“Talmudisti e Nicodemisti”
Cominciamo con un esempio che vale più di mille parole. Il movimento indipendentista catalano non andrebbe appoggiato perché non è guidato dalla classe operaia e si dovrebbe auspicare invece la repubblica federale spagnola, progetto in grembo agli dei che non vedranno né figli né nipoti. Maniera elegante, quindi, per dire no alla repubblica catalana e farsi belli evitando di esporsi.
Peccato che la borghesia sappia bene cosa fare. Gli indipendentisti catalani sono in carcere, verranno processati e condannati.
Questo è l’atteggiamento di tante persone che si autodefiniscono di sinistra, colte e inclite. È molto diffuso e si ripropone in tante occasioni. Si era già presentato con la rivoluzione castrista definita una lotta interna alla borghesia e, comunque, lontana dagli interessi della lotta di classe. Costoro sono i Talmudisti.
Tranciano giudizi su ogni tentativo di uscire da questa società o anche solo di provare a dare una risposta diversa e stigmatizzano tutto e tutti: Thomas Sankara si sarebbe spinto troppo avanti, Lula, Dilma Rousseff, Kirchner sarebbero stati troppo tiepidi e avrebbero perso il contatto con le masse… Ce n’è per tutti perché i talmudisti sono i depositari del verbo, pensano a studiare le sacre scritture, a interpretarle e a fare esegesi. E questo permette loro di non prendere mai posizione, di non schierarsi mai, ma anzi di avallare chi racconta, perché adesso siamo arrivati addirittura a questo, che la colpa del colpo di stato in Cile è delle politiche sconsiderate di Allende e che Maduro e prima di lui Chavez sono dei dittatori che, circondati da pretoriani, hanno dissanguato il paese e impoverito i venezuelani.
Ma i Talmudisti si esercitano per dare interpretazioni sempre più raffinate, e infatti alcuni ci raccontano che Chavez era ben altra cosa ma il suo pensiero è stato tradito da Maduro. Chiaramente perché Chavez è morto altrimenti chissà quale sarebbe stata la versione adatta allo scopo.
E le letture dei Talmudisti alla fine coincidono, guarda caso, sempre con gli interessi americani e rimbalzano notizie tendenziose che fanno il gioco del grande capitale: Allende quando si era laureato avrebbe fatto una tesi antisemita, Castro avrebbe eliminato politicamente il Che costringendolo all’esilio e poi alla sua morte avrebbe versato lacrime di coccodrillo, le armi che hanno ucciso il Che sarebbero state di fabbricazione sovietica e lo stesso Che sarebbe stato un mediocre politico e un rivoluzionario maldestro e soprattutto oggettivamente controrivoluzionario. Ce n’è per tutti.
Non esiste rivoluzione o progetto rivoluzionario che costoro non abbiano demonizzato. Gli unici di cui, occasionalmente, possono parlare bene sono i rivoluzionari uccisi o perdenti, per tutti gli altri che con le unghie e con i denti tentano di portare avanti progetti alternativi a questa società o, apriti cielo, che la rivoluzione la fanno, ci sono critiche e offese.
Per questi “sinistri” i sogni muoiono all’alba e le rivoluzioni si farebbero, invece, con buone leggi che nel silenzio attonito e sorpreso e magari invidioso del nemico di classe costruirebbero una società socialista.
Tutto comincia per loro con la rivoluzione d’ottobre dove i bolscevichi, mentre il paese era invaso dagli eserciti di ben 19 paesi stranieri e divampava la guerra civile guidata dalle forze reazionarie e controrivoluzionarie, avrebbero instaurato una dittatura.
L’acme viene raggiunto, però, quando ci dicono che gli assassini di Luxemburg, cioè i socialdemocratici, hanno ragione quando raccontano che Rosa era una fiera avversaria di Lenin. Così la uccidono per la seconda volta, anche politicamente.
Tutto ciò risponde ad una visione pretestuosa e strumentale: quando i rivoluzionari discutono tra loro e hanno anche posizioni diverse ma tengono la barra dritta sul progetto rivoluzionario vengono trasformati in reciproci avversari, se, invece, c’è accordo è la conferma della burocratizzazione del dibattito e del suo appiattimento.
