Fuori controllo!

Materiali di riflessione/ Fuori controllo.

Gli americani hanno portato a termine, poche ore fa, un attacco con droni in Iraq, a detta di Donald Trump in risposta all’assalto all’ambasciata statunitense a Bagdad di due giorni fa, uccidendo il generale iraniano Qassem Soleimani, capo delle milizie al-Quds dei Guardiani della Rivoluzione la forza d’élite dell’esercito della Repubblica islamica. Ucciso anche il numero due di Hashed – rete di milizie sciite – Abu Mahdi al-Muhandis. L’impudenza, l’arroganza, la pervicacia con cui americani e israeliani si permettono di portare a termine azioni di guerra in casa d’altri, di uccidere in maniera mirata chi non è loro gradito sono ormai fuori controllo.

I destini del mondo si stanno giocando ancora in Medio Oriente e in particolare in Siria.

Vi riportiamo alcuni stralci di testi che abbiamo prodotto in questi anni come materiali di riflessione.

 […] Davvero non abbiamo imparato niente di quello che è successo dal ’91 ad oggi?

Davvero è così complicato prendere posizione, oppure lo schema è sempre lo stesso e gli interessi anche?

Come è possibile cadere dalle nuvole e denunciare scandalizzati/e l’inadeguatezza dell’ONU come argine all’uso della forza militare nelle controversie internazionali?

Forse perché la Storia recente non l’abbiamo interrogata nel modo giusto…abbandonando troppo presto delle categorie di lettura giudicate superate. C’è qualcuno/a, ad esempio, che sostiene che non si debba più parlare di imperialismo ma di imperialismi…sostengono infatti che, trovandoci alla porte di un futuro multipolare in cui l’America è in totale declino e non esistono paesi socialisti, il problema oggi è rappresentato dai conflitti tra imperialismi diversi[…] La teoria degli opposti imperialismi è come quella degli opposti estremismi: è una mistificazione[…]

Non prendere posizione, non compiere una scelta, significa in realtà accettare la logica del più forte, la logica dell’arroganza, della prevaricazione e dell’aggressione. E noi donne sappiamo fin troppo bene come funziona questo meccanismo.

Sappiamo bene cosa significa confondere aggredita ed aggressore quando veniamo messe sullo stesso piano di chi ci avvilisce, ci umilia e ci opprime perché, ci dicono, anche lei avrà avuto le sue colpe, perché, tutto sommato, se l’è cercata…

La nostra pratica femminista ci ha insegnato a partire da noi e noi abbiamo fin troppo chiaro che la strumentalizzazione che viene fatta della violenza sulle donne, qui, per introdurre leggi securitarie, per tenerci vincolate in una dipendenza protettiva/coercitiva è la stessa che viene applicata ai popoli del terzo mondo con la strumentalizzazione dei “diritti umani violati”, della violenza sulle diversità, con la santificazione delle nostre così dette “democrazie” per poter attuare la politica neocoloniale che è parte strutturante dell’ideologia neoliberista.

Non serve comprendere nel particolare le dinamiche tra ogni gruppo politico che si muove in medio-oriente e tra gli schieramenti incrociati per capire che la destabilizzazione di quell’area è un progetto Usa&Co che affonda le radici parecchio indietro nel tempo.
Crediamo fermamente che nessuna situazione storica, soprattutto per chi alla Storia vuol partecipare e non solo subirla, sia troppo complicata per essere affrontata o, se proprio ci si sente in difficoltà, almeno guardata, osservata, assunta su di sé.

Alla fine è solo questo che si chiede a chi si professa antagonista: non cadere vittima della propaganda mediatica, resistere all’imbarbarimento intellettuale e culturale.

La Storia serve a prendere posizione, e la Cultura è la volontà storicizzata.
Allo stesso modo crediamo fermamente che i fervidi sostenitori del né- né ,né con Assad, né con gli Usa ( quelle/i che sono  in buona fede naturalmente, perché le altre/i sono invece partecipi del progetto neoliberista),  siano semplicemente alla ricerca dell’assoluta purezza intellettuale: coltivano, ma solo a livello intimista, un’idea di comunità politica talmente perfetta e alta da non potersi immischiare con la realtà storica[…]  La logica dell’equidistanza appartiene al privilegio e riduce i/le compagn* del Nord del mondo a semplici croniste/i…come diciamo sempre la Storia non è neutra ma è di parte e noi tutt* non abbiamo forse il dovere di narrare il nostro tempo, non come imperativo morale, ma come quella riappropriazione della vita che è fondante per noi nel percorso di femministe e di compagne? per come stiamo messe/i prendere parola non solo è necessario, ma è anche sufficiente come punto di ripartenza
.(Coordinamenta/Anche un sospiro può essere un urlo,1 ottobre 2013)

 

[…] Gli Stati Uniti hanno 300 basi militari fuori dai confini nazionali e più di 200 Agenzie e possono contare su una miriade di Ong, Onlus e società di Think Tank.
Hanno piegato le Organizzazioni internazionali ai loro interessi e trasformato la Nato in polizia internazionale.[…] Chi fa resistenza è accerchiato ideologicamente, economicamente e militarmente, e, se si sottrae, è soggetto ad attacchi militari in atto o in potenza.[…] Assimilare il ruolo degli USA ad altri paesi dietro il paravento che sono tutti imperialisti fa dimenticare la lezione marxista della differenza tra la contraddizione principale e la contraddizione secondaria.

