di Elisabetta Teghil
Un grossista di ortofrutta di 62 anni di Torino si è ucciso sparandosi un colpo di fucile alla gola. Una donna di 55 anni di Bologna si è suicidata gettandosi in mare nel pesarese. A Isola Liri ,nel frusinate, un uomo di 38 anni, disoccupato da mesi, si è impiccato.
Chissà se Laura Boldrini, la vestale delle guerre neocoloniali, andrà ai loro funerali.
Si è svolta ieri la così detta manifestazione “contro la povertà”, indetta dal PD, nel chiuso di un teatro di Roma.
Una manifestazione contro la povertà senza i poveri, fatta in un quartiere povero come Corviale . Un macabro rituale, ma non di un gruppo dirigente mediocre e senza idee, come qualcuno racconta, tutt’altro, bensì di un partito al servizio del neoliberismo di cui è il terminale in Italia.
Scoprono la miseria, ma non raccontano che questo destino non è riservato solo, come hanno raccontato fino ad ora, agli extracomunitari, quelli che si salvano dai naufragi, o ai tossici sbandati, a cui, agli uni e agli altri, va tutta la nostra affettuosa solidarietà. Non è riservata ai “fannulloni” di varia natura , gruppi sociali di volta in volta da demonizzare, ma riguarda milioni di persone, ha connotati intergenerazionali e coinvolge anche la piccola e media borghesia, uccisa dallo smantellamento dello Stato sociale, dalle privatizzazioni, dalla precarizzazione, dalla stretta al credito, dalla caccia al lavoro che ricorda la corsa delle tartarughe appena nate, sulla riva del mare, descritte da Darwin.
I poveri/e sono senza volto e la cupola mediatica dedica loro una passata veloce nell’informazione quando si siucidano.
Lo Stato interviene quando fa loro l’autopsia.
Un’umanità dolente, immersa nella disperazione quotidiana, colpevolizzata, abbandonata, esclusa, emarginata e marginalizzata da una società impregnata di darwinismo politico-sociale, un’umanità a cui si vuole togliere anche la dignità, quella che la spinge a suicidarsi.
Da qui, l’oscenità di un partito, che di questo progetto è parte importante, che non rinuncia, per poterlo perseguire, ad autorappresentarsi come di sinistra e chiede ai poveri/e di tenere in mano la corda del cappio con cui li stanno impiccando, ed il silenzio colpevole dei partitini della sinistra così detta radicale,tutti tesi a rientrare in parlamento e a risolvere i loro problemi di autoriproduzione.
In questo contesto, suonano fuori posto le giaculatorie sulla non violenza e sulla legalità, nonchè quelle sulla meritocrazia.
Queste ultime tutte tese ad una autopromozione personale, variante attualedi una polizza sociale, in cui spiccano le componenti socialdemocratiche del femminismo, dove l’analisi della condizione della donna si tramuta in sociologia e si esorcizza nella catarsi della carriera.