Le lotte di liberazione dei popoli del terzo mondo e soprattutto di quelli africani sarebbero dovuto all’appoggio e ai finanziamenti dell’Unione Sovietica e, comunque a noi le lotte di liberazione nazionale non dovrebbero interessare affatto, secondo i Talmudisti, perché siamo internazionalisti. E in ogni caso bisogna approfondire il tema, sentire tutte le parti in causa e smascherare che alla fin fine sono tutte guerre inter imperialiste. E poi, che fine hanno fatto questi paesi africani una volta diventati indipendenti? D’altra parte che aspettarsi da popolazioni così lontane dalla concezione democratica?
Poi ci sono i Nicodemisti, specialisti nel defilarsi, nell’occuparsi del sesso degli angeli e nell’evitare argomenti che, a loro giudizio, potrebbero essere pericolosi.
Quando Salvemini tornò dall’esilio scrisse di essere stato costretto ad ascoltare e subire una pletora di professori che spergiuravano di essere sempre stati in cuor loro antifascisti ma che purtroppo non si erano mai potuti esprimere e che perciò tutto sommato lui era stato un privilegiato dato che non aveva dovuto sopportare questa angoscia che li aveva attanagliati. Quasi quasi Salvemini si doveva vergognare di questa sua “fortuna”.
Applicano alla lettura degli avvenimenti politici lo stesso meccanismo con cui vogliono raccontare la storia, considerando tutte le versioni e possibilmente mettendole sullo stesso piano cioè vorrebbero applicare il metodo anglosassone, di una storia neutra che invece non esiste, anche alla lettura degli avvenimenti internazionali.
C’è un rapporto incestuoso ed interessato tra Talmudisti e Nicodemisti.
Una marea di riviste, cattedre, centri studi si presentano di sinistra. Premettono un incipit di sinistra, ma poi quando sviluppano il loro lavoro supportano sempre le ragioni del capitale e degli Stati Uniti. Attraverso un’analisi che presentano come approfondita e a tutto campo ci raccontano che tutti sono imperialisti, che bisogna mettere a confronto tutte le opinioni e che il confronto deve essere al di sopra delle parti. Così non distinguono più aggredito ed aggressore, le parti si confondono e di fatto privilegiano sempre il più forte che guarda caso è anche sempre l’aggressore. Il rapporto e l’interconnessione fra Talmudisti e Nicodemisti ha generato un mostro, il Sicofante, che si presta per interesse, neanche tanto occulto, a testimoniare a favore della corona. Da qui gli elogi alle rivoluzioni colorate, alle primavere arabe, al pinkwashing e la chiamata alla mobilitazione e alle armi contro tutti i governi asimmetrici agli interessi del grande capitale transnazionale, ma loro usano esclusivamente il termine regimi.
Tutto è cominciato in Afghanistan dove un governo comunista guidava il paese e, nelle possibilità di quell’area geografica e culturale, aveva introdotto norme che pur con i limiti dovuti alla tradizione locale erano di grande apertura anche e soprattutto nei confronti delle donne. Con un rovesciamento palese e grossolano della realtà, e proprio strumentalizzando le donne, il governo è stato rovesciato ed è stato consegnato il paese in mano ai talebani che lo hanno riportato indietro di secoli, donne comprese. Il meccanismo è stato vincente tanto è vero che ancora oggi si continua a parlare dell’invasione sovietica dell’Afghanistan mentre l’aiuto sovietico era stato richiesto dal legittimo governo e il metodo applicato in quel caso si continua ad utilizzare. La parola dittatura e l’epiteto di novello Hitler si continua ad usare come un marchio itinerante da applicare a tutti i governi asimmetrici agli Usa e al grande capitale: da Milosevic e la repubblica federale Jugoslava dove convivevano cinque stati e diverse etnie, passando, per citare soltanto i casi più recenti, all’Iraq che andava bene finché si è prestato a promuovere la guerra contro l’Iran e poi è stato ridotto ad un cumulo di macerie appena ha osato sollevare la testa, per passare alla Libia in cui Gheddafi aveva osato parlare di moneta unica africana, per arrivare alla Siria e senza dimenticare l’Ucraina dove invece è stato installato un governo dichiaratamente nazista.