L’America riplasma il mondo a sua immagine. Ma tutto ciò passa attraverso la colonizzazione economica, politica, semiotica ed ideologica.

La lettura che tutto è imperialismo, che in prima battuta, può sembrare radicale, è l’altra faccia del gradualismo. Attraverso questi meta-concetti non si può che avallare l’imperialismo americano, perché questo è quello vincente e dominante con cui dobbiamo fare i conti. La lettura che tutto è imperialismo dimentica che il disimpegno dello stato sociale, il rafforzamento delle componenti poliziesche e penali, la riduzione delle tutele del mercato del lavoro e delle tutele sociali, fino ad approdare alle guerre “umanitarie” non sono altro che la declinazione nazionale dei valori statunitensi che impongono al resto del mondo categorie analoghe alle loro strutture sociali rafforzandone così le pretese universalistiche.

Il gradualismo, poi, non è altro che un bilancio tutto sommato positivo del capitalismo. Si tratta di costruire attraverso successivi passaggi e piccoli passi un capitalismo dal volto umano.

La storia dell’imperialismo ha tre fasi distinte:

– l’imperialismo costruttore di imperi coloniali
– l’imperialismo analizzato da Lenin che vedeva le maggiori potenze a sostegno delle loro multinazionali
– l’imperialismo globale degli Stati Uniti, quale unica superpotenza che si pone l’imperativo di fondare una struttura di comando politico universale del capitale guidato e soprattutto sotto il paese globalmente dominante.

Le manifestazioni dell’imperialismo USA sono troppo numerose ed evidenti perché ci sia bisogno di ricordarle e elencarle[…]
Se diluiamo il ruolo degli Stati Uniti dicendo che l’imperialismo è patrimonio anche delle altre potenze, come del resto è vero, dimentichiamo soprattutto il fatto, questo sì centrale, che noi, in Italia, dobbiamo fare i conti con l’imperialismo americano.[…]
Dimenticando a piè pari i rapporti di forza e che gli Stati Uniti occupano con le loro basi militari il territorio di non meno di 70 paesi, un numero che continua a crescere con l’allargamento della Nato.
Fraintendere e distorcere la comprensione del presente significa proiettare nel futuro anche il passato rimuovendo le specifiche determinazioni storiche del presente e i suoi limiti spazio-temporali.
Sarebbe come accettare la falsa e riduttiva lettura che le lotte di liberazione dei popoli del terzo mondo non erano altro che manifestazioni della guerra fredda e negare, oggi, la valenza politica delle loro lotte di resistenza

E si risolve in una legittimazione della struttura imperialista della politica che, oggi, poggia soprattutto sull’attualità storica dell’offensiva statunitense. Pertanto è impossibile costruire una alternativa strategica credibile al modo imperialista se non si mette in discussione l’egemonia statunitense.

Questo non solo a livello di geopolitica, ma anche nei microcosmi costitutivi a livello nazionale. Non facendo questa operazione si cade negli errori e ritardi di valutazione su quello che è successo in Jugoslavia, in Iraq, in Libia e adesso in Siria.[…] Gli Stati Uniti sono la struttura politico-militare di comando del capitale e tutto quello che è asimmetrico è relegato nel ruolo di avversario da sconfiggere ed eliminare.

Chiunque, a qualunque titolo, teorizzi, progetti o semplicemente auspichi una situazione qualitativamente diversa deve fare i conti con la pretesa di dominio del mondo da parte del più potente Stato del capitale che ha imposto la sua politica aggressiva, le guerre “umanitarie”, al resto del mondo tutto, alleati-complici o avversari-terroristi.
Questa fase dell’imperialismo dove gli Stati Uniti sono la forza assolutamente dominante richiede la capacità di lettura e di mobilitazione contro gli aspetti mortali caratteristici di questo momento.
E’ importante non dimenticare che l’imperialismo americano si fonda sull’arroganza di categorie di superiorità (il paese più civilizzato, più progredito….) e sul conseguente disprezzo nei confronti degli altri popoli considerati come inferiori e pertanto gli americani leggono il loro imperialismo come una missione superiore e sacra tesa a proteggere la civiltà e ad instaurare la democrazia.

In definitiva una lotta del bene contro il male.

Tutto questo è profondamente razzista e veicola l’essenza del razzismo :la superiorità di un popolo nei confronti di un altro. Ed è questo un tratto ulteriore che caratterizza l’imperialismo statunitense.
Bisogna sempre fare i conti con il fatto che l’imperialismo condiziona i cambiamenti dell’evoluzione storica.
L’imperialismo egemonico globale degli USA è un tentativo di imporsi come Stato internazionale del sistema del capitale e, in quanto tale, su tutti gli altri Stati nazionali, più o meno recalcitranti.

Non è possibile rovesciare questo stato di cose evocando l’imperialismo di tutto e di tutti, così come richiedendo, secondo il “politicamente corretto”, delle modificazioni di questo o quell’altro aspetto dell’imperialismo.
Nell’un caso e nell’altro non si fanno i conti con l’autovalorizzazione della globalizzazione capitalistica e con il suo stadio attuale.
L’antimperialismo non è un postulato ideologico astratto, ma è materialmente fondato sul dispiegarsi delle condizioni e contraddizioni della presente congiuntura storica[…]      ( E. Teghil, Femminismo materialista, ed. Bordeaux, Roma 2015, pp.50,57)

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