Good Morning Ferguson
di Alessandra Daniele
http://www.carmillaonline.com/2014/08/20/good-morning-ferguson/
Il 9 agosto a Ferguson, un sobborgo di St. Louis nel Missouri, per l’ennesima volta in America un poliziotto bianco ha ammazzato un ragazzo nero disarmato, e con le mani alzate, il diciottenne Michael Brown.
La sera dopo, la polizia locale in pieno assetto da battaglia ha attaccato la veglia funebre. Poi ha cacciato i giornalisti e instaurato il coprifuoco, continuando sistematicamente ad attaccare la gente per le strade.
Da allora Ferguson è zona di guerra.
Ieri la polizia ha ammazzato un altro ragazzo nero.
“I poliziotti hanno carrarmati, adesso. Hanno droni. Hanno fucili automatici, e aerei, ed elicotteri, e ricevono un addestramento militare.
L’effetto peggiore dell’aver equipaggiato i poliziotti come soldati è stato psicologico. Fornite a un uomo accesso a carrarmati, droni e armature, e si convincerà che il suo compito non è semplicemente quello di mantenere l’ordine pubblico, ma è quello di sradicare le minacce.
Invece di proteggere e servire, la polizia adesso cerca e distrugge.
Se i poliziotti sono soldati, ne consegue che i quartieri che pattugliano sono campi di battaglia. E se sono campi di battaglia, la popolazione è il nemico.
E a causa della correlazione, nata dall’ingiustizia, tra crimine e reddito, e reddito e razza, la popolazione nemica è composta in gran parte da persone di colore, soprattutto uomini.
In tutto il paese, i poliziotti arrestano, imprigionano, e uccidono uomini di colore a ogni battito di ciglia, dichiarando letteralmente guerra alle persone come Michael Brown”.
(Da America Is Not For Black People)
In una certa misura, i poliziotti sono sempre stati soldati. Con una lunga tradizione di repressione delle minoranze, del dissenso, dei movimenti operai e per i diritti civili. Il recente incremento esponenziale della dotazione militare non fa che esplicitare il loro particolare compito di truppe d’occupazione.
La guerra di Ferguson è la stessa che si sta combattendo, sotto altri nomi, sotto altre maschere, in molte altre zone del mondo.
È una guerra asimmetrica. Razziale e coloniale. Ed è una guerra di classe.
Ferguson è il frammento d’un mosaico che, come la scheggia d’uno specchio, riflette l’intera immagine. L’immagine del nostro futuro.