Dalla povertà si fanno tanti soldi
di Arundhati Roy
A prima vista il mio libro potrebbe sembrare una critica un po’ dura, ma nel rispetto di quella tradizione che riconosce il merito ai propri avversari, potrebbe anche essere letto come riconoscimento della visione, della flessibilità, della raffinatezza, e della determinazione incrollabile di un sistema al quale molti hanno dedicato la loro vita, riuscendo con il loro impegno a far sì che questo mondo restasse solidamente nelle mani del capitalismo.
È una storia coinvolgente, forse svanita dalla memoria del mondo contemporaneo, una storia che cominciò negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo, quando venne trovata una forma legale – una legge – che istituiva le fondazioni, fu così che la filantropia delle aziende più ricche e potenti) cominciò a sostituirsi al ruolo finora svolto dalle attività missionarie per aprire la strada al capitalismo (e all’imperialismo) e ai sistemi di controllo del sistema.
Tra le prime fondazioni istituite negli Stati Uniti ci furono la Carnegie Corporation, finanziata nel 1911 con i profitti della Carnegie Steel Company, e la Fondazione Rockefeller, finanziata nel 1914 da JD Rockefeller, fondatore della Standard Oil Company. I più grossi finanzieri del loro tempo.
Sono molte la istituzioni che sono state finanziate, con un capitale iniziale o con donazioni sostenute dalla Fondazione Rockefeller come le Nazioni Unite, la CIA, il Council on Foreign Relations (CFR), il favoloso MOMA – Museum of Modern Art di New York – e, naturalmente, il Rockefeller Center a New York (dove dovettero cancellare il murale nel quale Diego Riviera aveva maliziosamente raffigurato dei capitalisti reprobi e un valoroso Lenin). Rockefeller fu il primo miliardario americano e l’uomo più ricco del mondo. Era abolizionista, sostenitore di Abraham Lincoln e astemio. Credeva che il suo denaro gli fosse stato dato da Dio e che per questo Dio si sentisse soddisfatto.
Le prime fondazioni che presero dei fondi dalle imprese erano negli Stati Uniti e ci furono degli accesi dibattiti sulla provenienza dei fondi, sulla legalità, e sulla mancanza di responsabilità. Furono in tanti a suggerire che se le aziende avevano modo di accumulare così tanto denaro (tanto da non averne bisogno), avrebbero dovuto aumentare i salari dei loro lavoratori – (C’era gente capace di fare proposte tanto scandalose per quei tempi, anche in America.)
Solo immaginare queste fondazioni – che sembrano una cosa tanto normale al giorno d’oggi – all’epoca era come pensare di dover fare un salto nel vuoto per il mondo degli affari. Era difficile immaginare che potessero esistere delle persone giuridiche con risorse enormi, autorizzate a non pagare le tasse, a godere inspiegabilmente la facoltà di agire, quasi illimitatamente, nella non-transparenza …..
Quale modo migliore poteva essere inventato per trasformare la ricchezza economica in capitale politico, sociale e culturale?
Quale modo migliore si poteva trovare per trasformare il denaro in potere?
Quale modo migliore si poteva trovare per consentire agli usurai di usare una percentuale minima dei loro profitti per riuscire a governare il mondo?
Come avrebbe potuto fare, del resto, Bill Gates, che sicuramente conosce bene un paio di cosette sui computer, ad arrivare nella posizione di poter parlare di istruzione, di sanità e di politiche agricole, non solo con il governo degli Stati Uniti, ma anche con i governi di tutto il mondo?
Nel corso degli anni, come molti possono testimoniare, si è assistito veramente anche a molti ottimi lavori fatti dalle fondazioni (gestione di biblioteche pubbliche, lotta contro le malattie ecc.): i risultati ottenuti e il velo che ormai è sceso sul collegamento diretto che esiste tra le società finanziatrice e le fondazioni che le alimentano con il tempo hanno cominciato a far dimenticare. Alla fine, a far svanire del tutto e a far apparire normale questo stato delle cose. Adesso, neanche chi si professa di sinistra, prova vergogna a considerare “generosa la natura dei donatori”.
Dal 1920 negli USA il capitalismo aveva cominciato a rivolgersi verso l’estero per comprare materie prime e per accedere ai mercati d’oltremare. Fu allora che le Fondazioni cominciarono a formulare una nuova idea di governance globale gestita dalle Corporate. Nel 1924 la Rockefeller e la Carnegie Foundation crearono congiuntamente quello che oggi è il gruppo di pressione politica estera più potente del mondo, il Council on Foreign Relations (CFR), che più tardi cominciò ad essere finanziato anche dalla Fondazione Ford.
