Messina Smart City/ NON E’ FORSE QUESTA GUERRA?!

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO QUESTO INTERESSANTE OPUSCOLO

NON E’ FORSE QUESTA GUERRA?!

01/ NON È FORSE QUESTA GUERRA?!
La democrazia è un cappio al collo di un suicida, con il nodo fatto
male. Mantiene in vita morenti come zombie frustrati. E sempre più
spesso poi ci si ritrova a fissare il vuoto; non è forse questa guerra?!
Le nostre esistenze sono inondate da un sentimento di separazione,
percezione a volte irreparabile di astrazioni sempre più isolanti.
Diventiamo complici silenti di questa ‘barbarie democratica; obbligati
ed obbligate ad essere costantemente diretti/e oppure ad essere la
nuova classe dirigente, quella che brinda ai disastri del Libano,
dell’Afghanistan, di Gaza, della provincia noiosa e del sobborgo
povero; non è forse questa guerra?!
I padroni delle città, sempre più piene di telecamere indiscrete,
sorvegliano ogni nostro passo a tutela del privilegio, prospettano il
peggio e guadagnano il più possibile preparando i loro dispositivi di
‘prevenzione’ e ‘sicurezza’. Lo vediamo con le nostre vite sempre più
blindate, sempre più spiate: a cosa servono tutte quelle guardie ad
ogni angolo? Dicono: “al servizio dei cittadini”; ma che ne è di chi non
riesce o non vuole diventare una macchina implacabile capace di
rispondere senza farsi troppe domande ai dettami del mercato e alle
regole dello Stato? Non bisogna essere anarchicx per accorgersi che
le polizie proteggono la proprietà, che se non possiedi non sei
persona da tutelare, ma piuttosto la plausibile infezione da cui
immunizzarsi in ogni maniera.
Il medico diagnostica la patologia, individua l’agente patogeno;
dunque, prognosi e terapia. Tribunali come sale operatorie; e dopo la
condanna, loculi del diametro di uno sputo, il più catarroso possibile,
al cui interno sospendere vite umane in nome della loro manifesta o
potenziale pericolosità. Carceri, carceri psichiatrici, istituti, comunità,
cpr, caserme, università, uffici, non-luoghi della produzione,
appartamenti, salottini e baretti vari.
Non è forse questa guerra?!
Ci cuciono addosso epidermidi finte e levigate, contro ogni refuso
anti-estetico, contro ogni particolarità e soggettività, che una volta
indossate tendono ad appiattirci, ad appiattire, ad assottigliare. Una
luce tutta artificiale su volti dai quali altrimenti trapelerebbe
un’inevitabile senso di nausea: la versione cinque punto zero
dell’esistente,
non è forse questa guerra?!
In un punto di confusione degna del più oscuro dei bivi ci si ritrova
troppo spesso costretti ad esercitare una forma di libertà
condizionata, concessa dall’alto a chi sgobba duramente senza
protestare. In un mondo che programma la nostra obsolescenza a
raggio sempre più corto, mettendoci a profitto al pari di vacche e buoi
degli allevamenti intensivi, si domanda lavoro per esistere. Si cerca
lavoro ma si desidera vita. La trappola è pronta e ci caschiamo tutti e
tutte dentro, volenti o nolenti.
Non è forse questa guerra?!
Sembra irreversibile ma non lo è. Altrimenti perché il Leviatano
affilerebbe sempre più i suoi artigli?! Si, è assolutamente vero che il
settore penitenziario (e tutto ciò che vi ruota intorno) è un vero e
proprio mercato, una florida industria in costante espansione; ma è
anche vero, molte volte, che nel sistema di capitale le idee di profitto
si reggano su una necessità esistente a prescindere dall’utile
monetario estraibile da questa, che spesso si palesa in un secondo
momento. In tal caso, se da un lato esistono scambi di sguardi
ammiccanti tra governo e grandi holding (vedi Webuild e il suo
interesse nei progetti “Recidiva zero”avviati dal Ministero della
Giustizia*), dall’altro lato se provano ad atterrirci con carcerazione a
tutto spiano, botte e menzogne, è perché la possibilità concreta di
una rivolta non smette di far loro paura.
“Ogni atto repressivo è un timore trasfigurato”, il rafforzarsi di un
bastione che si sente sotto potenziale attacco.[…]

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