di Alessandra Daniele
La polizia di Ferguson ha celebrato l’anniversario dell’assassinio di Michael Brown ammazzando un altro ragazzo nero disarmato. E poi un altro. E poi un altro ancora.
Sono centinaia le vittime afroamericane della polizia in tutti gli USA che hanno scandito con la loro morte violenta gli ultimi dodici mesi a un ritmo quotidiano, come martiri d’un calendario.
Esistono blog interamente dedicati alla lista aggiornata dei loro nomi.
Esistono blog interamente dedicati alla lista aggiornata dei loro nomi.
E la strage continua.
Forse anche questo mio post di oggi dovrebbe consistere soltanto in una lista di nomi: quelli di tutti coloro che sono morti annegati, soffocati, e in altri modi altrettanto orrendi, al confine di un’Europa troppo egoista e vigliacca per concedergli una via d’accesso che non costi la vita a chi è così disperato da percorrerla comunque, un’Europa abbastanza paranoica e razzista da definirli invasori per questo.
Un’Europa nella quale intere carriere politiche, interi partiti sono costruiti soltanto sulla paranoia razzista, che i media ogni giorno fomentano a caccia di capri espiatori per la crisi.
Dov’è il confine fra egoismo vigliacco e complicità in strage?
Di certo noi non potremo dire che non sapevamo.
Ciò che le vittime della polizia USA e della xenofobia europea hanno in comune sono il colore scuro della pelle e la classe sociale, e non è certo una coincidenza.
Se c’è una Terza Guerra Mondiale in atto, è quella contro di loro.
Questo mio post non potrà essere una lista di nomi, perché la maggior parte delle vittime del confine non è ancora stata identificata, né lo sarà mai.
Nei nostri cimiteri insieme ai loro corpi senza nome stiamo seppellendo la nostra umanità.