Nel 1947 la CIA, subito dopo essere stata creata, fu sostenuta e lavorò a stretto contatto con il CFR. Nel corso degli anni sono stati nominati ben ventidue Segretari di Stato degli Stati Uniti che avevano prestato servizio presso il CFR. Nel Comitato Direttivo che nel 1943 che programmò la nascita delle Nazioni Unite c’erano cinque membri del CFR, e il terreno su cui si trova il quartier generale delle Nazioni Unite fu acquistato con una sovvenzione di 8,5 milioni di dollari offerta da JD Rockefeller.
Tutti gli undici presidenti della Banca Mondiale dal 1946 sono uomini che si sono presentati come missionari tra i poveri – ma sono stati tutti membri del CFR. (L’eccezione fu George Woods, che era fiduciario della Fondazione Rockefeller e Vice Presidente della Chase Manhattan Bank)
A Bretton Woods, la Banca Mondiale e il FMI decisero che il dollaro avrebbe dovuto diventare la valuta di riserva del mondo, e che per migliorare la penetrazione del “capitale globale” sarebbe stato necessario universalizzare e standardizzare le modalità di commercio in un mercato aperto e fu proprio per quel motivo che si cominciò a donare una grande quantità di denaro per promuovere il buon governo (buono finché sarà permesso tenerne salde le fila), il concetto di Stato di diritto (fino a quando sarà permesso avere voce in capitolo nel legiferare) e centinaia di programmi anticorruzione (che servono per semplificare il sistema messo in piedi).
Ci sono due tra le organizzazioni meno trasparenti del mondo, che chiedono ai governi dei paesi più poveri del mondo di assumersi le loro responsabilità e di essere trasparenti. Dato che la Banca Mondiale ha più o meno diretto le politiche economiche del Terzo Mondo, obbligando e imponendo le regole del mercato per aprire i paesi alla finanza globale, si potrebbe dire che la filantropia delle Corporate si è rivelata essere l’affare più lungimirante di tutti i tempi.
Le Fondazioni amministrate con i fondi donati dalle Corporate, fanno commerci e incanalano il loro potere mettendo i loro uomini nelle caselle giuste della scacchiera, per mezzo di un sistema di club d’elite e di think-tank, facendo in modo che queste persone possano interscambiarsi e muoversi liberamente, come attraverso una porta girevole, attraversando tutte le istituzioni. Contrariamente a quello che professano le varie teorie del complotto in circolazione – in particolarmente quelle dei gruppi di sinistra – non c’è nulla di segreto, di satanico, o di massone che regoli questo modo di fare. E’ tutto una normale prassi: non è molto diverso dal modo in cui le aziende-multinazionali utilizzano società di comodo e conti off-shore, per trasferire e gestire i loro soldi. Con una sola differenza, si trasferisce e si gestisce potere, non denaro.
L’equivalente transnazionale del CFR è la Commissione Trilaterale, istituita nel 1973 da David Rockefeller, l’ex-consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Zbignew Brzezinski (membro fondatore dei mujahidin afghani, precursori dei talebani), la Chase Manhattan Bank, e di alcune altre eminenze private. Il suo scopo era creare un legame duraturo di amicizia e di cooperazione tra le élite del Nord America, l’Europa e il Giappone. Ora è diventata una Commissione Pentalaterale, essendosi allargata a partecipanti provenienti da Cina e India (Tarun Das del CII; NR Narayana Murthy, ex CEO di Infosys; Jamsheyd N. Godrej, Amministratore Delegato di Godrej; Jamshed J. Irani, Direttore di Tata Sons, e Gautam Thapar, CEO del Gruppo Avantha).
L’Istituto Aspen è un club internazionale di élite locali, che raggruppano imprenditori, burocrati e politici, ed ha aperto filiali in diversi paesi. Tarun Das è il presidente dell’Aspen Institute, India. Gautam Thapar è presidente. Diversi alti ufficiali del McKinsey Global Institute (proponente del Delhi Mumbai Industrial Corridor) sono membri del CFR, la Commissione Trilaterale, e l’Istituto Aspen.
