“In Amenas”

“In Amenas”

Elisabetta Teghil

Quello che è successo in Algeria nel campo di gas naturale della British Petroleum di “In Amenas” è strettamente legato alle vicende del Mali.
A una prima lettura queste ultime non presentano nessuna novità.
Là dove ci sono ricchezze si scatenano gli appetiti delle multinazionali che intervengono in prima persona e/o, soprattutto, tramite i rispettivi governi.
Da qui il provocare artificialmente guerre interetniche e/o religiose, appoggiare o criminalizzare, a seconda della convenienza, movimenti indipendentisti, strumentalizzare i diritti umani e la violenza sulle donne. E, secondo tradizione, manipolare le notizie con la partecipazione attiva dei media e piegare le stesse al tornaconto dei paesi occidentali.
Fin qui niente di nuovo. Ma una novità c’è.
I cittadini occidentali che lavoravano in “In Amenas” e che erano i veri destinatari dell’azione di occupazione di quel centro, sono stati sacrificati con un’offensiva dell’esercito algerino che ha messo in preventivo e data per scontata la loro uccisione.
Bugiardi, i governi occidentali hanno dichiarato di non essere stati consultati da governo algerino che ,invece, non si sarebbe mai permesso un’operazione dall’esito certo ed infausto senza il preventivo assenso delle potenze coloniali.
Tradotto in parole semplici, gli occidentali che vivono e lavorano nei paesi del Terzo mondo non godono più di nessuna forma di tutela da parte dei rispettivi governi. Sono sacrificabili così come gli indigeni agli interessi delle multinazionali, perché di questo si tratta, al di là delle cortine fumogene che i media sollevano.
Come non interessa più la sorte dei cittadini/e nei rispettivi paesi.
Anche questi sono sacrificabili, non importa come e quanti, agli interessi delle multinazionali. Non contano gli eventuali attentati nelle metropoli occidentali che sono messi in preventivo.
Nel patto sociale, avallato dalla socialdemocrazia che assolveva la funzione di garante, le guerre coloniali erano giustificate dalla ricaduta, in senso lato, di ricchezza per i cittadini/e tutti/e delle potenze coloniali.
Ora, è evidente che questo osceno patto è venuto meno.
Le guerre coloniali sono ricominciate con buona lena e i cittadini/e sono solo carne da macello. Con l’anomalia, questa sì solo italiana, che la più alta carica istituzionale e il partito che si appresta a vincere le prossime elezioni non sposano la causa della borghesia nazionale o di una frazione della stessa, ma quella delle multinazionali straniere.
Tutto questo è possibile perché non si smaschera il ruolo dell’attuale socialdemocrazia, destra moderna, guerrafondaia e sodale dei circoli atlantici.
Le premesse dell’assoluta caduta del valore della vita anche nei paesi occidentali sono state poste quando, nel silenzio più totale, è stata introdotta la pena di morte extra-legem: forzare un posto di blocco, che significa semplicemente non fermarsi all’intimazione di alt, comporta facilmente essere uccisi; essere fermati e/o arrestati significa facilmente fare una brutta fine; essere a disposizione dello Stato nelle carceri, nei commissariati …. coincide spesso con la morte; fino ad arrivare alle colazioni di lavoro alla Casa Bianca dove si stilano le liste dei cittadini, compresi quelli statunitensi, da eliminare fisicamente.
E’ un piano inclinato rispetto al quale c’è un silenzio che si tramuta in complicità tanto più stridente quando si insiste sui temi della legalità e della non violenza, posizioni che, di fronte a questi fenomeni si chiariscono per quello che sono effettivamente.
Non si tornerà mai abbastanza sull’aggressione alla Jugoslavia e su quello che ha rappresentato: una violazione della Costituzione, un crimine contro l’umanità corredato da numerosi crimini di guerra.
I numerosi esposti e denunce inoltrate da singoli cittadini e da associazioni alla magistratura italiana ed internazionale sono stati fatte cadere nel vuoto o hanno ricevuto risposte di incompetenza.
