Riceviamo e pubblichiamo questo contributo di una compagna insegnante, letto durante il corteo del 9 marzo a Trento contro il G7 dedicato all’Intelligenza Artificiale.
ilrovescio.info
Un paio di mesi fa un compagno mi ha mostrato un video terrificante.
Nel video si vedono dei soldati israeliani travestiti da dinosauri che, mentre ballano, lanciano delle bombe su Gaza: sì, soldati travestiti da dinosauri che sganciano delle bombe.
Mi domando: ma che umanità è?
È un’umanità al collasso. Un’umanità incapace di sentire, pensare e parlare.
La sistematica disumanizzazione del e della colonizzata comporta inevitabilmente la disumanizzazione del colono e della sua società.
Nel libro A precipizio, il suo autore scrive che “ai posti di blocco i soldati non parlano né arabo né inglese e neppure ebraico: urlano delle onomatopee gesticolando i loro M16”.
Israele è l’avanguardia tecnologico-militare: sofisticate tecnologie vengono sperimentate sul campo contro la popolazione palestinese e, poi, esportate in tutto il mondo. E si tratta di tecnologie di controllo sociale e militare basate sull’Intelligenza Artificiale.
Israele è modello a cui molti Stati – le famose democrazie occidentali – guardano e si ispirano.
Quando ci penso, quando penso a questa corsa disumana tecnologicamente equipaggiata mi chiedo quali siano i dispositivi che qui, noi, ora possiamo (dobbiamo) osservare e contro cui dobbiamo lottare.
Provo a rintracciarli partendo da me. Io lavoro a scuola e mi chiedo: in che modo, quanto e per quali motivi la scuola sta partecipando a questa corsa?
Penso che il PNRR ne contenga molti, davvero parecchi, di questi strumenti. Leggere il PNRR è, infatti, utile per capire dove siamo e verso cosa andiamo.
Le parole che compaiono con più frequenza sono “impresa” e “digitalizzazione”: l’insegnamento e la ricerca devono essere completamente rivolti alle esigenze economiche delle imprese e la digitalizzazione è, semplicemente, il fil rouge del PNRR scuola.
Si va verso una digitalizzazione sempre più massiccia e verso una presenza di imprese e di interessi di privati sempre più invasiva.
Direzioni, queste, presentate come “giuste” e “inevitabili”. Ma giuste per chi? E inevitabili da quale punto di vista?
Non è permesso discuterle o, meglio, non è permesso discuterne il perché, ossia la sostanza, bensì solo i modi della loro realizzabilità – che deve essere quanto più efficace.
Non si discute il cosa si fa, bensì solo il come.
Ma di che stupirsi?
Viviamo nella società del “problem solving”, ossia in una società che non si interroga sulla natura della domanda bensì che ne ricerca esclusivamente la soluzione.
E la scuola è diventata uno dei luoghi d’eccellenza del problem solving.
Non un luogo in cui coltivare un pensiero critico e della complessità, bensì una palestra di obbedienza. Continua a leggere→