La parentesi di Elisabetta del 20/02/2013

“Le donne, ovvero una presidente della repubblica?”

Elisabetta Teghil

Negli anni ’70 ,alcune in buona fede, altre in cattiva, sostenevano che l’entrata delle donne nelle istituzioni avrebbe modificato queste  positivamente. L’esperienza ci ha insegnato che non è andata così: le donne nelle istituzioni  si sono messe,  insieme ai maschi, al servizio del sistema.
La soluzione non è certo rifiutare l’emancipazione, le donne fanno  e devono fare, se vogliono, qualunque lavoro e lo fanno bene e male come i maschi, ma non hanno portato e non possono portare nelle istituzioni nessun cambiamento e il giudizio politico su quello che fanno è giusto, doveroso, auspicabile e necessario.
L’emancipazione, da cui, comunque, non si dovrebbe tornare indietro, non solo non cambia la società, ma quando diventa un fine e non un mezzo, non aiuta, anzi è di ostacolo alla liberazione delle donne.
Il percorso emancipatorio fatto proprio, come fine e non come mezzo, dalle componenti vincenti del femminismo degli anni ’70 ha stravolto il percorso di liberazione, confondendo piani che avrebbero dovuto essere solo strumentali, con piani di rottura con l’ordine sessista e classista stabilito, riportando la lotta femminista a modalità funzionali a questo sistema.
Anzi, facendone un fiore all’occhiello del sistema stesso.
Abbiamo assistito alla svendita dei percorsi femministi e del termine stesso di femminismo.
L’emancipazione è stata uno  strumento di “pacificazione sociale tra i sessi”, per cui se le giovanissime sentono la parola femminismo, fanno un salto indietro e dicono di essere libere di decidere della propria vita perché possono prendere e/o lasciare un ragazzo quando vogliono, fare tardi la sera senza problemi e prendere la pillola.
Il percorso emancipatorio, così come si è realizzato, ha portato tante donne a legarsi profondamente con la struttura di potere e a diventare attive componenti dell’oppressione sulle altre donne: magistrate-poliziotte-giornaliste-docenti-controllore-vigilesse-mediche-assistenti sociali-soldate….e via andare, sono più realiste del re e attive nel mantenimento dei sistemi di controllo.
E, ieri, l’ex presidente del consiglio Monti ha auspicato una donna presidente della repubblica.
L’uso strumentale dell’oppressione di genere ha portato alla sola creazione  di percorsi privilegiati  (quote rosa, utilitaristiche pari opportunità……) che hanno stravolto e screditato, nel comune sentire, la parola femminismo.
Si è persa volutamente  ogni lettura di classe, inserendo le donne in una indistinta moltitudine che, a tutti i livelli, dovrebbe essere gratificata per le conquiste ottenute.
Per questo, questa società ed i suoi alfieri socialdemocratici e riformisti, sono, al di là delle belle parole, contro le donne ed il femminismo.
Ne deriva la necessità imprescindibile per il femminismo di uno smascheramento e di una presa di distanza da tutto questo e che le nostre lotte siano autodeterminate e autorganizzate.
L’autonomia non è altro che il riconoscimento dei propri desideri e la presa in carico della possibilità di realizzarli.
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