In tutte queste occasioni le bandiere dei Sicofanti hanno sventolato davanti alle ambasciate di quei paesi e gli stessi organizzavano manifestazioni di supporto al rovesciamento dei “dittatori locali”. I social venivano inondati dalla descrizione particolareggiata delle efferatezze compiute da quei governi comprese immagini cruente di massacri rivelatisi poi falsi, notizie tendenziose o completamente infondate o appartenenti a situazioni non corrispondenti né al paese in questione né ai motivi sbandierati o costruite addirittura ad arte come la scenografia di un film. Il tutto accompagnato da bombardamenti all’uranio impoverito, questi sì veri, su fabbriche, su civili, su ambasciate e dallo sganciamento sull’Iraq di una bomba atomica di dimensioni limitate ma con gli effetti collaterali devastanti delle radiazioni atomiche.
Siccome Sicofanti non si nasce ma si cresce e si “migliora”, il culmine lo hanno raggiunto nel raccontare la lotta armata in questo paese. In Italia non ci sarebbe stata nessuna lotta armata espressione della lotta di classe, bensì quello che è accaduto sarebbe il prodotto dei servizi segreti. Qui i nostri zelanti Sicofanti si sono sbizzarriti. Quali “servizi” scegliere? quelli nostrani o quelli americani? quelli inglesi o quelli francesi? Se fossimo stati in Germania sarebbero stati quelli della Germania est ma siccome qui da noi ancora non potevano utilizzare l’onnipresente Putin, almeno questo ce lo hanno risparmiato! I più raffinati però distinguono fra le prime BR che sarebbero state in buona fede e le seconde BR che sarebbero state pesantemente infiltrate. Ma, quelli più preparati ancora, pontificano che le BR non erano guidate dai servizi, bensì condizionate, oppure che erano costituite da pazzi generosi che però hanno portato tanto danno alle lotte.
In questo modo, fornendo una risposta al perché tanti sono stati uccisi e torturati e hanno passato tanti anni in carcere, avrebbero trovato il modo di chiudere il cerchio.
Ma anche questa risposta, purtroppo per loro, è insufficiente e non dà una spiegazione sul fatto che esistevano 269 formazioni armate alla fine del 1979, che i cittadini inquisiti sono arrivati a 36 mila, di cui 6 mila condannati con 7.866 attentati e 4.290 azioni violente ai danni di persone.
Ma ritorniamo all’attualità. Per tutti costoro i Gilets Jaunes non convincono perché non sono guidati dagli operai, sono bottegai e poujadisti, non sventolano la bandiera rossa ma il tricolore francese!
Le guerre umanitarie un senso lo avrebbero perché aiutano i popoli del terzo mondo ad impostare una democrazia che non conoscono e non sono in grado di attuare a causa dei feroci regimi che li reprimono e, naturalmente, noi siamo disposti ad aiutarli affinché rimangano a casa loro.
La globalizzazione, sempre secondo i Sicofanti, è positiva perché abbatte i confini ed è la versione più moderna ed attuale dell’internazionalismo. In fin dei conti al di là delle belle parole che mettono in campo, nella sostanza ci dicono che non ci sono alternative, che la società in cui viviamo è l’unica possibile e al massimo si possono fare qua e là dei piccoli miglioramenti.
E così danno per scontate e ci fanno interiorizzare la solitudine, la miseria, la paura, la rassegnazione, l’idea che non ci può essere niente di meglio, in definitiva naturalizzano tutto questo e rompere con questo meccanismo è il primo atto di libertà. Anziché prendere consapevolezza della complessità sociale, delle fratture che per certi versi si sono accentuate mascherate dietro un cambio di abito di scena, ci vorrebbero far assumere i valori di questa società e ci vorrebbero far girare a vuoto cercando di sopprimere in tutti i modi le alternative. Il loro impegno è avere legittimazione abrogando segni, riferimenti e segnali, ma il nostro è liberarci dalla pesantezza del reato e del reale, è sottrarci agli orizzonti stabiliti dal potere, è smascherare i loro meccanismi e liberare la potenza costruttiva della verità.