La Fondazione Ford (quella che si presenta come liberale e in opposizione alla più conservatrice Fondazione Rockefeller- ma le due fondazioni lavorano costantemente insieme -) fu istituita nel 1936 e, anche se viene spesso sottovalutata, ha una sua ideologia molto chiara, ben definita e lavora a stretto contatto con il Dipartimento di Stato. Il suo progetto di promuovere la democrazia e il “buon governo” è parte integrante del sistema di Bretton Woods che prevedeva di standardizzare le modalità commerciali e di promuovere l’efficienza nel mercato libero. Dopo la seconda guerra mondiale, quando il governo degli Stati Uniti mise, al posto dei fascisti, i comunisti in cima alla lista, come Nemico Numero Uno del paese, fu necessario pensare a nuovi tipi di istituzioni per affrontare la Guerra Fredda. Ford allora finanziò il RAND (Research e Development Corporation), un think tank militare che iniziò con una ricerca sulle armi per i servizi di difesa degli Stati Uniti.
Nel 1952, per contrastare “il persistente sforzo comunista per penetrare e distruggere le nazioni libere”, fu istituito il Fondo per la Repubblica, che poi si trasformò nel Centro per lo Studio delle Istituzioni Democratiche, il cui intento era di fare una guerra fredda in modo intelligente, senza incorrere negli eccessi maccartisti.
E ‘attraverso questa lente che dobbiamo guardare il lavoro che la Fondazione Ford sta facendo con i milioni di dollari che ha investito in India, finanziando il lavoro di artisti, di registi e di attivisti e le generose donazioni che sono serviti a finanziare corsi universitari e borse di studio.
Gli “obiettivi per il futuro dell’umanità” dichiarati dalla Fondazione Ford includono interventi effettuati su movimenti politici di base a livello locale e internazionale. Negli Stati Uniti la fondazione Ford fu quella che ha sovvenzionato con milioni di dollari i prestiti per sostenere il movimento sindacale per il credito (sperimentato per la prima volta, dal proprietario dei magazzini Edward Filene nel 1919). Filene credeva nella creazione di una società dei consumi di massa orientata verso l’acquisto di beni di consumo, per questo era bene accordare ai lavoratori un accesso al credito a prezzi accessibili: una idea geniale per quel tempo. A dirla tutta, questa era solo la metà della sua idea geniale, perché l’altra metà del pensiero di Filene credeva in una più equa distribuzione del reddito nazionale.
I capitalisti apprezzarono e si impossessarono solo della prima parte del pensiero di Filene e cominciarono a erogare a tutti i lavoratori prestiti “abbordabili” per decine di milioni di dollari, trasformato così la classe operaia degli Stati Uniti in una massa di persone permanentemente indebitate, che dovettero, da allora in poi, correre sempre di più per restare al passo con lo stile di vita che, altrimenti, non si sarebbero potuti permettere.
Molti anni dopo, questa idea è arrivata ad essere sperimentata anche nella parte più povera delle campagne del Bangladesh: fu quando Mohammed Yunus e la Grameen Bank portarono il microcredito a contadini che letteralmente stavano morendo di fame, e questo provocò delle conseguenze disastrose. Tutti i poveri del subcontinente indiano hanno sempre vissuto sul debito, stretti nella morsa spietata dell’usuraio del loro villaggio – il Baniya. Ma la microfinanza ha standardizzato, ha regolato rigidamente anche questo modo di vivere. Le imprese della microfinanza in India si sono rese responsabili di centinaia di suicidi – duecento persone si sono ammazzate in Andhra Pradesh solo nel 2010. Recentemente un quotidiano nazionale ha pubblicato un articolo sul suicidio di una ragazzina di 18 anni che è stata costretta a consegnare le sue ultime 150 rupie – quelle che le servivano per pagare le tasse scolastiche – nelle mani dei dipendenti di una società di microfinanza che non smettevano più di vessarla e tormentarla
Estratto da Capitalism: A Ghost Story, (Haymarket Books, 2014) di Arundhati Roy. L’autrice vive a New Delhi, India e ha scritto anche “Il Dio delle piccole cose” e “Power Politics” (South End Press). Questo articolo [titolo originale “Lavora sodo se ti servono soldi, ma non prendere mai prestiti” Dalla povertà si possono tirare fuori un sacco di soldi, ma anche un paio di premi Nobel (di troppo)] è stato tradotto da Bosque Primario per Comedonchisciotte.org