di Denis/ Frantic (Effetto Farfalla Blog)
Aveva pubblicato una foto a seno nudo su Facebook, era stata arrestata a maggio. Esce di prigione il primo agosto, molla le Femen. Le accuse che muove loro: sono islamofobe, sono poco chiare nel far presente chi le finanzia. Basta così? Cerco in rete e trovo l’intervista integrale ad Amina sull’Huffington Post dove spiega eloquentemente le sue ragioni. La prima cosa che noto è che Repubblica sintetizza in maniera brutale.
Normale, si potrebbe dire, in fondo parliamo di Repubblica, che non è esattamente un quotidiano campione in serietà. Sì, probabile; ma intanto la sua sintesi monca non fa il benché minimo riferimento alle sue scelte politiche e menziona soltanto una sua generica anarchicità, peraltro messa pure tra virgolette. Vabbé. Non credo di avere una conoscenza trascendentale del francese, ma capisco cosa c’è scritto. “Il problema non è Ennahdha o Rached Ghannouchi. Il problema è il sistema”, dice Amina. Andiamo avanti.
La giornalista le chiede perché ha lasciato il movimento. La sua risposta:
“Non conosco l’origine dei finanziamenti del movimento. Ho domandato più volte a Inna (la Shevchenko, N.d.A) ma non ho mai avuto delle risposte chiare. Non voglio stare in un movimento con finanziamenti di origine incerta. E se lo finanziasse Israele? voglio sapere. E poi non voglio che il mio nome sia associato ad una organizzazione islamofoba. Non ho affatto apprezzato l’azione in cui le ragazze gridavano “Amina Akbar, Femen Akbar” di fronte all’ambasciata tunisina in Francia, oppure quando hanno bruciato la bandiera Tawhid davanti la Moschea di Parigi. Quell’azione ha colpito molti musulmani e la mia famiglia. Bisogna rispettare la religione di ciascuno.“
Qualche riga dopo nell’articolo apprezza la solidarietà di alcune Femen, in particolare quelle che hanno dovuto subire la prigione.
“Ci sono state buone azioni, ma altre azioni che non lo sono state per niente. Avrebbero dovuto consultare i miei avvocati prima di fare certe azioni. Quelle azioni hanno aggravato la mia situazione. Un altro capo d’imputazione, associazione a delinquere, è stato emesso contro di me mentre ero già in prigione.“
Il resto dell’intervista è incentrata sulla sua possibile adesione a Feminism Attack, organizzazione anarcofemminista tunisina, e in generale sulle sue idee femministe e anarchiche. Per Inna Shevchenko, però, quelle di Amina sono le parole di un’eroina provata dal carcere, distrutta dal combattimento (sic). Per amor di cronaca ricordo che a luglio Inna twittava “Esiste qualcosa di più stupido del Ramadan? Cosa c’è di più brutto di questa religione?“. Ma alle accuse ben argomentate, cosa risponde Inna? vediamolo: “Nel descrivere le azioni delle Femen come controproducenti, lei ha tradito le migliaia di donne che si sono spogliate in tutto il mondo per sostenerla” Ma Amina non ha tradito un bel niente, le ha persino ringraziate!
Aggiunge: “La campagna mondiale Free Amina ha visto i primi eventi a seno nudo in un paese musulmano. Delle donne si sono ribellate all’Islam in tutto il mondo, delle donne hanno dovuto affrontare rappresentanti islamici come Larayed. Grazie a questa campagna, Amina è libera. Donne su donne languono ancora in prigione. Questa campagna, questa lotta, è quella che Amina ha tradito“. Insomma, la retorica-piagnisteo del tradimento paga.
Voi ve le ricordate le Femen a Parigi? io sì. Avevano attuato un’azione politica nella quale si sono messe il burqa e dopodiché si sono spogliate invitando, nei loro cartelli, le donne musulmane a fare altrettanto, dicendo loro di “liberarsi”, come se la liberazione della donna sta nel mettersi o nel togliersi dei pezzi di stoffa.
Anche nelle pubblicità ci sono tante tette, e quasi nessun corpo maschile, e quando c’è è idealizzato, ma non feticizzato. Sono un povero scemo che si è inventato tutto? non credo. A casa mia quella cosa in cui qualcuno decide a priori cosa è giusto o cosa non è giusto da fare per una donna, si chiama patriarcato. Hanno manifestato anche ad Amburgo, nel quartiere a luci rosse, definendo la prostituzione come il fascismo del ventunesimo secolo. Ne dico qualcosa qui.
Le sue regole sono le stesse ovunque? certamente no, ma quello che le Femen fanno non è elaborare strategie femministe nei paesi non occidentali insieme alle dirette interessate, ma sovradeterminarle portando avanti un’agenda politica neocoloniale, che va d’amore e d’accordo con quella delle nostre belle pseudofemministe borghesi a cui vanno benissimo i pacchetti sicurezza, i securitarismi, la polizia, i cie, ecc. perché tanto gli immigrati son tutti stupratori, e le immigrate sono tutte donzelle da salvare.
Amina forse farà il gioco degli islamisti ma le Femen fanno sicuramente quello della Fortezza Europa.