da scateniamotempeste.wordpress.com in società
Figlia di un droghiere, laureata in chimica, presidente di un’associazione studentesca conservatrice, avvocato fiscalista, leader conservatrice durante il governo laburista, primo ministro britannico dal 1979 al 1990. Una donna tutta d’un pezzo. Non una lacrima in pubblico (né forse mai nel privato) nel votare per il mantenimento della pena di morte, né per l’abolizione della distribuzione del latte gratuito nelle scuole, quando era Ministro dell’Istruzione, né nell’aumentare l’Iva, causando il crollo dell’industria manifatturiera, né nel lottare contro i sandinisti, fino ad obbligare la proibizione del termine sandinismo all’interno della nazione, né nel contrastare l’Ira lasciando morire di fame in carcere Bobby Sands (e altri) nel 1981, o nell’intervenire militarmente alle Falkland (non certo per lottare contro la dittatura argentina ma per meri aspetti politico-economici), nel reprimere i manifestanti, nel far chiudere 165 miniere, nel depotenziare i sindacati, nello smantellare “il pubblico” per lasciare via libera al “privato”. Non una lacrima.
Non una lacrima, perché la prima donna Primo Ministro nel Regno Unito aveva la strenua volontà di fare tutto ciò, credeva nei valori conservatori, così come nel neoliberismo e nell’anticomunismo. Saldamente.
Margareth Tatcher oggi è morta e qualche giornalista ne sta già scrivendo l’agiografia: sgominò il terrorismo e la sua politica cambiò l’Europa e la rese più moderna (come se ogni cambiamento comporti un miglioramento e una modernizzazione non possa nascondere di fatto un ritorno indietro rispetto alle conquiste precedenti). Alcuni scrivono che fu solo l’esecutrice dei piani di Reagan o delle banche e della finanza internazionali. Di fatto si può dire che ci mise comunque del suo. Non era infatti né un’ingenua né una sprovveduta. E comunque, chiunque accetti un incarico pubblico, chiunque sia, è responsabile delle proprie scelte di fronte all’intera nazione e non è semplicemente una pedina manovrabile.
Non una lacrima nel fare “scelte dolorose” per lo stato, quanto per i lavoratori e le lavoratrici britanniche, i migranti e le migranti e i milioni di persone che reclamavano casa, lavoro e diritti. Non pianse mai: né nel prestare le basi agli Usa per bombardare la Libia nel 1986, né nella legislazione sull’omosessualità, né nel sedare le azioni di picchettaggio dei minatori, repressi in maniera violentissima dalla polizia.
Non una lacrima.
La si vide piangere solo quando dovette lasciare il ruolo di primo ministro al termine del suo terzo mandato. Forse le dispiaceva lasciare la politica, uscire dal raggio dei riflettori, perdere potere, invecchiare, essere relegata lontano dalla stanza dei bottoni. Pianse solo per sé. Pubblicamente, s’intende. Ma, dato che fu personaggio pubblico, questo possiamo e abbiamo il diritto di valutare, le scelte che fece nel suo ruolo istituzionale. Esse però non solo fecero piangere, ma portarono alla disperazione un numero indefinito di persone, che subirono la sua politica, il varo di leggi ingiuste, la sottomissione al dio mercato.
Forse alcune fanatiche delle “pari opportunità” e della meritocrazia la incenseranno come il modello di self made woman, partita dal nulla e arrivata in alto, molto in alto. Diranno che la sua grinta, la sua determinazione e il suo coraggio sono doti da esaltare. Che tutte dovremmo essere un po’ come l’Iron Lady e aggredire la vita per raggiungere il successo (ovviamente con un tallieur firmato e non facendo professioni dubbie, perché, si sa, un po’ di sano moralismo ci vuole sempre!).
Non per me.
E se il sindacato dei minatori inglesi oggi stappa una bottiglia ed esulta di fronte alla sua morte, io non riesco a trovare ciò deprecabile, sebbene neppure riesca a rallegrami: forse perché sono lontana nello spazio e nel tempo dai fatti che la videro protagonista, forse perché la nemica di classe è morta vittoriosa e non da sconfitta, forse perché sono troppo superstiziosa per essere felice per la morte di una persona, vorrei congedarmi da questa brutta figura del secolo scorso (le cui scelte hanno ricadute negative ancora oggi e qui, cioè anche su di me) con quello che realmente penso: Margareth, nemmeno una lacrima per te.