenere il popolo palestinese solo se subisce passivamente l’aggressione israeliana. Quando invece dimostra la sua incredibile forza e combattività si prendono le distanze e si guarda con diffidenza, se non con paura e riprovazione, chi si è fatto carico del conflitto, andando a giudicare quegli atti, tutti politici, attraverso categorie morali. Allo stesso modo, quando una donna è vittima di stupro ha come unica alternativa socialmente accettabile quella di recitare la parte della vittima che chiede protezione, perché se si ribella le si apriranno le porte del tribunale e poi del carcere (le pene comminate a donne che uccidono i mariti dopo anni di denunciate violenze sono incredibilmente alte). Stessa conseguenza se decide di praticare un aborto all’infuori delle strutture sanitarie statali. La coercizione riguarda quindi un doppio fronte: quello della repressione vera e propria, intesa in senso militare e carcerario, e quello della “sanzione sociale”, intesa come giudizio morale della società.

– Vogliamo riportare ad unità la resistenza palestinese e le nostre lotte perché partendo da noi riconosciamo immediatamente l’identità del nostro nemico comune; perché non esistono eventi estranei ed esterni, ciò che accade all’esterno dei confini nazionali è legato a doppio filo a ciò che si svolge dentro i confini; perché percorriamo le stesse pratiche di liberazione.

Per tornare al punto di partenza: la necessità di affrontare il tema dell’imperialismo e ridare centralità al discorso e alla lotta antimperialista non è più procrastinabile e passa innanzitutto nella resistenza alla propaganda mediatica e all’egemonia culturale e nel dotarci di strumenti di analisi all’altezza del nostro tempo.

palestina 12 ottobre

 

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