Femminismo e antifascismo
di Noemi Fuscà
Spesso quando si parla di fascismo e comunismo si parla di opposti estremismi, eccessi ideologici dell’una o dell’altra parte; gli uni sono presentati almeno nel nostro Bel Paese come patriottici e portatori di ordine (pensiamo banalmente alla frase che dice che con Mussolini i treni arrivavano in orario….) e gli altri, in questo caso si parla di noi compagne e compagni, sono sognatori e terroristi…. e mangiano i bambini, manco fossimo la Strega di Hansel e Gretel….
Il problema non è dovuto a semplice ignoranza politica che contraddistingue questo paese e che appartiene a chi ha sempre scelto di girarsi dall’altra parte invece di reagire, ma ad un meccanismo messo in atto dalla borghesia e che si esplicita in maniera forte anche in questa fase neoliberista.
Sin dal 1919, i fascisti sono stati utilizzati da parte del padronato come mano armata, hanno sempre avuto questo ruolo. Potrei dissertare parecchio sul ruolo politico del fascismo ma in questo momento quello che mi interessa è spiegare per l’ennesima volta quanto il Femminismo sia necessariamente antifascista.
Nemmeno la Resistenza è stata narrata dalla parte dei partigiani/e e antifascisti/e, non è stata raccontata la nostra storia ( perché ci dobbiamo sempre ricordare che nemmeno la storia è neutrale) bensì è stata fatta immediatamente un’opera di revisionismo storico dando spazio ad una versione ufficiale dove l’unico approfondimento poteva essere qualche documentario anglo-americano sul secondo conflitto mondiale o sulla shoah. Hanno annacquato e stravolto la nostra storia e la nostra memoria, fatte di compagne e compagni, persone che hanno fatto la Resistenza non solo per porre fine ad un conflitto, non solo per cacciare il nazifascismo, ma perché perseguivano un ideale rivoluzionario di uscita dalla società del capitale.
Hanno messo così le basi per continuare ad usare il fascismo come cane da guardia, come variante da usare all’occorrenza. Il fascismo, infatti, come anche il nazismo, non è qualcosa di estraneo alla borghesia, ma è un’opzione che viene usata all’occorrenza.
Parlare di opposti estremismi è puramente strumentale, come parlare di fine delle ideologie. L’ideologia non è altro che una visione onnicomprensiva del mondo e la borghesia vuole esserne l’unica depositaria.
Quindi, vi chiederete, cosa c’entra il Femminismo con tutto questo? Beh lo scrisse anche Simone De Beauvoir che il femminismo, volenti o nolenti, è di sinistra, nell’accezione che la tradizione ha dato a questo termine, non certo in quella di cui si riempie la bocca la così detta sinistra socialdemocratica ( leggi PD, annessi e connessi) che altro non è, invece, che la destra moderna.
L’idea di femminile portata avanti dal fascismo è inquadrata in Dio, Patria e Famiglia, lo scopo della donna è il lavoro riproduttivo e quello di cura in una posizione subordinata al maschile che rispecchia le gerarchie e le classi sociali.
Le associazioni femminili fasciste dovevano essere di esempio per la gran massa delle donne e perseguire il modello di madre e sposa esemplare, dedita ad allevare i figli per il bene della Patria, in una visione di servizio a tutto campo nei riguardi dello Stato , della famiglia, del maschio. Il tutto inserito in una visione sessista, omofobica, lesbofobica, razzista della società.
Il fascismo è sempre questo, ieri come oggi, e viene usato dalla borghesia ogni volta che è funzionale, sia che si tratti di aggressioni armate, sia che si tratti di fomentare rigurgiti reazionari e razzisti tra la popolazione, sia che si tratti di contrastare il diritto all’aborto……
Il neoliberismo gioca su diversi piani la sua battaglia contro ogni forma di dissenso, usa il neofascismo, strumentalizza la violenza che viene così scatenata in funzione di un serrato controllo sociale
In questi giorni verrà approvato un nuovo decreto sicurezza con la scusa del “pericolo terrorista di matrice islamica” ma non dimentichiamoci che l’ultimo pacchetto di controllo sociale era giustificato dalla lotta al femminicidio ma era indirizzato a reprimere in particolare la lotta Notav, e quello ancora precedente partiva dall’allarme-stupri e colpiva le tifoserie di calcio.