Rispetto a questa aggressione alcuni si sono distinti per i se e i ma, gli stessi che poi hanno brillato e brillano per il loro silenzio rispetto alle successive guerre neocoloniali.
Accanto a queste/i ci sono quelle/i che, rispetto alla repressione e alle condanne durissime di alcuni che hanno partecipato a momenti nodali di rivolta e di dissenso, hanno scritto che, tutto sommato, se la sono cercata e sono le stesse/i che non hanno mosso un dito riguardo alle pene pesantissime, confermate recentemente in Cassazione, comminate ai pacifisti contro la guerra alla Jugoslavia e non hanno trovato modo e tempo di prendere la penna in mano.
Ora, alla vigilia delle elezioni una  pletora di intellettuali, che si autorappresentano così, ci raccontano perché votare questo partito e questi partitini sarebbe un male minore. La traduzione del proverbio “l’inferno è lastricato di buone intenzioni”.
Mentre c’è questa accelerazione di ogni forma di crimine contro l’umanità, compresi quelli nei riguardi dei cittadini dei paesi occidentali, altri , che, bontà loro, si autodefiniscono intellettuali di sinistra, discettano del sesso degli angeli, guardandosi bene dal raccontare quello che pure avviene nella società.
Per non parlare di quelli che si offrono come consiglieri della corona.
Il patto sociale è saltato a tutti i livelli, anche le borghesie nazionali sono state ricondotte ad un ruolo di servizio a vantaggio di una iper borghesia transnazionale che non identifica più le sue sorti con il paese di origine e che ha assunto caratteristiche ed un’impronta aristocratica.
Non è vero che non c’è più differenza tra destra e sinistra, ma è altrettanto vero che le chiavi di lettura che ci siamo date/i fino ad ora sono inadeguate di fronte allo sconvolgimento sociale e alla ridefinizione dei rapporti fra le classi e le frazioni di classe.
Bisogna raccontare il ruolo della socialdemocrazia e di quei partitini a cui alcuni ancora, erroneamente, delegano la rappresentatività del popolo di sinistra, riappropriarsi della passione per la politica, della lettura di classe della società e degli avvenimenti rivalutando l’importanza della teoria, dell’ideologia e dell’organizzazione.
Tutti aspetti che non sono venuti meno, contrariamente a quello che ci vogliono far credere, ma che l’iper borghesia ha riservato solo a sé mandandoci allo scontro  a mani nude e a volto scoperto.
Non è vero, come qualcuno pensa, che l’acuirsi della situazione sociale nazionale e internazionale porterà alla guerra civile. Non ci sono le condizioni e le premesse, ci sarà solo la guerra ai cittadini e alle cittadine.
In questo mutato quadro gli ultimi schermi che potevano rendere non chiaro il ruolo di istituzioni come la magistratura, la polizia, l’esercito e permettevano ad alcuni di attribuire loro ruoli in qualche modo compatibili con gli interessi collettivi, sono venuti meno. In questo quadro mutato verrà fuori la loro vera essenza e il loro vero compito e questo varrà anche per lo Stato..
Non più camera di compensazione di interessi diversi, qualche cosa di più del gabinetto d’affari di marxista memoria, ma apparato al servizio delle multinazionali che hanno il volto e camminano con le gambe dell’iper borghesia che attingerà nel calderone degli oppressi quelli che in cambio della loro personale promozione sociale sono e saranno disposti, ognuno nel proprio ambito, a tenere nella disperazione tutti gli altri dalle cui file provengono.
L’equilibrio uscito dalla rivoluzione francese sulla divisione dei tre poteri è saltato con l’indebolimento del potere legislativo a scapito di quello giudiziario ed altresì momenti istituzionali come polizia ed esercito da strumenti tecnici hanno esorbitato dalla loro funzione e si muovono in autonomia.
Dirigenti provenienti da questi ultimi ambienti sono cooptati nel salotto buono dove si prendono le decisioni.
Per trovare qualche cosa di simile bisogna andare alla stagione delle “enclosures”.
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