In ricordo di Ulrike, 9 maggio 1976/9 maggio 2017
“Bambule” Storie di adolescenti in una casa di correzione femminile tra solitudine e rivolta, 1970
[…] L’educazione sorvegliata riguarda solo i giovani appartenenti alla classe operaia. Le famiglie borghesi hanno raramente a che fare con l’Ufficio assistenza minorenni e con l’intervento sociale nell’ambito familiare. Salari troppo bassi, troppi figli, un appartamento troppo piccolo costituiscono una vera e propria catastrofe per una famiglia operaia […] Per la famiglia operaia l’educazione ha due funzioni: alleviare la famiglia e domare i giovani, senza cambiare in nulla le cause profonde della loro deviazione. Secondo l’Ufficio assistenza minorenni è esclusa la possibilità che un posto di apprendista non sia adeguato: ciò che realmente conta è che il giovane lo ha lasciato. L’Ufficio assistenza minorenni non prende neppure in considerazione il fatto che un bambino viva in condizioni deplorevoli, ammucchiato con fratelli e sorelle in un appartamento piccolissimo, dove non si possono fare i compiti: ciò che conta è che egli ha marinato la scuola. Poco importa se non ha neppure un soldo, viene considerato solo il fatto che ha rubato. Non è rilevante che una ragazza non abbia nulla da indossare, pur essendo intensamente sollecitata dalla pubblicità, ciò che conta è che batte il marciapiede.
Per i giovani che non vogliono rassegnarsi alla loro condizione di emarginati l’educazione sorvegliata costituisce una minaccia e per coloro che volessero uscirne individualmente, una punizione.
L’educazione sorvegliata non allevia la miseria dei giovani proletari: li costringe a rassegnarvisi. Quando i genitori falliscono in questo compito, che spetta loro in prima istanza, lo stato li sostituisce e, esercitando in prima persona la repressione necessaria, ordina l’educazione sorvegliata.
L’educazione sorvegliata fa rigare diritto: essa è dunque una punizione che serve da ricatto “O rientri nei ranghi o vai in Istituto!” “Se le assenze ingiustificate di vostra figlia si ripetono, saremo costretti a chiedere il suo ritiro in un istituto”. Nelle famiglie borghesi la minaccia rimane senza conseguenze. Nelle famiglie operaie essa è assolutamente reale e non può essere presa alla leggera.[…] L’educazione sorvegliata è lo sbirro del sistema, è il manganello che inculca nella testa dei giovani che non devono desiderare altro che lavorare tutta la vita alla catena, essere sfruttati, ricevere ordini e tacere.
L’educazione sorvegliata è l’educazione dello stato: i genitori non possono più dire una parola, lo stato fa ciò che gli sembra opportuno. In questo senso l’educazione sorvegliata è esemplare. quando si vede in che condizioni sono ridotti i giovani dell’Assistenza pubblica, ci si può fare un’idea circa la concezione che lo stato ha in materia di educazione. Le vessazioni negli istituti sono un addestramento alla normalità: si può pensare che alla lunga il comportamento ottenuto sarà interiorizzato e diventerà un’abitudine. La reclusione, il divieto di uscire, di avere denaro, sigarette sono tra le vessazioni più normali.[…]
Ulrike Meinhof-“Bambule” 1970/Edizione italiana Savelli Editori “Ammutinamento”Milano 1980