I problemi sociali vengono così usati per reprimere le lotte e mettere poveri contro poveri, una categoria sociale contro l’altra e i fascisti vengono usati per rimestare nello scontento, per aizzare i cittadini /e “regolari” contro gli “irregolari”, in modo che si crei un ingestibile clima di pericolosità sociale in cui intervenire con leggi securitarie.
Insomma mi sembra chiaro che il neoliberismo utilizza, come cavallo di Troia, episodi di cronaca per strumentalizzare donne, diversità, immigrati, lavoratori e lavoratrici….. Ma questo, per parlare del nostro specifico, è stato possibile anche perché alcune componenti del femminismo non hanno posto la dovuta attenzione alla strumentalizzazione delle lotte e al tentativo, abbastanza chiaro, di trasformare definitivamente il femminismo in una questione corporativa.
Come femministe conosciamo bene questo meccanismo che ha attraverso anche la questione antifascista, ci ha toccato la pelle, ci ha ferite lasciandoci spesso isolate anche all’interno del movimento che non riteneva importante il separatismo perché incapace di vederne la potenzialità, perché spesso ci vuole coraggio per partire da sé. Non è una sottrazione. Purtroppo il pensiero comune nella sinistra di classe che il femminismo non fosse necessario ha aiutato il “finto femminismo” a ricavarsi spazi.
Non è stata fatta chiarezza sul femminismo socialdemocratico, cosicché questo ha continuato ad essere parte del femminismo anche quando ha tolto la discriminante antifascista e si è dichiarato solo antisessista e antirazzista come se si potesse essere antirazziste e antisessiste senza essere antifasciste.
La discriminante antifascista è una cartina di tornasole.
Noi su questo vogliamo essere chiare: se una struttura toglie dal suo statuto la discriminante antifascista è un obbligo politico allontanarsene e denunciare politicamente questa collocazione.
Come femministe e come compagne non intendiamo fare lotte corporative. La parola “donna” in sé non significa nulla, “donna” è una costruzione sociale e si definisce per l’oppressione che subisce. E’ impensabile scindere la lotta di genere e quella di classe.
Non intendiamo creare orticelli in cui possiamo “serenamente” pettinare le bambole,
e allo stesso tempo la nostra rivoluzione è totale, patriarcato e neoliberismo sono inscindibilmente legati.
E la discriminante di classe attraversa anche le donne, come anche le diversità.
L’antifascismo è fondante nel percorso di liberazione, non c’è spazio per forse, per ma, per distinguo….per la cosiddetta convivenza civile con tutte le opinioni, è una posizione strumentale e ipocrita portata avanti da chi non ha nessuna intenzione di mettere in discussione questa società, vende le idee al migliore offerente e svende la nostra libertà.
Invece, nessuno/a s’indigna più, sembra che l’indignazione sia addirittura fuori luogo, il fascismo è stato avallato tante di quelle volte che ne abbiamo perso il conto, è stato giustificato….tollerato, sdoganato…. mai fermato.
La condanna dell’antifascismo è diventata solo una data sul calendario, il 25 aprile, un esercizio oleografico circoscritto al fascismo storico, ma anche noi, d’altra parte, vorrebbero che fossimo solo delle date…. 8 marzo….25 novembre…..
Proprio in occasione di un’aggressione come quella di Cremona, volutamente ridotta dai media ad una bagarre di strada, depoliticizzata e usata come tutte le categorie strumentalizzabili che vengono messe in campo di volta in volta, siano immigrati/e, islamici/che, donne o ultras….,proprio in questa occasione, intendiamo ribadire con fermezza che non esiste femminismo che non sia antifascista, senza mediazione alcuna.